DIPENDENTI DELLE PROVINCE IN RIVOLTA DOPO LE FALSE PROMESSE DEL GOVERNO
CORTEI E OCCUPAZIONI IN MEZZA ITALIA: IN 22 MILA TEMONO DI FINIRE IN MOBILITà€ E POI PERDERE IL POSTO
Un miliardo di tagli nel 2015 che mettono a rischio funzioni fondamentali (e ipotecano pure il futuro delle città metropolitane quando dovranno sostituirle) e ventimila dipendenti — più duemila precari — che dovrebbero essere ricollocati a breve, ma non sanno ancora quale sarà il loro destino.
Questo è un rapido ritratto delle province in via di abolizione a fine 2014.
Non è un ozioso riepilogo perchè tra politica territoriale e lavoratori l’irritazione verso una situazione terribilmente mal gestita cresce da settimane e rischia di esplodere proprio in prossimità di Natale.
Cpme ha riportato ieri l’Ansa, a macchia di leopardo nella Penisola la “rivolta” è già iniziata: a Firenze, Arezzo e Brindisi è in corso l’occupazione di alcuni locali della Provincia da parte dei dipendenti; a Pisa ieri c’è stato un corteo nelle vie del centro con tanto di striscioni contro Renzi; a Vicenza e a Imperia i dipendenti della provincia hanno simbolicamente occupato l’aula del Consiglio; a Genova, invece, un migliaio di lavoratori delle province in corteo ha prima bloccato il traffico nel centro città e poi anche i lavori del Consiglio regionale.
Il motivo di queste proteste è semplice, i lavoratori temono che con l’abolizione delle province anche il loro posto di lavoro finisca per essere rottamato: il piano di governo e Regioni sul tema, infatti, non esiste ancora, mentre esiste eccome la possibilità teorica che nell’impossibilità di essere ricollocati si finisca in mobilità e di lì a casa (una possibilità inserita di recente per il pubblico impiego).
La cosa non è così impossibile: molti potrebbero, ad esempio, dover lavorare in un’altra città e non poterlo fare per mille ragioni.
Se si rifiuteranno, però, si apriranno per loro le liste di mobilità all’80% dello stipendio. In buona sostanza l’anticamera del licenziamento.
Insomma, i dipendenti delle province hanno più di una ragione per essere preoccupati e cercare di tutelare preventivamente i loro legittimi interessi.
“Chiediamo al Parlamento di evitare il peggio e alle Regioni di fare la loro parte”, hanno detto ieri i dipartimenti Pubblico impiego di Cgil, Cisl e Uil: “Questi tagli mettono a rischio il funzionamento dei servizi di area vasta: dalla sicurezza scolastica alla tutela ambientale, passando per la viabilità e le politiche attive sul lavoro”.
Sui tagli ci sarà poco da fare, anche perchè il testo finale della legge di Stabilità arrivato ieri sera in Senato li contiene ancora e pure sui dipendenti la possibilità teorica di una fregatura esiste eccome: in sostanza, dice la manovra di Matteo Renzi, per due anni chi lavora nelle province manterrà il posto di lavoro e scatterà il ricollocamento in altre amministrazioni (prioritariamente negli uffici giudiziari) e solo dal 2017 per chi non avrà trovato nuovo posto scatteranno le procedure di mobilità ”. Almeno a parole, però, il governo ha aperto alle richieste dei sindacati.
La voce più autorevole è stata quella del sottosegretario Graziano Delrio: “Il personale delle province non rimarrà per strada ma verrà assorbito tramite il blocco di tutte le assunzioni in tutte le amministrazioni dello Stato e affini”, ha spiegato sostenendo però che nella legge di Stabilità c’è un “elemento di certezza e non d’incertezza come qualcuno ha erroneamente sottolineato”.
Se la pensa così, non ha letto bene. La Cgil, per dire, non l’ha presa benissimo: “Tranquillizzare non basta. Servono fatti o la mobilitazione continua”.
Il ministro Madia è avvisata.
Marco Palombi
(da “Il Fatto Quotidiano”)
Leave a Reply