DIETRO AI SORRISI, È GELO TRA ORBAN E MELONI: IL FACCIA A FACCIA DI UN’ORA E MEZZA A PALAZZO CHIGI HA CONFERMATO LA DISTANZA TRA I DUE EX ALLEATI, ORA CHE LA DUCETTA APPOGGIA URSULA
LA SORA GIORGIA HA FRETTA DI CAMBIARE LE REGOLE EUROPEE SU MIGRANTI E PAESI SICURI, PER EVITARE IL FLOP TOTALE DEL SUO “MODELLO ALBANIA”. MA IL PREMIER UNGHERESE NON INTENDE DARE UNA MANO ALLA COMMISSIONE
Nonostante i sorrisi a favore di flash e perfino un baciamano nel cortile di palazzo Chigi, i rapporti tra i due non sono quelli di prima. Viktor Orbán e Giorgia Meloni hanno discusso ieri pomeriggio un’ora e mezzo nello studio della premier, faccia a faccia su due poltroncine color avio, davanti a un centrotavola natalizio sfavillante. L’incontro era stato chiesto dal primo ministro ungherese, che prima, in mattinata, era dal Papa.
Tra i due leader che nel 2019, sul palco di Atreju, intonavano “Avanti ragazzi di Buda”, le distanze restano marcate. Su una sfilza di temi. Sull’Ucraina, per esempio. La nota congiunta del bilaterale riporta un vago sostegno a una «pace giusta». Ma a baciamano ancora caldo, è stato il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, a mettere a verbale che sulle armi «abbiamo posizioni diverse». Per poi mandare segnali a Kiev, per la prima volta con toni co
Anche sull’altro dossier chiave per la premier, i migranti, le strategie di Orbán e Meloni non combaciano affatto. Sì, ieri i due si sono detti d’accordo sull’«urgenza» di cambiare le regole. Obiettivo: «Accelerare i rimpatri dall’Ue» e rivedere «il concetto di paesi di origine sicuri». Meloni ha bisogno che Bruxelles ridefinisca questi criteri per tenere a galla il progetto, ormai moribondo, dei centri in Albania, altrimenti impallinati dalla giurisprudenza Ue. Ma il nuovo patto sui migranti è atteso solo per giugno 2026. Troppo tardi.
Per questo la premier cerca sponde per anticiparlo al 2025. Ma c’è una differenza di fondo: Meloni ormai lavora dall’interno del blocco pro-Ursula, per strappare il più possibile L’ungherese invece intende cannoneggiare quell’accordo, con i suoi Patrioti all’opposizione del von der Leyen bis. È questa la crepa politica vera, difficilmente rammendabile. Non a caso al termine del vertice non è programmato alcun punto stampa, com’era accaduto invece la volta scorsa, il 24 giugno.
Altro tema, l’avvicendamento alla Casa Bianca. Il canale con Donald Trump. Sia Meloni che Orbán hanno interesse a fare da ponte con Washington. Ma Meloni, molto più dell’ungherese, deve rinsaldare il legame con la galassia “Maga”, sfilacciato per i rapporti affettuosi con l’amministrazione Biden. Anche con quest’obiettivo, fra 10 giorni la premier riceverà a Chigi un trumpiano di ferro, l’argentino Javier Milei, incontrato a Buenos Aires appena due settimane fa.
Pure FI si muove: per volontà di Tajani, una delegazione guidata dalla vice-segretaria Deborah Bergamini è in missione negli Usa. Per partecipare all’Idu, l’internazionale di centrodestra a cui aderisce pure FdI. Ma anche per incontrare parlamentari e dirigenti del team Trump: all’insediamento manca solo un mese e mezzo.
(da La Repubblica)
Leave a Reply