FEDERALISMO: PERCHE’ IL PAREGGIO FA PAURA AL GOVERNO
GLI SCENARI DOPO IL VOTO: PIU’ COMPLICATO IL PERCORSO DEL DECRETO… LE IPOTESI AL VAGLIO NON LASCIANO TRANQUILLA LA LEGA: PORTARE LA LEGGE ALLE CAMERE, RINUNCIARE ALL’OK DEI COMUNI O RICOMINCIARE TUTTO DACCAPO
Ci sono pareggi che aprono scenari più complicati di una sconfitta.
La metafora sportiva descrive bene lo stallo in cui potrebbero trovarsi maggioranza e governo dopo il voto di di oggi della Bicamerale sul fisco municipale.
Fallito anche il pressing finale sul finiano Baldassarri, che si è arenato ieri sull’istituzione di un fondo per gli inquilini, e fatti salvi ripensamenti dell’ultima ora, restano i numeri di un pari annunciato: 15-15.
Un risultato che complica le cose per un provvedimento a cui la Lega ha legato la sopravvivenza della legislatura.
Nonostante l’impegno del Presidente del Consiglio ad andare avanti e il vertice notturno con il Carroccio, una cosa è certa: senza una maggioranza politica in Commissione l’iter del decreto sul fisco municipale è destinato ad allungarsi.
E la querelle interpretativa, che si è subito aperta, testimonia le difficoltà di trovare un percorso che non suoni come una forzatura del dettato legislativo e che metta al sicuro il provvedimento dal ricorso di qualsiasi cittadino. Almeno tre le strade allo studio dell’esecutivo:
1) Portare il testo così com’è (e quindi con le modifiche volute dall’Anci) alla prova delle Camere.
2) Eludere l’esito del voto in Commissione e tornare in Consiglio Dei Ministri (perdendo le modifiche volute dai Comuni, avverte l’opposizione) per la deliberazione finale.
3) Azzerare tutto e procedere con una nuova approvazione preliminare da parte del Cdm e un nuovo esame in Conferenza Unificata e in Bicamerale. Un’ipotesi, la terza, che appare difficilmente praticabile per il tempo necessario, mentre è già calendarizzato, nei lavori della Commissione, l’esame dello schema di decreto che riguarda le Regioni a statuto ordinario e i costi e i fabbisogni del sistema sanitario.
Il regolamento della Commissione.
Il punto di partenza obbligato è il voto odierno.
Pdl e Lega con la senatrice dell’Svp Helga Thaler diranno il loro sì alla proposta del relatore La Loggia.
Scontato, dichiarazioni alla mano, il no di Pd e Idv con i 4 voti allineati del Terzo Polo (Baldassari, D’Alia, Lanzillotta, Galletti).
Parità perfetta.
A questo punto il regolamento della Commissione all’art.7 parla chiaro: “Le deliberazioni della Commissione sono adottate a maggioranza dei presenti, considerando presenti coloro che esprimono voto favorevole o contrario. In caso di parità di voti la proposta si intende respinta”.
Contrariamente a quanto successo per i tre decreti attuativi precedenti, quindi, la palla tornerebbe al governo senza un parere positivo della Commissione.
“Il dato politico non può passare inosservato”, ha già avvertito il Pd, “non ci sono le condizioni nè politiche nè giuridiche per andare avanti”.
Senza dimenticare, poi, che la bozza al vaglio della Bicamerale è quella che ha ottenuto il sì dell’Anci, mentre sul testo originario i Comuni avevano posto il loro veto.
“Un parere non espresso”, secondo il presidente Enrico La Loggia, consentirebbe comunque un ritorno al Consiglio Dei Ministri per il pronunciamento finale.
Solo sulla versione iniziale del provvedimento, ribatte il segretario della Commissione, Linda Lanzillotta (Api) sottolineando come “in mancanza di una procedura corretta, a parte l’aspetto promulgativo, si rischi di esporre tutto il sistema ai ricorsi di qualunque cittadino”.
In realtà che la strada da seguire non sia tanto chiara neanche alla maggioranza lo dimostra che sulla questione è stato chiesto un parere ai presidenti di Camera e Senato.
Ad illustrare il responso di Fini e Schifani sarà probabilmente lo stesso La Loggia nella conferenza stampa convocata dopo il voto.
Cosa prevede la legge.
Il dibattito maggiore ci concentra comunque su quanto prevede la legge delega 42/2009, quella che istituisce anche la Commissione Bicamerale e le assegna il compito di “esprimere i pareri sugli schemi dei decreti legislativi”. Sono almeno due i passi che si prestano a interpretazioni divergenti, entrambi contenuti nell’articolo 4, comma 2.
Nella parte iniziale si afferma: “decorso il termine per l’espressione dei pareri di cui al comma 3, i decreti possono essere comunque adottati”.
Una dicitura che sembrerebbe andare incontro alla maggioranza.
Meno chiara appare l’interpretazione di quanto segue: “Il governo, qualora non intenda conformarsi ai pareri parlamentari, ritrasmette i testi alle Camere con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni e rende comunicazioni davanti a ciascuna Camera. Decorsi trenta giorni dalla data della nuova trasmissione, i decreti possono comunque essere adottati in via definitiva dal Governo”.
E’ evidente, spiega Lanzillotta, “che in questo caso il governo non avrebbe nessun parere a cui non intende conformarsi”.
L’esecutivo potrebbe comunque andare in Aula per spiegare le sue ragioni, chiedere eventualmente un voto e dopo 30 giorni adottare comunque il provvedimento.
Con i numeri di Montecitorio perennemente in bilico, fanno notare dall’opposizione, paradossalmente, per un provvedimento tanto caro a Umberto Bossi, potrebbero essere preziosi gli umori dei Responsabili composti da diversi esponenti di Noi Sud.
Non è l’unica votazione a rischio.
Per il momento è passata in secondo piano la questione del voto in Commissione Bilancio, nonostante secondo l’opposizione, “diverse misure contenute nel provvedimento lascino dubbi sulla copertura finanziaria”. Formalmente la Bilancio dà un parere al governo e non alla Bicamerale e quindi contrariamente ad altre commissioni si riunirà dopo il voto di oggi, spiegano in Parlamento.
A leggere tra le righe, notano alcuni esponenti centristi, con “i numeri in bilico anche in questo caso a Montecitorio, la mossa mira a non aggravare la situazione e a levarsi per il momento d’impaccio”.
Che il quadro sia già abbastanza complesso infatti non c’è dubbio: quanto basta per far perdere la pazienza a chi sul federalismo fiscale ha puntato tutto.
Pasquale Notargiacomo
(da “La Repubblica“)
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