FINANZA BORBONICA: IL SUD ERA RICCO PRIMA DI DIVENTARE ITALIA
ALLA VIGILIA DELL’UNIFICAZIONE, IL REGNO DELLE DUE SICILIE AVEVA UN’ECONOMIA IN SALUTE… IL PIEMONTE DI CAVOUR ERA INVECE SULL’ORLO DELLA BANCAROTTA… A NAPOLI NON SI PAGAVANO TASSE DI SUCCESSIONE, A TORINO ARRIVAVANO AL 10%
Qualche settimana fa, il Sole 24 ore riportava un’interessante analisi storico-finanziaria dal titolo: “Il debito? nasce con l’Unità d’Italia”, in cui si evidenziava che il debito pubblico nasce col Regno di Sardegna nella sua fase liberale.
In un intervento alla Camera, il 1 luglio 1850, Cavour, non ancora ministro, descrive la penosa situazione finanziaria del regno sardo: “Continuando nella via che abbiamo seguito da due anni, andremo difilati al fallimento e continuando ad aumentare le spese, tra pochissimi anni saremo nell’impossibilità di contrarre nuovi prestiti e di onorare gli antichi”.
Divenuto ministro delle Finanze del governo D’Azeglio e successivamente primo ministro, la situazione non migliora.
Basti pensare che mentre nei 34 anni che vanno dalla caduta di Napoleone al 1848, il Regno di Sardegna accumula 135 milioni di debiti, in soli 12 anni, dal 1848 al 1860, ne totalizza oltre un miliardo.
Pier Carlo Boggio, liberale, massone, illustre intellettuale, nel 1859 scrive: “La pace ora significherebbe per il Piemonte la bancarotta”, ritenendo necessaria la guerra con l’Austria.
Se la guerra non scoppia e la conquista degli Stati italiani non avviene, il Risorgimento va in frantumi e trascina con sè nella rovina il Regno di Sardegna che su quel mito ha costruito la propria identità .
Scrive Boggi: “Il Piemonte ha accresciuto di 500 milioni il suo debito pubblico, ha falsato le basi normali del suo bilancio passivo, ha rischiato le proprie istituzioni, ha sacrificato la vita di numerosi suoi figli, sempre in vista della meta dell’Unità d’Italia”.
Ma che accadeva invece al Sud?
Le finanze borboniche al momento della conquista godevano di ottima salute.
L’Archivio economico dell’unificazione italiana documenta come nel quinquennio 1854-1858 a un disavanzo previsto in 18 milioni di ducati, corrispondesse un disavanzo di appena 6 milioni scarsi di ducati, un quarto della somma preventivata.
I bilanci preventivi venivano compilati con grande circospezione.
Il confronto col Regno delle Due Sicilie è perdente per il Piemonte anche sulla politica fiscale: mentre a Napoli, ad es., non si pagavano imposte di successione, in Piemonte la tassa arrivava al 10% nel caso di estranei, al 5% nel caso di fratelli, all’1% in quello dei figli.
Mentre a Napoli non si pagavano tasse sugli atti delle società per azioni e su quelli degli istituti di credito, in Piemonte sì.
Scriveva don Margotti: “Il debito pubblico al Sud è minimo, l’imposta fondiaria è dolcissima, la Sicilia è esente dalla leva militare, dall’imposta sul sale e dal monopolio del tabacco”.
Sarebbe bene ricordare ogni tanto a certi sostenitori della tesi del “Meridione di accattoni” e del “Nord salvatore” come sono andate realmente le cose.
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