FURBETTI ITALIANI ALL’EUROPARLAMENTO: TANTE PRESENZE, POCA SOSTANZA
DICHIARAZIONI DI VOTO SU VOTI NON EFFETTUATI, VALANGHE DI INTERROGAZIONI E PROPOSTE SENZA BASE LEGALE PER VINCERE LA CLASSIFICA DELLA PRODUTTIVITA’
Ultima sessione plenaria di Strasburgo, pomeriggio del 19 o del 20 maggio, al bar dei deputati si trovano gomito a gomito due veri e propri stakanovisti del Parlamento europeo, Nicola Caputo, Pd, e Mara Bizzotto, Lega Nord.
I due, scherzando, si accusano reciprocamente di voler fare le scarpe all’altro nel Mep Ranking, una delle due classifiche di produttività redatte da altrettante società britanniche – l’altra è Vote Watch, specializzata sui voti – grazie al generoso finanziamento della stessa eurocamera: 300 mila euro all’anno per fare le pulci alle attività degli eurodeputati.
A guidare il Mep Ranking è il liberaldemocratico croato Ivan Jakovcic, primo con 591 punti, frutto di una somma statistica tra il numero degli interventi in aula, comprese le dichiarazioni di voto, la quantità di rapporti firmati come titolare e come relatore ombra (ossia il relatore per il proprio gruppo politico), la cifra delle risoluzioni proposte e quella delle dichiarazioni scritte.
Dietro il croato, il podio è tutto azzurro, appannaggio proprio dei nostri due litiganti: il casertano Caputo a quota 555 si gioca l’argento con la bassanese Bizzotto, distanziata di 30 punti.
E poi ancora tanta Italia nella top ten: i grillini Ignazio Corrao, Marco Valli e Fabio Massimo Castaldo si piazzano quinto, settimo e nono.
Cinque italiani nei primi 10 e subito fuori ecco Barbara Matera, Forza Italia, 12esima, Giovanni La Via, Ncd, due gradini più sotto e quindi a seguire Lara Comi e Aldo Patriciello, altri due di Forza Italia, quindicesima e sedicesimo.
In totale nove nei primi venti, meglio della valanga azzurra di Thoeni e Gros.
Tanto per fare un paragone tra le grandi nazioni, il primo degli spagnoli, l’ex ministro di Zapatero Pepe Blanco è ottavo ed è l’unico nei primi 20, il primo dei britannici, il laburista Sion Simon 19esimo, la prima dei francesi, Dominique Bilde del Front National 44esima ed ancora più indietro la capofila dei tedeschi: Beatrix von Storch del partito anti euro Alternative fà¼r Deutschland, viaggia in 146esima posizione.
Vuol dire che lavoriamo e ci facciamo sentire a Strasburgo più dei tedeschi ?
Guardando alle cifre ci sarebbe di che sfatare il mito dell’italiano fannullone, se non fosse che la rosea classifica di alcuni dei nostri rappresentanti — alcuni, assolutamente non tutti – nasconde altri miti italici, legati alla furbizia.
Andiamo per specialità .
Patriciello, Forza Italia, va forte nelle dichiarazioni di voto, tanto forte che giustifica anche voti a cui non ha partecipato.
In questo spicchio di legislatura – gli eurodeputati sono stati eletti giusto un anno fa e sono arrivati a Strasburgo nel luglio 2014 – per 28 volte Patriciello ha spiegato il perchè del suo Sì (quasi mai del suo No) su voti realizzati in plenaria in cui non era fisicamente presente, quindi non poteva votare.
Per altre 7 volte era a Strasburgo, ma aveva altro da fare, niente voto nemmeno in questi casi, ma poco importa, una dichiarazione non si nega a nessuno.
Andando poi alla sostanza delle sue dichiarazioni di voto, sono praticamente tutte uguali: riprende due o tre paragrafi del testo della risoluzione votata e quindi alla fine aggiunge “per tali ragioni ho espresso il mio voto favorevole”.
La Bizzotto è invece è la indiscussa numero 1 nella categoria proposte di risoluzione: ne ha presentate 181, ad un ritmo di oltre una ogni due giorni, dalla tutela del Prosecco al finanziamento del terrorismo islamico, dall’estrazione di idrocarburi in Croazia al cyberbullismo in Italia.
Temi differenti ma una sola struttura: un paio di considerando e un invito alla Commissione Ue a studiare il caso.
Poco lavoro, tanto nessuna di queste proposte di risoluzione ha mai visto la luce, cioè è mai stata sottoposta al voto del Parlamento, nè ha speranze di vederla visto che i deputati del Carroccio sono marginalizzati nel gruppo dei Non Iscritti.
Anche se non vanno da nessuna parte queste risoluzioni quasi in fotocopia, se non fosse per l’argomento, fanno comunque punteggio, eccome.
Su questo terreno il suo avversario Caputo, che eccelle nelle dichiarazioni di voto e nel numero degli interventi in aula, è facilitato dall’appartenenza al gruppo S&D, il secondo dell’emiciclo.
Delle 101 risoluzioni che ha firmato si tratta nella quasi totalità di risoluzioni presentate da altri membri del suo gruppo o di risoluzioni comuni realizzati con altri gruppi e da lui sottoscritte. Una firma e via che il punteggio sale.
Come sale con le interrogazioni parlamentari, e qui si apre il capitolo forse più scabroso dell’iperattività di molti eurodeputati.
La Bizzotto ne ha depositate 303, quasi una al giorno, seconda solo alla maltese Marlene Mizzi, imbattibile a quota 376.
