GENOVA, IL MODELLO SALVINI ORA SPAVENTA GLI ALLEATI: RIFLETTORI ACCESI SULLA DIGA
E TUTTI ANNULLANO LE CENE ELETTORALI CON I FINANZIATORI
L’inchiesta della procura di Genova sul rapporto incestuoso tra politica e affari ha un obiettivo giudiziario esposto, il governatore Giovanni Toti. Ma — dopo l’esplosione dello scandalo — è emerso anche il bersaglio politico, colui che cioè sul modello Genova aveva scommesso e ora immediatamente deve fare i conti con le macerie: il ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini.
Al leader della Lega nessuna responsabilità viene attribuita. Il punto non è giudiziario. L’inchiesta di Genova, ha infatti già avuto un effetto: accendere i riflettori — anche degli alleati — sui rapporti tra il partito di Salvini e grandi imprenditori, e a cascata tra stazioni appaltanti e appaltatori, tra controllori e controllati.
E lo ha fatto nel momento più caldo della storia del nostro Paese: quello, cioè, in cui sul tavolo ci sono i miliardi di euro del Pnrr che il ministero di Salvini per gran parte si trova a gestire
Le Infrastrutture sono il ramo d’amministrazione con il maggior numero di fondi assegnati: so no circa 23 dei 194 nel portafoglio del nostro Paese, assegnati direttamente al Mit o per il tramite delle sue controllate.
Fdi e Forza Italia diffidano da tempo. E dietro le dichiarazioni di rito, ora vogliono capirci di più sul modello Genova che è diventato modello Salvini. Il pressing dei meloniani per arrivare al voto in Liguria dopo le Europee — e interrompere l’interregno del vicepresidente leghista Alessandro Piana — è sotterraneo ma costante: «Vediamo di capire meglio ma non credo che Toti possa reggere senza dimettersi per più di un mese e mezzo», la previsione di un big di Fratelli d’Italia alla Camera. Sul tavolo anche la possibilità di uno scambio, comunque difficile: al partito di Meloni la Liguria, alla Lega l’ambito Veneto
Ma sono trattative che si svolgono in un clima di nervosismo, sul terreno di una partita che è anche di natura economica. Riguarda le modalità di reperimento delle risorse. E il grande tema è quello del contributo “esterno” ai partiti. Arriva l’alt del capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, Tommaso Foti: «La vicenda di Genova pone un tema significativo: se il finanziamento privato viene interpretato come vietato sui territori —afferma Foti davanti alle telecamere di Start di Skytg24—allora meglio toglierlo definitivamente perché diventa difficile poi capire i rapporti. È una riflessione che va fatta, in relazione al limite che c’è. Su questo deve pronunciarsi il Parlamento ».
Dichiarazioni che nascono ufficialmente dalla preoccupazione che ogni atto di un’amministrazione possa aprire un’inchiesta per corruzione. Ma qual è il partito che, in Italia, ottiene la quantità più cospicua di finanziamenti dei privati? La Lega. Basti pensare che nel 2023 il Carroccio ha incassato 1,1 milioni di euro da erogazioni liberali, una cifra che è aumentata sensibilmente nell’anno in corso. Da gennaio a marzo, nei primi tre mesi del 2024, la Lega ha già incassato 500 mila euro. La maggior parte dei quali provenienti dal Sud.
E spulciando l’elenco delle donazioni dalle imprese, tra chi ha versato l’assegno più pesante nelle casse di via Bellerio — pari a 30mila euro — c’è la “Ricciardello Costruzioni spa”, con sede nel Messinese. Il patron della società, Giuseppe Ricciardello, che è anche il presidente dell’associazione dei costruttori nella città sullo Stretto, è un grande sponsor del Ponte sullo Stretto: «È una sfida epocale». Un caso? Chissà.
Di certo, se si realizzasse la proposta di FdI, la Lega perderebbe una cospicua fonte di sostegno, superiore a quelle garantire dal 2 per mille e dai sussidi ai gruppi parlamentari. Un’anomalia che vienespiegata con l’esigenza di far fronte al buco nei bilanci causati dalla necessità di restituire allo Stato i 49 milioni sottratti con la truffa durante la gestione Bossi.
Nel Carroccio, adesso, c’è paura. Dice a Repubblica un rappresentante di punta della Lega in Liguria: «Adesso il punto fondamentale è come proseguire con la realizzazione delle grandi opere, a partire dalla Diga. L’inchiesta rischia di bloccare la spesa e non sappiamo ancora se e quanti atti già deliberati potrebbero essere finiti nella lente dei magistrati e annullati». Il clima lo descrive la stessa fonte: «Alcuni di noi hanno annullato le cene di finanziamento elettorale in vista delle Europee. Il rischio — dice sconsolato — è di finire tutti indagati per corruzione».
(da La Repubblica)
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