EX AN, C’ERAVAMO TANTO AMATI
FOTOGRAFIA DI UN GRUPPO ALLO SBANDO DOVE LA POSTA IN GIOCO E’ STRAPPARE QUALCHE CONCESSIONE AL CAVALIERE CHE LI VUOLE AI MARGINI DEL SUO NUOVO PROGETTO
Maurizio? Come un fratello.
Giorgia? Una sorella minore.
Dissidi tra noi? No, sul piano personale non cambia niente.
Da giorni gli ex colonnelli di An, Ignazio La Russa e Maurizio Gasparri in specie, spiegano con ogni mezzo comunicativo che il lessico familiare di via della Scrofa, sede storica della destra che fu missina, non si tocca, che si può andar dove si vuole ma in fondo si è sempre parenti.
Troppa strada fatta insieme, troppi giorni e notti, troppe cose comuni per dividersi su quisquilie come la nuova militanza in partiti diversi (veri, costituendi o ipotetici che siano), o prendere sul personale quella fatale necessità che li costringe a sparpagliarsi per ogni dove, ciascuno titolare di un pezzettino piccolissimo, quasi un rapporto uno a uno tra i movimenti e i loro capi (La Russa con Centrodestra nazionale, Gasparri col Pdl, Alemanno con Italia popolare, Meloni con Senza paura, eccetera).
Ma fratelli, sorelle, cugini, padri e nonni si dicono ancora.
Ed è una petizione d’origini che un po’ immalinconisce, ormai. Anche perchè poi fa ritornare in mente le foto, di quell’album di famiglia, scatti dove erano tutti più giovani, taluni con più capelli, e parevano persino meno infelici.
Per esempio, quella del matrimonio di Italo Bocchino con Gabriella Buontempo.
Ci sono gli sposini, al centro seduti, accanto Pinuccio Tatarella, e tutto intorno, disposti ad aureola, Altero Matteoli e Adolfo Urso, Gianfranco Fini, Maurizio Gasparri, Francesco Storace, Ignazio La Russa.
Era il 1995, An appena nata.
E passati diciotto anni, dopo che tutti sono stati con tutti, in formazione variabile, adesso nessuno in pratica sta più con nessuno, persino il matrimonio Bocchino-Buontempo è esploso.
Ciascuno è andato o sta andando per sè, nella scacchiera impazzita di un plotone vasto il cui principale scopo oggi è rientrare in Parlamento, ma nessuno (o quasi) riesce a liberarsi di quel richiamo, di quel tic, di quelle foto, del riflesso pavloviano della famigliona missina o per lo meno dei suoi scampoli.
Anche se non sa più che farne.
E a buttarla in politica va ancora peggio, perchè davvero, come dice pro domo sua Francesco Storace, leader della Destra, “in effetti uno se lo chiede. A che serve un nuovo contenitore nel centrodestra promosso da chi esce dal Pdl in dissenso con i metodi del Pdl per poi ritrovarsi ad appoggiare il leader del Pdl?”.
Bisogno in effetti non si sente, dissidi veri non ce ne sono — per lo meno non più di prima.
E’ però, spiegano nei corridoi, il volere di Berlusconi, quello di spacchettare il Pdl e ricollocare per quanto possibile gli aennini là dove sono venuti; lontano, comunque, dal cuore pulsante del suo progetto, che non può certo suonare nuovo con le loro facce.
E i colonnelli dell’ex An, buoni buoni, s’attrezzano alla bisogna.
S’attrezzano, in qualche modo a diventare davvero degli ex colonnelli: in una specie di prepensionamento forzato del quale non ci sono che da trattare i margini.
Una buona liquidazione, un contrattino a termine, un posticipo dei termini.
E se per ottenere qualche risultato bisognerà rassegnarsi a far spazio a Giorgia Meloni e mandare avanti lei — a quanto pare sarebbe questo il destino di La Russa – pazienza, andrà benissimo lo stesso.
Giorgia, del resto, è come una sorella minore.
Susanna Turco
(da “L’Espresso”)
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