Altri, come Lara Comi, ferma a 171, vanno a ondate, lei ne ha firmate 92 nella stessa giornata, il 31 marzo.
Dalla Commissione fanno notare che dall’inizio dal primo gennaio al 31 maggio sono piovute 7.773 interrogazioni, se si mantiene il trend dei primi 5 mesi del 2015, per fine anno si arriverà alla cifra astronomica di oltre 18.500.
Ognuna va registrata e classificata, quindi inviata alla Commissione, lì ad occuparsene è un unità di otto persone, che le valuta e le smista alla Direzione o alle Direzioni Generali competenti.
Una volta ricevute le risposte, vengono assemblate, tradotte, classificate e rinviate al Parlamento, il tutto per un costo medio, assicura il Pd David Sassoli, relatore per l’Eurocamera del rapporto sul bilancio 2015 della Ue, “di 1.200-1.500 euro per interrogazione”.
Facendo i conti la Bizzotto ha già fatto spendere ai contribuenti Ue tra i 360 ed i 450 mila euro. Se nel 2015 si supererà quota 18.500 interrogazioni totali, l’esborso complessivo sarà di oltre 22 milioni di euro.
“Il problema”, spiega ancora Sassoli, “è che in grandissima parte queste interrogazioni non hanno base giuridica”, in sostanza non servono a nulla, se non a fare, ancora una volta, punteggio.
Nella scorsa legislatura un deputato portoghese ne aveva inviate di colpo 175, la domanda era sempre la stessa: “qual è la relazione commerciale tra la Ue e” e poi di seguito una domanda per ogni paese dell’Onu, avendo almeno l’accortezza di escludere i 28 dell’Europa Unita.
Una mole di lavoro impressionante per i servizi della Commissione e il tutto, spesso, per partorire il nulla, non c’è base legale, o informazioni di scarso interesse politico.
Ma una mole che permette di dire a chi firma l’interrogazione di essere al top della produttività del Parlamento.
Un po’ l’ambizione dei nostri Caputo e Bizzotto (non a caso in un tabloid fatto uscire prima delle scorse europee l’esponente del Carroccio campeggiava con una foto con sullo sfondo la plenaria e due dati: 1° Europarlamentare italiano; 5° Europarlamentare su 766, ossia la classifica della scorsa legislatura) anche se non hanno mai firmato una direttiva o un regolamento.
Discorso in buona parte diverso invece per i tre grillini Corrao, Valli e Castaldo che li seguono in classifica.
Al di là di una certa tendenza all’interrogazione facile, il risultato è dovuto al fatto che nel loro gruppo, l’Efdd, sono praticamente gli unici a lavorare, visto che gli euroscettici britannici del Ukip si vedono bene dal fare alcunchè.
Interventi in aula, rapporti, come relatori o relatori ombra, interventi e risoluzioni sono quindi cosa loro e questo è lavoro vero, non solo un prodotto da classifica.
“Ma anche per noi si sente il bisogno di essere in una buona posizione nel Mep Ranking”, ammette un eurodeputato grillino mentre sullo smartphone controlla la sua posizione nella classifica per nazione, “anche perchè pure io prima di arrivare qui guardavo alla produttività dei deputati. Il problema è che questa classifica è puramente quantitativa, non dice nulla sulla qualità e l’importanza del lavoro che stai facendo”.
E qui si arriva al nocciolo della questione: Mep Ranking, come l’altro sito di analisi Vote Watch, calcola solo i chili spalati da ogni eurodeputato, non la qualità del materiale spalato.
“È un’analisi molto approssimativa”, spiega ancora Sassoli, “valuta solo il lavoro in plenaria e non in commissione e poi c’è tutta una gamma di attività legislativa che non viene valutata: per fare la direttiva Bolkestein o la riforma della Pac, la Politica agricola comune, ci vogliono almeno 2 anni di lavoro mentre per altri provvedimenti bastano 15 giorni. E poi c’è il superattivismo nelle interrogazioni, le dichiarazioni di voto che vengono contate come interventi in un dibattito quando non hanno alcun interesse, tutte cose ridicole che influiscono nella disfunzione dell’attività parlamentare”.
Come soluzione Sassoli intende proporre un’analisi che sia anche qualitativa del lavoro e l’introduzione di un filtro per le interrogazioni parlamentari in modo da bloccare sul nascere, già in Parlamento, quelle senza base giuridica.
E, infine, mettere in discussione la sovvenzione da 300 mila euro che ricevono le due società britanniche.
“I fondi vengono affidati senza appalti, ho chiesto che si apra una gara e che si cambino i criteri, l’ho detto pure a Schulz: guarda che con questi criteri sei in fondo alla classifica”. Il Presidente del Parlamento, che pure ha una discreta mole di lavoro da sbrigare, non può firmare risoluzioni, votare o partecipare ai dibattiti, in sostanza non può fare punteggio. Lo stesso David Sassoli, Vicepresidente dell’emiciclo, è terzultimo tra gli italiani, 653esimo in assoluto, pur avendo per le mani anche il Secondo Pacchetto Ferroviario, un dossier importante, che però vale come una manciata di interrogazioni.
Dietro a Sassoli solo Renato Soru e Giovanni Toti, ultimo, ma su questa posizione la statistica c’azzecca: il neo governatore della Liguria a Strasburgo e Bruxelles è stato praticamente un fantasma.
Alberto D’Argenzio
(da “L’Espresso”)
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