“HO UN POSTO DI LAVORO FISSO MA NON MI VOGLIONO DARE UNA CASA IN AFFITTO”
TORINO, LA CUOCA 45ENNE CONGOLESE: “SONO NERA, RICEVO RIFIUTI DA SEI MESI”
Rita Kimbembi, 45 anni, è arrivata a Torino nel 2009. Originaria della Repubblica democratica del Congo, ha ottenuto l’asilo e ora aspetta la cittadinanza.
Lavora come cuoca in una cooperativa, ha un contratto a tempo indeterminato. Quasi una rarità , in periodo di crisi. Eppure. «Per un africano affittare casa non è difficile, è impossibile».
Addirittura?
«Per me, almeno finora, è stato così. Un anno fa ho lasciato la casa dove vivevo perchè era un quarto piano senza ascensore. Ho un problema alla gamba sinistra e non riuscivo più a fare le scale. Non potevo restare là . Ora mi ospita un’amica. Cerco un appartamento da sei mesi, ma nessuno mi vuole».
Che tipo di abitazione vorrebbe?
«Un appartamento con almeno due camere. Così mia figlia, che ora sta in Francia da mia sorella, potrà venire a vivere con me. Ha 14 anni e tutte le sere mi manda via Whatsapp le offerte di case in affitto che trova su Internet. Ma quando chiamo per chiedere informazioni, puntualmente mi respingono».
In che modo?
«L’ultima volta mi hanno chiesto una garanzia pari a otto anni di affitti».
Prego?
«E’ andata proprio così. Quando il proprietario di casa ha scoperto che sono africana, ha detto che mi avrebbe affittato l’appartamento solo se avessi versato una caparra di 30mila euro. Sosteneva che è un obbligo previsto dalle leggi italiane».
A chi altro si è rivolta?
«Ho chiamato agenzie, ho parlato con privati, ho risposto ad annunci su Internet. Ma finora è stata fatica sprecata. Mi domandano da dove vengo, io rispondo che sono africana. E all’improvviso mi dicono che la casa non è più disponibile. Ho anche fatto telefonare a un’amica italiana, ma quando mi sono presentata all’appuntamento e hanno visto il colore della mia pelle sono rimasti sorpresi. Hanno cambiato tono dicendomi che c’era già un’altra persona interessata alla casa. Non li ho più sentiti, sono passati due mesi. La scorsa settimana ho visto che l’annuncio è ancora esposto nella vetrina dell’agenzia».
Le hanno mai detto esplicitamente «non si affitta a immigrati»?
«Sì. Almeno in cinque casi mi hanno spiegato che il proprietario si rifiuta di fare un contratto a stranieri. Solo italiani».
Come ha reagito?
«La prima e la seconda volta sono rimasta a bocca aperta. Ero sorpresa, non riuscivo a crederci. Le volte successive ho protestato: ho mostrato il contratto di lavoro e le mie buste paga, ho tentato di spiegare che sono una persona per bene, ma non è servito a niente. Mi dicevano “le faremo sapere”. Poi sparivano».
Ha provato a darsi una spiegazione?
«Sapevo che ci sono molti italiani a cui non piacciono i neri, ma questo atteggiamento razzista non riesco proprio a mandarlo giù. Forse pensano che noi veniamo dalla foresta e che non saremo in grado di pagare un canone. Ma si sbagliano. Io ho un lavoro, guadagno più di mille euro al mese. C’è un proverbio africano che dice: è più importante avere un posto dove posare la testa che un piatto dove mangiare. Io, piuttosto di non pagare l’affitto, mi levo il cibo di bocca».
Gabriele Martini
(da “La Stampa”)
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