HUMAN FACTOR, NON NASCE LA NUOVA CREATURA DI SINISTRA
VENDOLA LANCIA LA DOPPIA MILITANZA, MA GLI OSPITI DEM FRENANO
La “sala parto” di Milano non ha funzionato.
Complice anche la vigilia delle elezioni per il Quirinale, la tre giorni “Human Factor” di Sel non ha partorito il nuovo partito di sinistra da schierare contro Renzi nel nome di Tsipras.
Ma, tanto per restare in ambito ginecologico, è difficile persino scorgere l’embrione della nuova sinistra, fortemente voluta da Vendola, uno dei potenziali genitori.
Mentre l’altro, la minoranza dem, ancora non se la sente. Troppo forte il cordone ombelicale con la vecchia Ditta Pd, anche se ha cambiato padrone e ragione sociale.
E così, i quattro moschettieri dem che arrivano sul palco della Permanente di Milano, Civati, Cuperlo, Fassina e Pollastrini, gelano subito le aspettative della folta platea (migliaia di presenze nel weekend), chiarendo che sì, il dialogo con Sel va ricostruito, Renzi non ne azzecca una, ma “calmi, io non lascio il Pd”, come afferma Civati, dopo aver illuso i compagni affermando che “io qui mi sento a casa”.
Il deputato di Monza spera di poter recuperare terreno dentro il Pd, e così “ricostruire il centrosinistra con Sel, che si è rotto quando non si è votato Prodi al Quirinale nel 2013”.
“Io non sono minoranza, facciamole le primarie tra la nostra gente per sapere cosa ne pensa del patto con Berlusconi, voglio vedere come vanno a finire…”, insiste Civati, che accoglie la critica di Rodotà alla somma di frammenti di partito e spiega: “Dobbiamo partire da un progetto di governo, cosa farebbe la nuova sinistra sui temi più rilevanti dell’agenda?”.
Anche Fassina e Cuperlo, pur attaccando Renzi a più riprese, escludono rotture del Pd, e si limitano ad auspicare una collaborazione con Sel “che ci porti a una piattaforma comune pur restando ognuno nel proprio partito”, dice l’ex viceministro.
Vendola, nel suo lunghissimo intervento conclusivo, lancia l’idea di un “coordinamento” tra i vari soggetti riuniti a Milano, una “doppia militanza” che parta da iniziative comuni “sui temi dei diritti”.
“Non sarà un rassemblement di come eravamo o la somma algebrica delle sinistre del passato”.
A febbraio, secondo il governatore pugliese, i militanti delle varie forze dovrebbero lavorare insieme nei circoli e sui territori, per poi arrivare a un nuovo appuntamento comune “a primavera“.
“Dobbiamo realizzare un rimescolamento dei popoli, spartire insieme il pane della buona politica”, propone il leader di Sel.
Ma Fassina e Civati nicchiano. “Lo vedo più come un discorso di ricerca e di analisi comune, anche con iniziative e campagne insieme”, dice il primo.
E Civati ricorda come, nei fatti, la collaborazione tra Sel e minoranza Pd sia già in atto, “anche in Parlamento”.
“La doppia militanza facciamola in modo intelligente, condividendo battaglie comuni, come abbiamo già fatto a dicembre con i 10 punti per un nuovo centrosinistra, firmati anche da Sel”, spiega Civati ad Huffpost.
“Dobbiamo stare leggeri, concentrati sui contenuti, evitiamo di eccedere con la burocrazia e i coordinamenti”.
“Good luck e camminiamo insieme”, chiude Cuperlo. “dentro il Pd c’è una comunità che intende battersi a viso aperto e che è capace di innovazione profonda”.
Sono quei circoli e quegli iscritti di cui parla anche Fassina. E che vengono citati da Giuliano Pisapia.
Il sindaco di Milano spinge Sel a mescolarsi con il popolo delle feste dell’Unità “che non ama le larghe intese e vuole allearsi con noi. Io credo che questa sia la vera maggioranza del Pd”.
E lancia alcune stoccate al suo partito: “L’Italia non è la Grecia, lì c’è stato un lavoro di anni e anni, qui veniamo dai fallimenti della Lista Arcobaleno, di Ingroia, e anche la lista Tsipras non è andata oltre il quorum”.
Di qui la frustata di Pisapia, l’invito all’autocritica: “Bisogna avere l’obiettivo di vincere e governare, non di superare il 4%, dobbiamo essere più innovativi”.
C’è anche una stoccata al leader, l’invito alla “rotazione degli incarichi” e a “cambiare cavallo”.
Più incoraggianti Landini e Cofferati, che mandano due messaggi.
“Continueremo a camminare insieme”, scrive il leader Fiom. “Un’altra storia è vicina”, dice l’ex leader Cgil uscito dai democratici pochi giorni fa.
A Vendola tocca la chiusura, durissima con Renzi, “giovane leader del populismo conservatore”, che “rispetto al Parlamento si comporta ancor peggio di Berlusconi”. “Non sciolgo Sel, ma ai miei dico che dobbiamo fare molti passi avanti”, sono le parole finali, per dire che “questi tre giorni non sono stati un episodio, ci rivedremo presto, non è stato il ballare di una sola giornata”.
Per ora è difficile pensare a un doppio tesseramento di massa. Più facile immaginare una cooperarazione rafforzata in Parlamento tra Sel e minoranza dem, dalle riforme ai dossier economici.
Ma il voto sul Quirinale può rompere tutti gli schemi, frenare o anche accelerare il nuovo processo a sinistra. In queste ore, alla vigilia dell’incontro di Renzi con i gruppi parlamentari (previsto per lunedì mattina), la minoranza dem punta le sue fiches su un accordo dentro il Pd per il Colle.
E per questo in parte schiva l’abbraccio di Nichi e compagni. “Voglio archiviare il passato e cercare una convergenza”, dice Fassina a margine dell’evento di Sel.
Solo due giorni fa aveva definito Renzi il capo dei 101. Il 29 gennaio si vota per il dopo Napolitano, non è il momento per strategie di lungo periodo.
(da “Hufffingtonpost”)
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