DRAGHI: “VOLEVO RESTARE, MA NON L’HANNO CONSENTITO”
“MELONI SUI RITADI NEL PNRR? ABBIAMO RISPETTATO TUTTI GLI OBIETTIVI, COME CERTIFICATO DALLA UE”
L’ex premier si chiama fuori da possibili impegni istituzionali in Italia o all’estero, almeno per ora. E per la prima volta commenta gli ultimi giorni del suo governo, prima della crisi
Da «nonno al servizio delle istituzioni», Mario Draghi oggi si accontenta di esserlo per i suoi quattro nipoti e non sembra aver alcuna intenzione, almeno per ora, di tornare a disposizione per incarichi istituzionali. Intervistato da Antonio Polito sul Corriere della Sera, l’ex premier dice di volersi godere «il diritto dei nonni di poter scegliere cosa fare. Anche per questo – ha aggiunto – ho chiarito che non sono interessato a incarichi politici o istituzionali, né in Italia né all’estero».
Per la prima volta Draghi torna sui motivi che hanno fatto cadere il suo governo, provando a scacciare le teorie secondo cui fosse stato lui a staccare la spina al governo perché ormai stufo: «Se guardo alle sfide raccolte e vinte in soli venti mesi di governo, c’è da sorridere a chi ha detto che me ne volessi andare, spaventato dall’ipotetico abisso di una recessioni che fino a oggi non ha trovato riscontro nei dati».
Draghi dice che sarebbe «rimasto volentieri per completare il lavoro, se mi fosse stato consentito». La caduta semmai è arrivata da condizioni esterne all’esecutivo: «Il governo si poggiava sul consenso di una vasta coalizione, che aveva deciso di mettere da parte le proprie differenze per permettere all’Italia di superare un periodo di emergenza. Non avevo dunque un mio partito o una mia base parlamentare. A un certo punto, la volontà dei partiti di trovare compromessi è venuta meno, anche per l’avvicinarsi della scadenza naturale della legislatura».
I consigli a Meloni
Sul governo guidato da Giorgia Meloni, Draghi non si sbilancia, per quanto qualche velata polemica tra i due non è mancata ad esempio sui presunti ritardi nella progettazione del Pnrr. L’ex premier evita commenti, «soprattutto dopo così poco tempo», ma per l’attuale presidente del Consiglio riserva ancora qualche consiglio: «Giorgia Meloni ha dimostrato di essere una leader abile e ha avuto un forte mandato elettorale. Occorre stare attenti a che non si crei di nuovo un clima internazionale negativo nei confronti dell’Italia. Mantenere saldo l’ancoraggio all’Europa è il modo migliore per moltiplicare il nostro peso internazionale. Penso anche che si debba sempre mantenere aperto il confronto con le parti sociali, con gli enti territoriali, con il terzo settore. Un confronto ispirato al dialogo, all’ascolto, alla disponibilità».
L’eredità dei ritardi sul Recovery plan
E anche sulle polemiche per i ritardi ereditati dal nuovo governo, Draghi evita lo scontro con qualche puntualizzazione: «Abbiamo rispettato tutti gli obiettivi dei primi due semestri, come ha certificato la Commissione europea. Questo è l’unico indicatore da cui dipende l’erogazione dei fondi, che infatti è avvenuta in modo puntuale – spiega l’ex premier – Mi avrebbe fatto piacere completare il lavoro che avevamo portato avanti, e qui mi riferisco in particolare agli obiettivi del secondo semestre di quest’anno: ne abbiamo raggiunti circa metà nel tempo che ci è stato dato. I rimanenti obiettivi sarebbero certamente stati raggiunti prima della fine di questo semestre, come è avvenuto nei due semestri precedenti. Credo che il governo attuale sia altrettanto impegnato, e non ho motivo di dubitare che raggiungerà tutti gli obiettivi previsti e necessari per la riscossione della terza rata».
(da agenzie)
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