I GIOVANI PADANI VOLTANO LE SPALLE AL NORD, SI CAMBIA NOME PER ORDINE DI SALVINI, MA C’E’ CHI ABBANDONA: “SCELTA VIGLIACCA, E’ COME TOGLIERE IL CROCIFISSO AI CRISTIANI”
VIA IL SOLE DELLE ALPI, IL LEONE DI SAN MARCO, L’INDIPENDENZA DELLA PADAGNA E ANCHE ALBERTO DI GIUSSANO PER CARPIRE QUALCHE VOTO AL SUD: “SALVINI SEI UN VENDUTO, CON IL 18% NON VAI DA NESSUNA PARTE, HAI DISTRUTTO IL MOVIMENTO”
Mentre Salvini coltiva ambizioni governative, in casa Lega fa discutere la perdita di identità : “Nei prossimi giorni il nome del movimento Giovani Padani sarà cambiato in Lega giovani“.
A spiegarlo è il coordinatore federale del Mgp Andrea Crippa — 31 anni e un biglietto per Roma staccato nel collegio uninominale di Bollate — in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera.
Una notizia che ha fatto trasalire i vecchi militanti, tanto che da qualche ora nelle bacheche digitali dei più nostalgici è tutto uno sfogo: “Questa volta il sogno è finito davvero”.
La scelta di Crippa si inserisce nel solco tracciato da Matteo Salvini, che nei mesi scorsi ha definitivamente traghettato il partito oltre il Po, togliendo la parola Nord dal simbolo e creando un partito nazionalista a sua immagine e somiglianza.
“Si sono organizzati gruppi di giovani in tutte le regioni — spiega Crippa -. In Lazio, Umbria, Calabria e Abruzzo i numeri sono davvero importanti. Avrebbe poco senso continuare con il nome storico”.
La scelta della svolta nazionale del Movimento Giovani Padani va nella stessa direzione imboccata dal partito, depurato di qualsiasi riferimento al Nord e al passato secessionista.
L’archiviazione del passato procede a passi serrati. Sul tavolo del consiglio federale di lunedì prossimo ci sono le nuove tessere del partito. Anche in questo caso vecchi simboli e vecchi nomi lasceranno spazio a quelli nuovi, via il Sole delle Alpi, il leone di San Marco, via l’indipendenza della Padania e — teme qualcuno — via anche l’Alberto da Giussano. Il simbolo tra i simboli.
Domenica mattina, alla scuola politica di Milano, Salvini si è premurato di appuntarsi al petto la spilla con l’effige storica, puntualizzando che “il nostro simbolo di lotta e di libertà non si tocca” spiegando poi che lo stesso andrà messo “a disposizione di milioni di italiani che fino a poco fa ne erano lontani”.
Insomma, Salvini spiega le ragioni del mutamento di pelle: “C’è anche un mondo che non ci ha votato, che magari nelle regioni del Centro e nelle regioni del Sud non ha avuto la forza di votare la Lega. Quindi dobbiamo non solo rispondere a chi ci ha dato fiducia, ma anche parlare a quel mondo che ha fatto altre scelte elettorali ma che è pronto a sostenerci”.
Insomma, cari vecchi leghisti, per mangiare la torta bisogna ingoiare anche il boccone amaro.
Sarà . Ma sono in molti a non gradire. “Assistiamo a un venduto che si presta ad un processo di romanizzazione e di annullamento della causa leghista… è il sud che vuole portare nella bara tutto il paese con se” e, ancora: “Col 18% Salvini non va da nessuna parte… ha solo distrutto un grande movimento“.
Un commento, tra le centinaia che scorrono sui social network in queste ore di dibattito interno, riassume alla perfezione la posizione dei nostalgici: “Prima tolgono la parola Nord dal nostro simbolo, adesso l’Alberto da Giussano, tutto sempre per ‘non turbare la sensibilità dei nuovi elettori mediterronei’. Lo considero un gesto vile, al pari di quelli che non festeggiano il Natale o tolgono il Crocifisso per ‘non turbare la sensibilità dei mussulmani’“.
Se tra le fila leghiste c’è chi ancora oggi si immolerebbe per un Nord indipendente, va rilevato che nel dibattito 2.0 non mancano i sostenitori dell’operato del segretario. Sono i nuovi adepti, quelli folgorati sulla via di Damasco, che saliti sul Carroccio salviniano ammoniscono i malpancisti: “Bravi dividiamoci pure noi così torniamo all 0,6%.”
Salvini dal canto suo, ritiene marginali le voci di dissenso interno (lo accusano di aver ‘affossato la gloriosa Lega Nord per riesumare la putrida Alleanza Nazionale’), lanciando anche una prossima stagione congressuale, utile negli intenti a marginalizzare ulteriormente le voci di dissenso rimaste.
(da “il Fatto Quotidiano”)
Leave a Reply