DOMANI L’ULTIMO COLPO AL LEGHISTA SIRI
LE INCHIESTE SULLE TANGENTI RILANCIANO IL M5S
L’effetto è rivitalizzante. È un giorno perfetto per loro. Gli altri — tutti — toccati, travolti, spaventati dalle inchieste, dalla Lombardia alla Calabria.
Per questo, loro, Luigi Di Maio, il vicepremier, e Alfonso Bonafede, il guardasigilli improvvisano alla Camera una conferenza stampa nel pomeriggio: “È un’emergenza — dice Di Maio – questa Tangentopoli che non è mai finita, che dobbiamo combattere con la stessa determinazione con cui si combatte mafia e terrorismo”.
È un’altra persona, Luigi. La parola “mazzette” la ripete almeno una decina di volte, scandita, con la “e” un po’ aperta, alla napoletana. E ogni volta sembra avere l’effetto di un elisir.
Te ne accorgi subito, appena si siede, dal linguaggio del corpo, meno ingessato. Ha ricominciato a muovere di più le mani, la destra protesa in avanti, con tutto il braccio. Sorride. Ed è un sorriso sincero, non più forzato, a mezza bocca. Anche il busto ha ricominciato a muoversi. Meno ingessato. Sembra ritrovare l’antica sicurezza, di quando il mondo (il loro) era ancora intero, contro un sistema marcio, cui erano estranei.
È studiata questa conferenza stampa, nei dettagli, nelle frasi, nei tempi. È perfetta per dare l’ultimo colpo a Siri — ormai il suo scalpo da agitare è questione di ore — ma non solo.
Va oltre. In questa campagna elettorale in cui non si parla di Europa, di economia, del paese vero, di stipendi, salari e pensioni, si sarebbe detto una volta, è il terreno su cui piantarsi, dopo mesi di subalternità a Salvini, di complicità sulla sua svolta a destra.
Se non ora, quando? Ecco. Non si era mai visto un guardasigilli e un vicepremier intestarsi una retata, con lo spirito dell’inquisitore collettivo, con la pretesa di essere l’unico titolare della pubblica moralità , come se fosse merito loro e non della magistratura: “Redimetevi, votando la spazza-corrotti”.
Proprio così, i redentori, loro, e i peccatori, gli altri.
Con una grande indulgenza per i propri peccati, perchè tanto oggi chi se li ricorda, siano essi gli arrestati attorno alla Raggi o Salvini, indagato sulla Diciotti, a cui si è consentito di fuggire dal processo.
Oggi è una giornata perfetta: “Da noi — dice il vicepremier — chi sbaglia è fuori in un minuto. Lo dico al Pd: perchè non espelle Oliverio? Perchè Forza Italia non espelle i parlamentari lombardi arrestati? Faccio appello alla Lega: perchè non fa un passo indietro Siri?”. Quando ricapita una giornata così. Perchè tutti, proprio tutti, sono stati toccate dalle inchieste.
Appena fuori dalla sala stampa passa Mariastella Gelmini. Deve fare una dichiarazione. Ha imparato l’ex ministra, ormai è una politica consumata, a mascherare la tensione. Ma fino a un certo punto. In Lombardia quelli travolti dall’inchiesta sono tutti i suoi. E nessuno sa come andrà a finire. Chi sa, sostiene che c’è un fiume di intercettazioni, in questa inchiesta solo all’inizio. Pietro Tatarella lo ha voluto proprio lei in lista, si è battuta, lo ha molto sponsorizzato. Era considerato una delle nuove leve più promettenti. L’altro è Fabio Altitonante, sottosegretario alla Regione. L’ultimo è Diego Sozzani, parlamentare su cui pende una richiesta di arresto.
La Lombardia è una delle poche regioni in cui Forza Italia è (forse era) ancora a due cifre. Raccontano che anche il proverbiale garantismo di Silvio Berlusconi abbia vacillato. E che il vecchio leader ha avuto un moto di stizza: “Bisogna stare attenti a come si seleziona la classe dirigente”.
In altri tempi, la reazione sarebbe stata scontata, aggressiva contro i giudici. C’è tutta una letteratura, per gli amanti del genere o per i nostalgici: i “plotoni di esecuzione”, “la giustizia a orologeria”, le toghe “politicizzate”. A prescindere, è sempre stato così, prima ancora di leggere le carte, analizzarle e capirle, come riflesso condizionato di un potere che non voleva farsi processare, confondendo garantismo e impunità .
Alle 17,33, pochi minuti prima della conferenza stampa di Di Maio, l’Ansa batte questa dichiarazione della Gelmini: “Forza Italia, sospesi i dirigenti colpiti da provvedimenti cautelari”. Nessuna allusione al timing dell’inchiesta.
Valutate voi se è scoperta dello Stato di diritto o paura. Paura per questa inchiesta, per quella calabrese dove è indagato il sindaco di Cosenza Mario Occhiuto, il candidato in pectore alle prossime regionali, adesso (evidentemente) azzoppato, paura di tutto.
È bastato vedere le immagini di Silvio Berlusconi all’uscita del San Raffaele. Provato, fiaccato fisicamente, un corpo che, per la prima volta, non può più occupare la scena.
È una giornata in Parlamento, sembra una giornata in procura. Una di quelle che segnano la campagna elettorale, a meno di venti giorni dal voto.
Ecco Matteo Orfini, imperturbabile, chirurgico nel sarcasmo: “A lei che è un osservatore attento, pongo un quesito. La Marini, indagata per abuso di ufficio, è stata costretta a dimettersi. Oggi Oliverio è indagato per corruzione. Come la mettiamo con la logica?”.
È chiaro, quel che vuole dire: non che deve dimettersi Oliverio, ma che non doveva dimettersi la Marini, perchè se entri in questo automatismo “indagine-dimissioni” un partito come il Pd o lo rovesci come un calzino o non ne vieni fuori. Poi certo, ci si mette anche la sfortuna, perchè tutte queste inchieste assieme amplificano l’effetto.
Passate le 18,00 sono ancora lì, loro. Bonafede promette “corpi speciali” per combattere la corruzione. Di Maio insiste su Siri: “È grazie al fatto che ci siamo noi che questo governo non si comporterà come i precedenti”.
Domani, finalmente, lo scalpo, comunque una vittoria. A che prezzo, con quali conseguenze, questo è un altro discorso.
Come un altro discorso è come funziona il criterio dei peccati da espiare, per cui Siri sarà cacciato ma Rixi, altro sottosegretario che tra un po’ andrà a giudizio per peculato, è ancora al suo posto. E la Raggi neanche viene nominata.
Oggi è comunque un giorno perfetto, per loro, sulle mazzette degli altri.
(da “Huffingtonpost”)
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