EXPO, UNA BABELE DI CONTRATTI: VOLONTARI, STAGE E A TEMPO
DAI 30 GIORNI AI 6 MESI: CENTINAIA DI INGAGGI E REGOLE DIVERSE PER AGGIRARE OGNI CONTROLLO SINDACALE
Volontari, stage e contratti a tempo determinato, dai 30 giorni ai 6 mesi.
Ragazzi italiani selezionati da agenzie interinali e coetanei da ogni parte del mondo, arrivati a Milano con accordi siglati nei Paesi di provenienza.
Tra le eleganti vele bianche del decumano e le colorate installazioni di Expo 2015 vanno in scena tutte le formule possibili e immaginabili di gestione del lavoro, con variazioni di salario tra un padiglione e l’altro che arrivano fino al 30%.
Una situazione su cui si è impegnato a fare chiarezza il commissario generale di Expo Antonio Pasquino.
Entro fine mese presenterà un report in cui verranno indicati i Paesi che applicano i contratti più sfavorevoli e meno rispettosi del contratto italiano del settore fieristico, utilizzato per i dipendenti diretti di Expo
Paese che vai, organizzazione che trovi
La babele nella babele è quella dei lavoratori stranieri, con centinaia di ingaggi e regole diverse, che aggirano qualunque controllo sindacale.
Ognuno ha fatto come meglio credeva. Ci sono padiglioni che hanno preferito dotarsi di personale locale, altri si sono affidati alle agenzie interinali italiane. Paese che vai, organizzazione e trattamento dei lavoratori che trovi.
Nel giardino del Bahrain lavorano volontari del regno arabo tra i 20 e i 25 anni.
Qualcuno studia ancora, altri si sono appena laureati.
“Abbiamo ricevuto centinaia di curriculum per questa posizione — racconta il direttore del padiglione Khalifa Al Khalifa —. Alla fine abbiamo selezionato 24 giovani. Ogni mese si daranno il cambio in 4. Questa è una opportunità per viaggiare e imparare. Sono completamente spesati: dal volo aereo, ai pasti, fino all’alloggio. Abbiamo affittato degli appartamenti in centro a Milano, così possono vivere al meglio la città ”.
Amal, 23 anni, testa velata e unghie laccate di fucsia, conferma sorridente.
Si è appena laureata in management, a giugno tornerà in Bahrain e ha già un paio di colloqui di lavoro fissati.
Intanto si gode l’esperienza: quando finisce il turno ama girare per Milano, mentre nel giorno libero settimanale a cui ha diritto organizza gite a Venezia o in Svizzera.
Prevalenza di personale autoctono anche per l’Olanda.
Tra i ragazzi che si aggirano per il coloratissimo padiglione molti sono studenti universitari di Turismo o Comunicazione, arrivati con borse di studio da uno a tre mesi. Tutti sanno già con precisione la durata del loro lavoro.
Le graziose ragazze thailandesi sono le più fotografate dai visitatori. Indossano copricapi tipici e sono quasi tutte studentesse universitarie, come Sirini, 23 anni da Bangkok, studia inglese e storia dell’arte e si fermerà a Milano per tre mesi, “ma forse anche un po’ di più”.
Si definisce volontaria, poi precisa di percepire una retribuzione, ma non riesce a fare una conversione in euro del compenso ricevuto.
Idee più chiare per chi è stato assoldato dal Messico. Una ragazza dice di guadagnare circa 1.100 euro per un part time da 30 ore settimanali e si fermerà a Milano fino a fine luglio.
Tra i fiori e le spezie dell’Iran, alcune hostess lamentano condizioni di lavoro poco chiare.
Sono state reclutate direttamente dall’organizzazione del padiglione e sono tutte di madre lingua persiana, ma parlano anche italiano e inglese. “Lavorare a Expo non è stata cosa facile —raccontano- le selezioni sono state dure. Per fare domanda bisognava avere qualche conoscenza.
Abbiamo dovuto avere l’ok pure dal consolato. A manifestazione iniziata ci hanno prospettato compensi deludenti, sono arrivati a proporci 50 euro al giorno per 12 ore di lavoro, quasi sempre in piedi. Non abbiamo accettato. Dovremmo aver raggiunto un altro accordo, ma non è ancora sicuro. Speriamo che entro fine mese si risolva tutto. Questa è una bellissima opportunità , non vogliamo abbandonarla”.
Più certezza del domani nel padiglione russo. “Alcuni di noi sono stati ingaggiati dalle Istituzioni, altri lavorano per un’agenzia di Pr che ha sede a Milano, Mosca, Londra e Dubai —spiega la responsabile della comunicazione Maria Yudina- Le nostre 32 hostess sono tutte russe, ma residenti in Italia. Sono state contrattualizzate da un’agenzia milanese per tutti i sei mesi dell’evento”.
