FINANZIAMENTO PUBBLICO: “IN ITALIA TROPPE LEGGI E POCHI CONTROLLI, LA DEMOCRAZIA INTERNA NON E’ TUTELATAâ€
UNO STUDIO DELL’UNIVERSITA’ OLANDESE DI LEIDEN CONFRONTA LE REGOLE SUI PARTITI IN EUROPA: ANALOGIE E DIFFERENZE
“Il sistema italiano? Troppe leggi, pochi controlli e la democrazia interna non è tutelata. In tutta Europa, in questo momento, c’è un dibattito sul finanziamento pubblico perchè i partiti ovunque registrano un calo del tesseramento. In parte sono in difficoltà per la crisi economica, ma il problema principale è che il senso d’appartenenza alle forze politiche è diminuito”.
Daniela Romèe Piccio è una ricercatrice italiana che lavora all’università di Leiden, in Olanda. Da due anni partecipa a un progetto – sostenuto dall’European research council – sui partiti e sugli strumenti con cui si finanziano.
Con quattro colleghi, ha esaminato anche i dettagli delle legislazioni europee ma c’è un primo dato – politico – che vuole sottolineare: “Stiamo studiando la situazione dei 27 membri dell’Ue più Islanda, Croazia, Serbia, Ucraina, Norvegia, Svizzera. Solo in Italia, però, la discussione è dominata da toni di così forte delegittimazione. Nel resto d’Europa si parla, magari, di riduzione di fondi. Di controlli più stringenti. Ma tendenzialmente il finanziamento pubblico non viene messo in discussione. E anche in Paesi come Gran Bretagna e Malta — in cui i partiti vivono di donazioni private – è in corso un ripensamento”.
Molte delle attuali proposte di legge puntano proprio a valorizzare le donazioni private. E’ la Gran Bretagna il punto di riferimento per questo modello?”
Sì. Ma ma anche lì i partiti non vivono solo di finanziamenti dei cittadini. Ci sono agevolazioni statali per lo svolgimento dell’attività politica e poi un dotazione riservata all’opposizione”.
Come viene garantita, generalmente in Europa, la trasparenza dei finanziamenti privati?
“Quindici Paesi dell’Unione europea hanno un tetto massimo per i contributi privati. E poi, ovunque, esistono soglie oltre le quali la fonte della donazione deve essere resa pubblica. La media europea è di 3.500 euro. In Belgio c’è il tetto più basso, l’anonimato vale fino ai 125 euro. In Italia invece è molto alto: solo oltre i 50 mila euro scatta l’obbligo di una dichiarazione congiunta di donatore ed ente ricevente presso la tesoreria della Camera dei deputati. Anche la Germania, comunque, ha una soglia piuttosto alta, con i suoi 10 mila euro”.
In Italia molti, in questo momento, invocano il modello tedesco anche per il finanziamento pubblico. Come funziona?
“In effetti è un sistema interessante: il finanziamento pubblico in parte è collegato ai voti validi ottenuti, in parte dipende dalla capacità di autofinanziamento perchè è proporzionale alle donazioni raccolte. Questo aiuta i partiti a rimanere ancorati alla società civile: li spinge a cercare non solo il voto ma anche la motivazione più profonda dei simpatizzanti, fino al versamento di un contributo privato. Per accedere ai soldi pubblici basta aver ottenuto lo 0,5 dei consensi – in Italia la soglia è dell’un per cento – ma attenzione: la legge tedesca disciplina rigorosamente la democrazia interna, quindi i soldi pubblici vanno solo a quelle forze politiche che accettano regole precise per esempio sulla selezione della leadership, degli organi interni, perfino sulla tutela del dissenso sulla minoranza. Tutti aspetti che nel sistema italiano sono assenti, visto che non è mai stato attuato l’articolo 49 della Costituzione proprio sulla democrazia dei partiti. E questa è sicuramente un’anomalia”.
Quali sono le altre anomalie del sistema di finanziamento italiano?
“Nella maggior parte degli altri Paesi i controlli sono affidati a commissioni indipendenti speciali, con una continuità nel tempo. Da noi invece le verifiche – come ha dimostrato la cronaca – sono solo formali, procedurali, non entrano mai nel merito, le voci di spesa non sono separate. E poi la regolamentazione del finanziamento pubblico in Italia viene affrontata in almeno 8 leggi diverse, una frammentazione francamente eccezionale. Mentre il Greco 2 (nrd, l’organo contro la corruzione del Consiglilo d’Europa) incoraggia l’attuazione di una singola legge che racchiuda tutte le informazioni, in modo chiaro e accessibile”.
A giudicare dal proliferare di proposte di legge 3 in materia è una raccomandazione – quella del Greco – destinata a restare inascoltata.
Tiziana Testa
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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