“FAR SFILARE BERTOLASO E POI INDICARE MARCHINI”: LA STRATEGIA DI BERLUSCONI
“LA SINISTRA NON ARRIVA AL 25%, POSSIAMO VINCERE”
«Se la questione fosse stata solo Roma figuriamoci, sarei stato il primo a voler correre da solo sostenendo te contro la Meloni e Salvini. Ma guarda qua».
Quando si trova davanti a Guido Bertolaso, il candidato ormai fantasma che a Palazzo Grazioli viene considerato prima di tutto «un amico vero e un gran signore», Silvio Berlusconi tira fuori dalla tasca il sondaggio di Alessandra Ghisleri che sta già decidendo le sorti della Capitale.
Ma non indica la cifra (singola) che inchioda l’ex numero uno della Protezione civile al di sotto del 10 per cento, lontanissimo da qualsiasi speranza di ballottaggio.
Bensì quella riga, «Giachetti più Fassina» da cui si deduce che «la sinistra», ripete a voce alta l’ex presidente del Consiglio, «anche unita non arriva ad avere un quarto degli elettori romani».
Il ragionamento di Berlusconi, che ha praticamente sacrificato il cavallo di razza su cui aveva puntato, parte proprio da quella riga.
L’aveva detto nella notte tra martedì e mercoledì ai big del partito romano, lo ripete mercoledì sera a Bertolaso: «Se questo sondaggio dice il vero, allora vuol dire che Renzi è nei guai a Roma. E se è nei guai a Roma, allora è nei guai in Italia».
La giornata di mercoledì è servita a Berlusconi a smuovere le acque, riaprire la partita, uscire dallo stallo.
E assistere all’ennesima spaccatura interna a Forza Italia, dove un pezzo del partito (leggasi Maurizio Gasparri) è pronto all’accordo con Giorgia Meloni e un altro pezzo (leggasi Antonio Tajani) torna a caldeggiare il «matrimonio» con Alfio Marchini.
Ma la via d’uscita? Sostenere la leader di Fratelli d’Italia, magari puntando i piedi per ottenere un «listone unico del centrodestra» ed evitando così «che Forza Italia finisca relegata dagli elettori in fondo, con meno dei voti del partito di Meloni e La Russa»?
Oppure realizzare quell’autentico coup de thèà¢tre a cui il leader forzista starebbe lavorando dall’ultimo fine settimana?
La strada «nazionale», che privilegia la nascita di una Federazione del centrodestra e un modello di coalizione uguale a Milano come a Napoli, è la prima. Firmare un accordo con Fratelli d’Italia e Lega, sostenere Meloni e marciare compatti.
La seconda, invece, tiene conto del lavorio svolto ad Arcore tra venerdì scorso e domenica.
Un lasso di tempo in cui, secondo alcune ricostruzioni, Berlusconi avrebbe incontrato vis-à -vis in Brianza Alfio Marchini, che in un tempo non troppo lontano è stata la sua prima scelta.
A meno di colpi di scena, l’ora della verità scatterà dall’ufficio di presidenza di Forza Italia in programma giovedì.
Tutti i bookmakers danno la «soluzione Meloni» come la più quotata. Ma la seconda via, quella che porta a un accordo con Marchini, non sarebbe stata ancora abbandonata.
Tanto che, per arrivarci, c’è un sentiero già tracciato. Lo stesso che una delle persone più vicine a Berlusconi riassume con queste parole: «Berlusconi lascia la palla a Bertolaso. Lascia insomma che sia lui a decidere se andare avanti sulla sua candidatura oppure se cedere il passo. A quel punto Bertolaso si prende tempo e indica la via dell’accordo con Alfio Marchini».
Sarebbe, in un sol colpo, la realizzazione di due scenari indicati tempo fa dai due protagonisti. Da Bertolaso, che definì Marchini «il candidato più simile a me».
E anche da Marchini, che secondo i sondaggi con Forza Italia potrebbe arrivare al ballottaggio e vincerlo.
E che da due settimane ha una scommessa aperta: sul numero dei candidati dell’area moderata. «Alla fine, ne rimarranno solo due».
Tommaso Labate
(da “il Corriere della Sera”)
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