GLI USA CONFERMANO: “DALL’ITALIA NESSUN TAGLIO AGLI F35”
IL PORTAVOCE DEL PENTAGONO: “IL PROGRAMMA STABILITO CONTINUA SENZA ALCUNA MODIFICA”
«La fornitura complessiva di F35 all’Italia è rimasta invariata, durante l’ultima riunione dell’Executive Steering Board che gestisce il programma. Può darsi che in futuro ci saranno aggiustamenti, magari sui tempi degli acquisti, ma per ora non sono arrivate comunicazioni formali in proposito».
A rivelarlo è Joe Della Vedova, Public Affairs Director for the Joint Program Office F35, ossia portavoce dell’operazione F35 per il Pentagono.
«L’assemblaggio del primo aereo in Italia – aggiunge – è iniziato a dicembre e continua regolarmente. Secondo i nostri calcoli, nel lungo periodo la partecipazione di un Paese darà vantaggi economici superiori all’investimento iniziale».
Il programma per la costruzione e la vendita dei caccia F35 è gestito dal Joint Strike Fighter Executive Steering Board, che include i rappresentanti di tutti i paesi membri e si riunisce due volte all’anno per fare il punto.
In passato questo organismo si era dato appuntamento anche a Roma.
L’ultimo incontro è avvenuto giovedì a Washington, e l’Italia era presente con il contrammiraglio Francesco Covella.
Secondo Della Vedova non sono stati annunciati cambiamenti rispetto agli impegni del passato, che per Roma prevedono l’acquisto di sessanta F35 A e trenta F35 B, da completare fra il 2024 e il 2025.
Il prezzo al momento, secondo l’ultimo contratto firmato con la Lockheed che costruisce gli apparecchi, è di circa 117 milioni di dollari per aereo, ma diminuirà nel tempo, e nel 2019 dovrebbe scendere fra 80 e 85 milioni.
L’Italia inoltre è coinvolta nella produzione del caccia, attraverso lo stabilimento di Cameri, e lo sarà nella sua manutenzione.
Durante la riunione di giovedì sono stati forniti gli ultimi dati sull’avanzamento del progetto, ma non sono stati annunciati cambiamenti: la prossima sarà a settembre in Norvegia.
«Ci rendiamo conto – dice Della Vedova a La Stampa – che in Italia è cambiato il governo, e quindi i nuovi leader devono essere informati per prendere le loro decisioni. Su questo progetto, infatti, circolano anche molte notizie sbagliate. Inoltre è chiaro che la crisi economica in corso ha pesato sui bilanci di tutti».
Alla luce di questi problemi, una soluzione che alcuni Paesi membri stanno adottando è ritardare i propri acquisti, senza modificare i numeri: «Lo ha fatto la Norvegia, e gli stessi Stati Uniti. Gli Usa si sono impegnati a comprare 2.423 F35 e questo totale non è mai cambiato. Tuttavia nel bilancio per il 2015, appena presentato dal presidente Obama, l’acquisto di alcuni aerei previsto nell’arco dei prossimi cinque anni è stato rinviato. Avverrà , ma più avanti nel tempo, per consentire ora dei risparmi. Su questo non c’è alcun problema»
Durante l’incontro di giovedì, si è discusso molto del rapporto fra i costi e i benefici per i membri.
«Ci sono almeno tre ragioni per cui un Paese come l’Italia trarrebbe vantaggio dalla conferma degli impegni attuali. La prima sta nella produzione stessa: voi ospitate uno stabilimento, e ognuno degli oltre tremila caccia che verranno costruiti e venduti avrà parti realizzate dalle vostre aziende. La seconda sta nella manutenzione. Gli F35 voleranno per almeno venti o trent’anni, e durante questo periodo avranno bisogno di assistenza. L’Italia è coinvolta nella manutenzione e ne trarrà grandi benefici economici. La terza ragione, poi, sta nel recupero degli investimenti iniziali. Come Paese fondatore del progetto, voi avete partecipato al suo sviluppo, e quindi avete il diritto di ricevere i compensi relativi alle adesioni future. Negli ultimi tempi, per esempio, Giappone, Israele e Corea del Sud hanno deciso di unirsi all’iniziativa, e questi nuovi acquisti forse aprono lo spazio per limare alcuni ordini fatti da altri. Non avendo partecipato all’investimento iniziale, però, dovranno corrispondere pagamenti di recupero che andranno ai membri originari, come l’Italia. Se si considerano tutti questi elementi e la riduzione del prezzo degli aerei, alla fine ci guadagnerete sul piano economico, oltre a quello strategico».
Paolo Mastrolilli
(da “La Stampa“)
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