FASSINO-GANDHI E IL SEGNO DI PACE
QUANDO MOSTRARE IL DITO MEDIO NON E’ INSULTANTE MA HA QUALCOSA DI GHANDIANO
Qualcuno salvi Piero Fassino da se stesso.
Forse affascinato all’idea di entrare pure lui nel nutritissimo club degli sfollatori di consenso Pd, fianco a fianco alle Picierno e De Micheli, ha così preso a cuore tale intento da sbagliare tutto con precisione chirurgica.
Sinora Fassino era ricordato per tre motivi: i tic facciali che ne tradiscono l’eterna fibrillazione, il sogno diversamente bolscevico di avere una banca e la particolarissima composizione del sangue (“Fassino ha un globulo rosso solo che va su e giù lungo tutto il corpo, quando ha un’erezione sviene”: la battuta è di Beppe Grillo).
Nei giorni scorsi, il sindaco di Torino ha aggiunto al palmares un dito medio sbarazzino mostrato ai contestatori, come un Gasparri o Santanchè qualsiasi.
A differenza loro, Fassino ha inizialmente negato l’evidenza: “Dicono che ho fatto un gestaccio? Ma figuriamoci” .
Già qui, credendo che nessuno avesse fotografato o filmato la scena, Fassino ha dimostrato quella sua capacità prodigiosa di vivere il proprio tempo intuendone i cambiamenti, la stessa capacità che nel luglio 2009 lo portò a minimizzare l’eventuale peso politico del non ancora nato M5S: “Grillo vuole fare politica? Fondi un partito, metta in piedi un’organizzazione, si presenti alle elezioni, vediamo quanti voti prende, perchè non lo fa?”.
Fassino è così: se una cosa accade, lui la avverte col fuso orario delle Galapagos.
Partecipa alla storia collegato via satellite, e il satellite ha gli stessi tempi di reazione di una Duna in salita.
Ovviamente i filmati del “gestaccio” hanno invaso il web ed è stato proprio M5S a cavalcare la notizia.
Fassino avrebbe potuto chiedere scusa subito, ma è ancora convinto che una bugia mal detta possa negare l’evidenza persino in tempi di smartphone e wi-fi.
Non pochi lo hanno difeso, tipo Chiamparino: “Il problema non sono le bugie di Fassino, ma il comportamento degli ultras”.
Anche Massimo Gramellini, pur condannando le bugie puerili, gli ha concesso un alibi: “Forse solo un monaco zen avrebbe diritto di fargli la morale: sfido chiunque a rimanere impassibile mentre ti insultano il parentado stretto”.
Frase condivisibile se a ricevere gli insulti è una persona qualsiasi, non un politico navigato.
La contestazione è una costante: se non sai gestire un po’ di tensione, provocata peraltro da “non più di una decina di persone” come ha ammesso il diretto interessato, hai sbagliato mestiere.
E in effetti, osservando la carriera di Fassino, qualche dubbio viene. Non ancora soddisfatto della quantità di errori già sciorinati, ieri Fassino ha rilasciato a La Stampa un’intervista semplicemente lisergica.
Di nuovo aveva la possibilità di scusarsi e basta, senza cercare altri specchi a cui aggrapparsi goffamente. Macchè.
Quando gli hanno chiesto perchè avesse inizialmente mentito, Fassino ha risposto così: “Ieri, a chi mi chiedeva dell’accaduto, ho solo negato la rappresentazione di un gesto di offesa nei confronti dei tifosi granata verso i quali non ho fatto alcunchè”.
Provando a tradurre in italiano una tale tapioca prematurata, si evince che per Fassino il dito medio non è “la rappresentazione di un gesto di offesa” bensì “un gesto figlio di un clima convulso e concitato”.
Il dito medio, dunque, non solo non è insultante ma ha anzi qualcosa di gandhiano: “(Era) un gesto per dire: ‘Va bene, ma basta, così’. È questo il senso di quella mano alzata (..) Quel gesto era per dire ‘basta!’, “lasciatemi in pace!’. Questo era il senso”.
Ricostruzione inattaccabile: chi, in effetti, non mostra il dito medio quando desidera essere lasciato in pace?
È un po’ un esperanto universale. Fa così anche Obama quando Michelle gli chiede con insistenza se gradisce o meno un muffin; lui la guarda, le mostra il dito medio e lei, rapita, rifila il muffin al cane.
Fassino, nell’intervista, si è definito “aggredito” e non certo “aggressore”. A suo modo ha ragione.
Fassino è stato effettivamente aggredito, ma non dai tifosi: da se stesso, e dalla mancata percezione del senso del ridicolo.
Per non fare altri danni, dovrebbe come minimo osservare un mese di silenzio. Meglio ancora sarebbe uscire definitivamente allo scoperto e gridare: “Sono juventino e il Torino mi sta un po’ sulle palle. L’autocontrollo non è mai stato il mio forte, chi mi conosce lo sa, e non permetto a nessuno di insultare i miei cari”.
Chissà se un giorno ci arriverà perfino Fassino: errore per errore, molto meglio la nevrastenia sincera del politichese fantozziano.
Andrea Scanzi
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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