“DIVENTARE UN PAESE MARGINALE NON CORRISPONDE AL NOSTRO INTERESSE NAZIONALE”: IL POLITOLOGO SERGIO FABBRINI STRONCA LA STRATEGIA EUROPEA DELLA MELONI
“HA MESSO IL PARTITO PRIMA DELLO STATO E L’IDEOLOGIA PRIMA DEGLI INTERESSI. SI È AUTO-ESCLUSA PER RAFFORZARSI NELLA COMPETIZIONE ELETTORALE CON LA DESTRA NAZIONALISTA DI SALVINI, ANCHE SE CIÒ HA CONDOTTO ALL’INDEBOLIMENTO DELL’ITALIA. SIAMO UN PAESE CHE HA FONDATO L’EUROPA, CHE È CRESCIUTO GRAZIE ALL’EUROPA, EPPURE IL MAGGIORE PARTITO DEL NOSTRO GOVERNO NON HA ANCORA DECISO SE STARE DENTRO O FUORI”
Il voto contrario alla rielezione di Ursula von der Leyen alla presidenza della Commissione europea da parte del maggiore partito di governo italiano, Fratelli d’Italia, è stato giustificato per la seguente ragione.
Ursula von der Leyen, nel suo discorso programmatico, non aveva accolto la richiesta della nostra premier di abbandonare il Green Deal, mantenuto invece per garantirsi il voto dei Verdi europei. È andata davvero così? Due considerazioni.
La prima è generale. Nel Parlamento europeo di Strasburgo, il 18 luglio scorso, si doveva definire il perimetro dell’Europa integrata, prima ancora che il programma per governarla.
Ha detto von der Leyen, «io sarò aperta a tutte le forze politiche che sono a favore dell’Europa, dell’Ucraina e dello stato di diritto». Si è trattato di un’indicazione abbastanza ampia, ma anche abbastanza chiara, dello spazio entro cui collocare la nuova maggioranza parlamentare.
Entro quel perimetro non poteva entrare il raggruppamento dei Patrioti per l’Europa, guidati da Marine Le Pen e di cui fa parte la Lega di Matteo Salvini, oltre che quello dell’Europa delle nazioni sovrane, guidato dai filonazisti tedeschi dell’Alternativa per la Germania. Quel perimetro rappresentava il cordone sanitario con cui mettere ai margini le forze della destra antieuropea
In quel perimetro, invece, potevano rientrare i Conservatori europei come Fratelli d’Italia. Dopo tutto, nella precedente legislatura del Parlamento europeo, avevano votato più volte insieme all’allora “maggioranza Ursula”, ad esempio per l’87 per cento delle votazioni relative alla denuncia degli abusi dello stato di diritto nella Russia di Putin e al sostegno dell’Ucraina.
Addirittura, nel gennaio 2024, l’intero raggruppamento dei Conservatori europei sottoscrisse una dichiarazione congiunta per rafforzare l’aiuto militare all’Ucraina, insieme a Popolari, Socialisti, Liberali e Verdi. Più volte, nella scorsa legislatura, i Conservatori europei, e Fratelli d’Italia in particolare, hanno votato mozioni, dichiarazioni, proposte di legge insieme ai partiti della “maggioranza Ursula”
Eppure, giovedì scorso, Giorgia Meloni ha preferito interrompere tale convergenza, auto-escludendosi dalla nuova maggioranza. Le considerazioni tattiche hanno fatto aggio su quelle strategiche. Giorgia Meloni si è auto-esclusa per rafforzarsi nella competizione elettorale con la destra nazionalista di Matteo Salvini, anche se ciò ha condotto all’indebolimento dell’Italia nel nuovo equilibrio politico europeo.
Sarà ora più difficile reclamare attenzione verso le nostre esigenze nazionali, rimanendo fuori dalla maggioranza che sosterrà la nuova Commissione europea ed avendo un ruolo eccentrico nel Consiglio europeo. Il partito prima dello stato.
La seconda considerazione è specifica. Per quanto riguarda il Green Deal, certamente von der Leyen ha chiarito che gli obiettivi della transizione ambientale debbono essere mantenuti. Tuttavia, ha anche chiarito che ciò richiederà un diverso approccio per raggiungerli, basato su ingenti investimenti pubblici e privati e limitate regolamentazioni.
In questo nuovo approccio implementativo, l’industria sarà la protagonista. Di qui, una serie di proposte, come la creazione di una European Savings and Investments Union per trattenere i capitali europei che si trasferiscono in America e in Asia, oppure l’incremento del budget dell’Unione europea (Ue), oppure la creazione di un European Competitiveness Fund.
In un mondo che sta attraversando una crisi ambientale senza precedenti, non è giustificabile difendere lo statu quo. Le posizioni di retroguardia portano a conseguenze ancora più negative. […] Invece di denunciare l’influenza dei Verdi su Von der Leyen, Giorgia Meloni, se fosse entrata nella maggioranza, avrebbe potuto avanzare un paradigma alternativo di transizione ambientale, basato su ingenti fondi europei da distribuire ai governi nazionali sotto il controllo della Commissione europea come sta avvenendo con Next Generation EU.
La creazione di debito europeo è la condizione per rendere socialmente sostenibile una transizione che richiederà enormi risorse. Ciò vale specialmente per l’Italia, che non dispone di fondi propri, essendo oberata da un pesante debito pubblico. Ma Giorgia Meloni ha preferito seguire la vecchia strada, allinearsi con una destra nazionalista che non entra nel merito delle politiche, ma contrasta tutto ciò che potrebbe rafforzare l’Europa integrata.
L’ideologia prima degli interessi. Insomma, l’elezione di von der Leyen ha messo in luce l’anomalia italiana. Siamo un Paese che ha fondato l’Europa integrata, che è cresciuto grazie all’Europa integrata, eppure il maggiore partito del nostro governo non ha ancora deciso se stare dentro o fuori di essa. Di sicuro, diventare un Paese marginale e di retroguardia non corrisponde al nostro interesse nazionale.
(da il Sole 24 Ore)
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