GIORGETTI DA’ DELL’INCOMPIUTO AL CAPITONE CHE SI INCAZZA E CONVOCA IL CONSIGLIO FEDERALE: NELLA LEGA SCATTA LA RESA DEI CONTI
LE DUE ANIME DEL CARROCCIO NON SONO PIU’ CONCILIABILI. SALVINI VA A RENDERE OMAGGIO A BOLSONARO E STRIZZA L’OCCHIO A BERLUSCONI PER IL QUIRINALE, GIORGETTI CONTINUA A VEDERE LA LEGA NEL PPE E PER IL COLLE RILANCIA DRAGHI. TRA I FEDELISSIMI DEL CAPITONE C’E’ IL SOSPETTO DI UN’INTESA GIORGETTI-BRUNETTA PER PORTARE DRAGHI AL COLLE
Uno va a rendere omaggio a Bolsonaro e l’altro continua a vedere la Lega nel Ppe. Uno strizza l’occhio a Berlusconi che sogna il Quirinale e l’altro per il Colle rilancia Draghi. Uno, nei periodi caldi, viaggia al ritmo di un migliaio di selfie al giorno e l’altro lo invita a smettere i panni del primattore nei film di cassetta. Ma come fanno a stare insieme Matteo Salvini e Giancarlo Giorgetti?
A Salvini era toccato fare una nota ufficiale per ribadire il sostegno ai portabandiera della coalizione. Il copione si ripete. E anche stavolta il leader non la prende bene. Nessuna critica diretta al vicesegretario, ma una battuta («Giancarlo mi paragona a Bud Spencer? A me piace il teatro») e soprattutto un atto concreto quanto emblematico: il numero uno della Lega convoca per domani un consiglio federale, per ribadire la sua linea e verificare se coincide con quella degli altri dirigenti.
Mossa non casuale, come spiegano diversi parlamentari vicini a Salvini che manifestano «stupore, irritazione e anche rabbia» per le parole del ministro dello Sviluppo Economico.
«Ma perché Giorgetti queste cose non le dice mai negli incontri di partito?», si chiedono gli uomini più vicini a Salvini, rammentando come sia nel consiglio federale di inizio settembre che nella riunione dei parlamentari di 15 giorni fa nessuno abbia contestato la linea del segretario. Ma il fuoco del dissenso, evidentemente, ha continuato a covare sotto la cenere, visti anche i cattivi risultati delle amministrative. Giorgetti, d’altronde, mai aveva criticato tanto nettamente la condotta ondivaga di Salvini: «Non ha ancora deciso da che parte stare».
Anche se il ministro, si apprende, è rimasto spiazzato dalla pubblicazione di alcuni brani dell’intervista, che sarebbero «forzati» ed «estrapolati dal contesto». Ma in questo scenario il consiglio federale di domani assume, di nuovo, il significato di un redde rationem: occorre puntellare la linea sul Quirinale e riaffermare il posizionamento nel panorama europeo.
Per quanto riguarda la prima, Salvini ha detto che voterebbe «anche domani» Draghi ma sa che Berlusconi si attende un sostegno da lui. Inoltre, c’è qualche perplessità sul semipresidenzialismo di fatto che rafforzerebbe le prerogative del Capo dello Stato. Salvini ricorda le critiche ricevute, anche dentro il partito, quando due anni fa chiese «pieni poteri» dopo aver fatto cadere il Conte I. E ci si interroga, fra i fedelissimi salviniani, sul significato da attribuire al fatto che, a convergere sulla formula del semipresidenzialismo di fatto, siano due ministri molto vicini a Draghi, ovvero lo stesso Giorgetti e Brunetta
C’è una strategia, sconosciuta in via Bellerio, per favorire il trasloco del premier sul Colle più alto? Sulla collocazione fra i sovranisti, Salvini continua invece a non avere dubbi: e anzi sta accelerando per giungere in tempi brevi a un nuovo gruppo della Destra al parlamento europeo che comprenda esponenti del Partito popolare, dei Conservatori e anche di Identità e democrazia, con l’uscita – si sottolinea – dei tedeschi di Alternative fur Deutschland. Un’iniziativa che va in direzione opposta agli auspici di Giorgetti. E che, soprattutto, allontana la Lega dalla rotta del governo. Il Carroccio è di nuovo un rebus.
(da La Repubblica)
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