GENOVA: IL PIANO DI EMERGENZA DELLA IPLOM ERA SCADUTO
PREFETTURA E REGIONE AVREBBERO DOVUTO RICEVERLO ENTRO FINE 2015: COME MAI NON HANNO MESSO IN MORA L’AZIENDA?
Il piano di emergenza esterna per il deposito della Iplom di Fegino, nel ponente del capoluogo ligure, è “scaduto”.
Mentre si lotta contro il tempo per fermare l’onda lunga del greggio che, dopo la rottura dell’oleodotto di domenica sera si è riversata nel rio Fegino e poi nel torrente Polcevera, si scopre che non è stato aggiornato nei tempi previsti il Piano di emergenza esterna (Pee), ovvero il Piano di azioni e di interventi da mettere in atto per ridurre le conseguenze sul territorio circostante di eventuali incidenti che si verifichino nell’impianto di Fegino.
Il Piano pubblicato nel sito della Prefettura di Genova, infatti, è datato 7 dicembre 2012, anche se nello stesso documento è scritto che l’aggiornamento del Piano deve essere fatto al massimo ogni 3 anni.
La revisione, quindi – eventualmente anche per confermare le stesse disposizioni – sarebbe dovuta avvenire entro la fine del 2015, anche perchè il documento del dicembre 2012 era stato approvato dal Prefetto, d’intesa con la Regione Liguria e con gli enti locali interessati, a luglio dello stesso anno.
Da allora, quindi, i tre anni sono abbondantemente scaduti ma non è nota una versione più aggiornata.
Il Piano di emergenza esterna è quello che scatta quando in un impianto industriale si verificano incidenti che hanno un impatto anche all’esterno, ed ha l’obiettivo di “mitigare le conseguenze di incidenti rilevanti sulla salute umana e sull’ambiente”.
Si tratta quindi di situazioni analoghe a quella che si è verificata domenica scorsa, anche se in questo caso l’incidente non ha riguardato il deposito della Iplom ma un oleodotto che trasporta il greggio.
Nei documenti del 2012 (88 pagine in tutto) si spiega che il Pee si basa sulle informazioni fornite dal gestore dello stabilimento oltre che da dati acquisti dagli enti interessati, che il Piano “rappresenta il documento ufficiale con il quale la Prefettura organizza la risposta di protezione civile e di tutela ambientale sulla base di scenari che individuano le zone a rischio ove presumibilmente ricadranno gli effetti nocivi degli eventi ipotizzati”, e che l’aggiornamento del Piano di emergenza esterna “è curato dalla Prefettura di Genova, in collaborazione con gli enti e le istituzioni che hanno partecipato alla stesura dello stesso”.
Ieri, però, non è stato possibile avere dalla Prefettura informazioni su questo, mentre il direttore della Iplom, Vincenzo Columbo, fa sapere che «noi abbiamo inviato da tempo la documentazione che ci era stata richiesta per l’aggiornamento del Piano».
Il responsabile di Iplom per l’ambiente e la sicurezza, Gianfranco Peiretti ieri, però, in Prefettura, ha detto che «il piano di emergenza esterna (per gli oleodotti-ndr) non è previsto per legge. Iplom – ha spiegato – ha un suo piano di emergenza-oledotti interno, ma gli oleodotti non rientrano nel campo di applicazione della legge Seveso che prescrive i piani di emergenza esterna, che in ogni caso – ha sottolineato – sono a carico della Prefettura».
Se è così, dopo quest’ultimo disastro ambientale, però, forse si porrà anche il problema di fare il punto anche sull’efficacia e sull’adeguatezza delle norme, visto che l’emergenza che sta vivendo la Valpolcevera e che minaccia anche il mare, sta dimostrando che la rottura di un oleodotto ha un impatto all’esterno anche più immediato di un incidente all’interno di un impianto industriale.
(da “il Secolo XIX“)
Leave a Reply