Un po’ di confusione serpeggia invece nel padiglione cinese.
Qui il team di lavoro ampio e variegato come il Paese ospitante.
Gli italiani sono parecchi. Alcuni sono arrivati con stage universitari curriculari, altri tramite agenzia. Altri ancora, sia italiani che cinesi, si definiscono volontari. Il personale dei negozi di souvenir è arrivato tutto dalla Cina. Ragazzi e ragazze dispensano ampi sorrisi, parlano di “exciting experience”, ma divagano sui compensi.
Quasi impossibile trovare una durata di lavoro uguale a un’altra.
C’è chi si ferma fino alla fine dell’esposizione, chi un mese o poco più, chi tre. A sera una ragazza italiana saluta una collega cinese: “Ci vediamo domani allora”. “Oggi sono venuta per fare una traduzione. Non so se sarò qui nei prossimi giorni, non ho ancora capito”, risponde con un po’ di amarezza.
E gli italiani?
Il tema lavoro ha già acceso parecchio il dibattito su Expo 2015, ma scattare una fotografia dei metodi di recruiting e contrattualizzazione dei ragazzi italiani è più facile. Quasi tutti sono stati selezionati da agenzie interinali e gli stipendi vanno in media dagli 800 ai 1300 euro netti, a seconda delle ore lavorate.
I turni sono in prevalenza organizzati su sei giorni con recupero infrasettimanale. Qualcuno ha diritto anche a buoni pasto o riduzioni nei ristoranti convenzionati. I contratti applicati sono soprattutto quelli multiservizi e del commercio, con riconoscimento della 14esima mensilità .
“La polemica sul precariato è abbastanza sterile- commenta a Huffpost , Andrea Malacrida Direttore Commerciale di Adecco Italia, agenzia di lavoro temporaneo che per Expo ha già reclutato 550 persone – È normale che in un evento di sei mesi i contratti siano a tempo determinato. Così come è fisiologico che alcuni contratti siano inizialmente siglati per uno o due mesi. Stand e padiglioni devono capire quale sarà l’afflusso reale di visitatori e calibrare di conseguenza il proprio personale”.
Un capitolo a parte va dedicato alla controversia tra i sindacati e Manpower Solutions.
La partecipata di Manpower, agenzia interinale che ha vinto la gara per il personale dell’Esposizione di Milano, ha applicato a 800 lavoratori dei padiglioni non firmatari dell’accordo del luglio 2014 i contratti del commercio Cnai e non quelli dei confederati. “Questo tipo di contratto non può che essere definito “corsaro” —spiega Antonio Lareno della Cgil- In busta paga vengono riconosciuti circa 5 euro, non c’è la 14esima mensilità , i festivi hanno una maggiorazione del 6% e non del 30%”.
Dopo un braccio di ferro durato settimane, Manpower si è impegnata a trovare un accordo e ha fatto sapere, tramite nota, di aver “sempre operato nel rispetto della normativa vigente, con contratti di lavoro depositati presso il Cnel”.
L’intesa è arrivata durante l’Osservatorio Expo di venerdì 15 maggio. I contratti precedenti sono stati annullati e anche agli 800 lavoratori sarà applicato il contratto multiservizi.
“Speriamo vada tutto bene”
Al di là delle polemiche, i ragazzi che lavorano nei padiglioni di Expo sembrano entusiasti. Per tutti il valore aggiunto è la possibilità di fare un’esperienza particolare e conoscere nuove persone da ogni parte del mondo.
Qualcuno è contento del compenso: “Con quello che c’è in giro oggi —commenta Maria in forza al cluster Bio-Mediterraneo- questo è un trattamento più che buono”; altri preferirebbero “guadagnare un po’ di più”. I più avveduti aspettano la prima busta paga “per dirsi davvero soddisfatti e controllare che sia tutto ok, soprattutto gli straordinari”.
Anche per gli italiani, il padiglione a cui si è stati affidati fa la differenza, perchè il trattamento può cambiare completamente da Paese a Paese.
Riscontri molto positivi arrivano, ad esempio, dalle ragazze arruolate dal Principato di Monaco.
Un po’ di insofferenza per qualcuno alle dipendenze della rigorosa Germania. L’età media dei lavoratori dei padiglioni Expo è 25 anni, ma c’è anche chi ha passato la giovinezza da un pezzo. Come Mario (nome di fantasia ndr), 45 anni dalla provincia di Milano, papà di due bambini e cassaintegrato da una piccola azienda in cui ha lavorato per più di 10 anni.
“Lo hanno criticato in tanti, ma per me questo Expo è stato una manna. A suo modo è stata un’occasione per ricominciare. Speriamo vada davvero tutto bene”
(da “Huffingtonpost”)
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