ELEZIONI USA 2024, COSA SUCCEDE DOPO IL RITIRO DI BIDEN: LA CONVENTION DI CHICAGO E IL NODO DEI FONDI
IL PARTITO SI TROVA IN UNA CONDIZIONE SENZA PRECEDENTI
La decisione di Biden, arrivata a quattro settimane dalla convention democratica di Chicago e a poco più di 100 giorni dal voto di novembre, mette ora il partito in una condizione senza precedenti: nessun candidato aveva mai rinunciato a questo punto della campagna elettorale, anche perché finora era considerata una scelta politicamente suicida.
Ora i democratici dovranno fare una corsa contro il tempo per scegliere il suo successore ed evitare scene caotiche, che li condannerebbero a una sconfitta certa. La decisione più semplice sarebbe quindi seguire l’endorsement di Biden e convogliare i delegati su Harris, ma non è scontata. Pur avendo ricevuto il sostegno del presidente e di molti leader del suo schieramento, pur essendo la scelta più attesa dagli strateghi politici, Harris non otterrà infatti automaticamente la nomination.
I delegati che prenderanno parte alla convention di Chicago e che avrebbero dovuto confermare il risultato delle primarie – Biden ne aveva ottenuti oltre il 90% dei 3.900 totali – non passeranno alla vicepresidente, ma saranno liberi di votare per qualsiasi candidato vorranno: spetterà ai leader del partito, in queste quattro settimane, cercare di rimettere insieme i cocci e provare a indirizzare tutti i voti su un unico nome.
Se questo tentativo dovesse fallire, con più candidati in corsa per la nomination, allora i democratici si troveranno davanti a una convention aperta, come non succedeva dal 1968: fu dopo quella caotica assemblea di partito – che ironia della Storia si tenne proprio a Chicago – che vennero istituite le primarie moderne, con la scelta del candidato affidata al voto popolare e non più alle contrattazioni dietro le quinte.
A Chicago, quindi, si tornerebbe indietro di 56 anni: gli aspiranti sostituti di Biden dovrebbero dare battaglia per accaparrarsi il sostegno della maggioranza dei delegati, per diventare così il candidato democratico alla presidenza. Se nessuno dovesse ottenere la maggioranza al primo turno, poi, entrerebbero in gioco i 700 «super delegati», funzionari di partito e politici che influirebbero sul risultato.
Questo però è lo scenario che il partito vuole evitare a ogni costo, trovando una soluzione prima di arrivare in Illinois. Per avere l’ufficialità della nomination, in ogni caso, sarà necessario aspettare la «roll call», il voto dei delegati: potrebbe tenersi una conta virtuale prima della convention, come il partito aveva intenzione di fare per Biden, oppure tutto potrebbe avvenire a Chicago il 19 agosto.
L’altro tema spinoso è quello dei fondi elettorali. I finanziamenti raccolti da Biden non saranno girati direttamente al suo successore, neanche se fosse Kamala Harris che faceva già parte del ticket democratico: alcuni avvocati del partito sostengono che, essendo il suo nome sui documenti forniti alla Federal Election Commission, la vicepresidente potrebbe ottenere il controllo del conto corrente, ma i repubblicani ribattono che non esistono precedenti a cui affidarsi. Dopo il ritiro di Biden, stando alle regole elettorali, i soldi ancora sul conto saranno considerati «in eccesso» e potranno essere girati al partito: potrebbero però esserci limitazioni nel fornirli ad altri candidati.
(da Il Corriere della Sera)
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