GLI AMERICANI SONO UNA ZAVORRA PER IL MONDO, LA NARRAZIONE DI TRUMP (“L’UE È NATA PER FREGARCI”) È UNA STRONZATA CONCLAMATA: IL 50% DELLA CRESCITA MONDIALE SERVE A FINANZIARE L’ENORME ECONOMIA AMERICANA, I SUOI SQUILIBRI E LE SUE DISEGUAGLIANZE
“IL PROBLEMA DI TRUMP È DI COOPTARE CON L’INTIMIDAZIONE DEI DAZI GLI ALTRI PAESI PER FINANZIARE A COSTI ACCETTABILI IL TESORO USA. LA SUPERPOTENZA È VULNERABILE”… “L’EUROPA NON HA ALTRA STRADA SE NON QUELLA DI COSTRUIRE LA PROPRIA SOVRANITÀ”
Proprio qui è il paradosso americano. La superpotenza che colleziona trionfi tecnologici, ma umiliazioni nel mondo, sarebbe tentata di ritrarsi. Ma non può. Il grafico in pagina mostra il fabbisogno di nuovi prestiti supplementari del Tesoro americano, anno per anno dal 1999 al 2024, in proporzione alla crescita nominale mondiale.
Per esempio, l’economia mondiale nel 1999 ha generato poco più di mille miliardi di crescita (inflazione inclusa) e il Tesoro americano ha avuto bisogno di 121 miliardi di prestiti in più: appena l’11% della crescita mondiale — America inclusa — bastava a finanziare il governo degli Stati Uniti a rendimenti bassi e sostenibili.
DETENTORI ESTERI DEL DEBITO USA
Ma negli ultimi anni questa proporzione è cresciuta sopra ben al 50%. L’America ha bisogno di aspirare sempre più soldi dal resto del mondo per tamponare i propri squilibri. Il problema di Trump, cui l’amministrazione guarda con ansia, è di cooptare con l’intimidazione dei dazi gli altri Paesi per finanziare a costi accettabili il Tesoro Usa. La superpotenza è vulnerabile. E lo sa.
Perciò l’America prima o poi si sarebbe ritirata comunque dai suoi impegni in Europa, anche se Trump lo fa in modo traumatico. E perciò l’Europa comunque non ha altra strada se non quella di costruire la propria sovranità politica e di difesa. Parte dell’opposizione in Italia si illude raccontandosi che la spesa militare in fondo non serve.
E Giorgia Meloni si illude di continuare con i diritti di veto in politica estera comune e restare sospesa fra Washington e Bruxelles. Ma ora vanno ricostruite le fondamenta dell’Europa e per l’Italia è il tempo di scegliere: se non ci saremo, o ci saremo ambiguamente, non saremo più con la stessa credibilità fra i Paesi fondatori.
Federico Fubini
per il “Corriere della Sera”
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