I GRILLINI IN TRINCEA AMMETTONO: IL FORNO DEM SI STA SCALDANDO
APERTURE ANCHE A FORZA ITALIA: “SOLO SENZA BERLUSCONI”
I colonnelli del Movimento 5 Stelle si stringono l’uno all’altro, compatti. «Luigi Di Maio è il nostro premier», ripetono ad ogni ora del giorno, «nessun altro se non lui». Le dichiarazioni, tutte uguali, si affastellano l’una sull’altra, come nel tentativo di nascondere una debolezza, camuffare una verità scomoda, crearne una nuova.
Il passo indietro di Di Maio sulla premiership al termine del secondo giro di consultazioni, per poi convergere sul Pd, è un’idea tanto concreta quanto pericolosa, almeno in questo momento.
«Abbiamo posto il paletto di Di Maio a Palazzo Chigi», ragionano i vertici Cinque stelle, «se ora mettessimo in discussione il nostro stesso punto, indeboliremmo la nostra posizione nelle trattative».
Di Maio è nervoso. Si aggira intorno a Montecitorio, tutt’uno con il suo smartphone, i modi sono bruschi, il volto scuro come non si vedeva da tempo.
D’altronde, ogni giorno che passa senza un governo, la sua leadership si indebolisce. Per questo gli uomini del quartier generale grillino stanno cercando di serrare i tempi.
Il metodo da seguire continua ad essere quello dei due forni, come ribadisce Emilio Carelli: «Dialogo con tutte le forze politiche, a destra e a sinistra, nell’interesse del Paese, affinchè si faccia un governo».
Da una parte, quindi, si sondano gli umori in casa Pd, dopo le posizioni dialoganti espresse da Dario Franceschini e Andrea Orlando.
La forza contrattuale dei dem, oggi, non è certo quella di cinque anni fa. Ci scherzano su Alessandro Di Battista e Giulia Sarti: «Te li ricordi nel 2013? E ora invece li vedi piccoli piccoli».
Il boccino, però, è sempre nelle mani del Pd, chiamato a decidere se seguire la posizione morbida di Franceschini e aprire ai Cinque stelle oppure seguire la linea dura di Matteo Renzi, fisso all’opposizione. «Il forno del Pd si sta scaldando in queste ore», conferma una fonte con un ruolo di peso all’interno del Movimento.
«Quello con il centrodestra, invece, è già caldo», ma trova il sostegno soprattutto dei vertici del Movimento, più che della sua base parlamentare, rimasta scottata dall’elezione di Elisabetta Casellati alla presidenza del Senato: «Ci siamo rimasti malissimo», ripetono in tanti. Il veto, però, per come le trattative si stanno intavolando in questi giorni, riguarda solo ed esclusivamente Silvio Berlusconi e la sua presenza dentro il partito.
«Siamo contrari al Cav, non a Forza Italia», è il punto dei vertici M5S.
La soluzione andrà quindi trovata all’insegna della creatività e della fantasia. «Se riuscissero a completare un’operazione di make up, allontanando Berlusconi, e favorendo una figura di garanzia, potremmo includere Forza Italia senza problemi», è il messaggio chiarissimo che arriva dai piani alti del Movimento.
Adesso, si dovrà giocare sulle tempistiche. L’obiettivo del M5S è arrivare a meta entro tre settimane. Comunque, prima delle regionali, per togliere un’arma alla Lega. Sul tragitto, le consultazioni, tra le acque tranquille del primo giro, e quelle tumultuose della settimana successiva, dove più di un equilibrio potrebbe essere spostato.
E il più grosso problema di Di Maio, in questo momento, potrebbe proprio essere quello di far trasparire tutta la sua impazienza, di non reggere alla pressione dell’attesa, sapendo che ogni giorno che passa, tra le mille telefonate e le passeggiate frenetiche intorno a Montecitorio, la sua leadership si indebolisce sempre di più.
Fino a quando qualcuno potrebbe chiedergli di fare un passo indietro, per il bene del Movimento.
(da agenzie”)
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