GIORGIA MELONI HA CAPITO CHE CON “THE DONALD” IN SELLA MEGLIO AVVICINARSI A BRUXELLES, PER FARLO DEVE “SBIANCHETTARSI” E FARSI ACCETTARE DA CHI L’HA SEMPRE DETESTATA (PARIGI E BERLINO)
ENTRA NELLA MAGGIORANZA URSULA CON MACRON E SCHOLZ E MANDA AVANTI CIRIANI AD ANNUNCIARE LA RIMOZIONE DELLA FIAMMA DAL SIMBOLO DI FRATELLI D’ITALIA. UN BALLON D’ESSAI PER TASTARE IL TERRENO CON LA RIDOTTA DI NOSTALGICI (CHE “PESANO” PER UN 3-4% DI VOTI)… GIOCA UN RUOLO ANCHE IL CALO DI CONSENSI: FDI E’ CALATA ALLE REGIONALI E NON INCASSA PIU’ I VOTI IN USCITA DALLA LEGA (CHE ORA FINISCONO NELL’ASTENSIONE)
Con l’ok a Raffaele Fitto nella nuova Commissione europea, Ursula Von Der Leyen vede pian piano trasformarsi la sua maggioranza all’Europarlamento.
I Verdi, che l’avevano sostenuta già nel primo mandato ed erano disponibili a farlo anche nel secondo, sembrano scivolare pian piano alla periferia dei giochi che contano, scontando forse il marchio “infame” di essere i sostenitori del dannosissimo Green Deal.
Al loro posto, tomo tomo cacchio cacchio, avanza la delegazione di Fratelli d’Italia, che ha già annunciato il voto a favore della commissione Von der Leyen, lasciando, come annunciato dal meloniano Procaccini, libertà di coscienza e di voto ai compari di Ecr. Della serie: noi ci intruppiamo, voi fate come ve pare.
L’avvicinamento alle stanze del potere di Bruxelles è l’ultima camaleontica mossa di Giorgia Meloni. La Ducetta vuole farsi finalmente accettare in Europa, anche nelle cancellerie che l’hanno sempre ostracizzata, come Parigi o Berlino.
A favorire questo suo piano ci sono da un lato la debolezza di Macron e Scholz, dall’altro la vittoria alle presidenziali americane di Donald Trump.
Il tycoon, ideologicamente, non è lontano dal populismo sovranista di Fratelli d’Italia, ma rappresenta una minaccia reale per l’economia europea tra dazi, aumento delle spese militari, disimpegno americano e altre fregature che il ciuffo arancione si prepara a rifilarci.
Con un presidente alla Casa Bianca che non le bacia la capoccia, e che non la elogia per le sue professioni di atlantismo, ma le chiede di spendere soldi (e non chiacchiere) per arrivare al 2% del Pil in difesa, la Ducetta preferisce rintanarsi nella comoda congrega europea, dove ci si detesta un po’ tutti, ma almeno ci si conosce.
A conferma di questo suo rinnovato, paraculissimo, “europeismo”, c’è la sua tiepida reazione di fronte alla “Lega dei conservatori” proposta da Milei.
Una sorta di asse mal-destro che dovrebbe includere il puzzone-in-chief Donald Trump. Un progetto molto utile per il governo di Buenos Aires, che ha l’economia in coma e un disperato bisogno di aiuto da Washington, ma non così utile per l’Italia, che dalle future mosse della Casa Bianca potrebbe avere solo guai.
Il desiderio della Sora Giorgia di non essere più la reietta nell’UE è dettato anche da fattori “domestici”. La Ducetta della Garbatella vede pian piano affievolirsi la spinta propulsiva di entusiasmo e consensi che l’ha issata a palazzo Chigi due anni fa. L’ultima tornata elettorale in Liguria, Umbria ed Emilia Romagna, ha certificato una flessione di Fratelli d’Italia.
Lo sciopero nazionale di medici e infermieri, nonostante i dati discordanti sull’adesione (i sindacati parlano dell’85% di partecipanti, il Governo dell’1%), ha messo in difficoltà la Ducetta, che sa bene quanto il tema della sanità sia cruciale per gli italiani, ben più di immigrati e cancel culture.
E assistere a una sollevazione dei camici bianchi, che certifica lo stato disastroso degli ospedali italiani, è un pessimo segnale per i consensi di domani. I cittadini s’innamorano facilmente di slogan e proclami ma quando scoprono che per una tac devono aspettare un anno, s’incazzano e si sfogano nelle urne.
Anche se a Palazzo Chigi hanno provato a minimizzare le recenti scoppole elettorali, addebitandole a candidati sbagliati (nello specifico la scelta, in Umbria, di Donatella Tesei, imposta da Salvini), è anche vero che i numeri parlano chiaro: si è arrestato il meccanismo di travaso e “compensazione” di voti che finora aveva pian piano indebolito la Lega e irrobustito Fdi
Ora, chi non vota più per il Carroccio o per Forza Italia non sceglie la Meloni ma l’astensione. Anche questo è un pessimo segnale per la maggioranza di Governo.
Nel tortuoso processo di “sbianchettamento ideologico” (per essere accettata da popolari, socialisti e liberali in Europa), rientra anche la sparata, meno casuale di quanto non appaia, del fedelissimo della premier, Luca Ciriani, sull’opportunità di togliere la fiamma dal simbolo di Fratelli d’Italia.
L’intervista con cui il ministro per i rapporti con il Parlamento ha ipotizzato la rimozione del simbolo caro ai post fascisti è un ballon d’essai, per vedere l’effetto che fa.
Cioè tastare il terreno verso quello zoccolo duro di sostenitori del partito (3-4%) composto da veri nostalgici.
Tra l’altro, “spegnere la fiamma” sarebbe un vero ritorno alle origini di Fratelli d’Italia: quando Meloni, Crosetto e La Russa lanciarono il partito, c’era un nodo non la fiamma. Quella comparve solo più tardi, insieme al nome Meloni…
(da Dagoreport)
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