I GRILLONI: GRILLO E BERLUSCONI, MARCIANO DIVISI PER COLPIRE UNITI
I FORCONI, L’USCITA DALL’EURO, L’IMPEACHMENT A NAPOLITANO
Lo conosce bene, al punto di giurare che mai e poi mai starà a sinistra.
«Grillo non vuole assolutamente l’accordo con il Partito democratico, ma l’80 per cento dei suoi parlamentari sono di sinistra o addirittura di estrema sinistra…».
Informato al dettaglio sulla vita interna del Movimento 5 Stelle, fino a prodursi in una raffinata analisi di tutte le anime, cinquanta sfumature di grillismo, nel discorso più importante, quello della rifondazione del suo partito, il 16 novembre, di fronte al consiglio nazionale della rinata Forza Italia. Silvio Berlusconi conosce bene il Movimento grillino, dall’interno, dai report, dalle analisi elettorali, dai contatti con il professor Paolo Becchi.
Uno che quando Berlusconi ha invocato una rivoluzione in caso di un suo arresto non si è fatto pregare: «Non vediamo l’ora!». (che nobile causa…. n.d.r.)
E chissà , forse questa stagione sarà ricordata come quella in cui è nato un nuovo animale della politica italiana: il Grilloni, nato dall’incrocio tra il leader di Cinque Stelle e il Capo di Forza Italia, entrambi exatraparlamentari.
«Un ibrido, un centauro, una creatura doppia», scriveva su “l’Espresso” Giampaolo Pansa inventando la mitologica figura di Dalemoni cui fu dedicata una storica copertina, «un D’Alema rimasto nelle fattezze fisiche uguale a se stesso, ma posseduto dai pensieri e dalle parole di Berlusconi».
Era il settembre 1996 e il Cavaliere, in quel momento all’opposizione, con la Bicamerale era uscito dall’isolamento, dimostrando di essere in grado di egemonizzare il leader Massimo del centrosinistra.
Facile, in realtà : in quel momento tutti (con l’eccezione di Romano Prodi) volevano assomigliare a Berlusconi e le ricerche raccontavano di una fascia importante dell’elettorato, una terra di mezzo, che sovrapponeva per valori e priorità il Pds e Forza Italia.
Oggi a guidare la partita è il Movimento 5 Stelle, è lì che si muovono 8 milioni di elettori non ancora consolidati che tutti vorrebbero riconquistare, gli elettorati sovrapposti sono quelli berlusconiani e grillini.
E l’ex premier è all’inseguimento: più che un Grilloni è un Berluschillo, un Berlusconi rimpicciolito che corteggia proteste, cavalca rivolte, prova a incarnare la rabbia, come l’originale ligure di Sant’Ilario.
Nonostante sia, da decenni, l’uomo più ricco e potente d’Italia, responsabile numero uno del disastro.
Silvio vorrebbe imitare Grillo nell’organizzazione del nuovo movimento forzista: reticolare, senza gerarchie e nomenclature, con volti sconosciuti alla politica e con un capo supremo e indiscusso al vertice a dare identità alla creatura.
E martellare sui media con le stesse parole d’ordine: i forconi e l’uscita dall’euro, l’attacco alla casta e la riforma elettorale, il bombardamento su Enrico Letta e soprattutto su Giorgio Napolitano.
Nulla più del tormentato rapporto con il presidente della Repubblica rieletto illumina la corsa a scavalcarsi tra Berlusconi e Grillo.
Otto mesi fa il Cavaliere faceva il giro del cortile interno di Montecitorio vantandosi di essere il grande regista dell’operazione Re Giorgio-bis, nelle ore in cui fuori dalla Camera, in piazza, Grillo urlava al colpo di Stato.
«Se ne vedono di tutti i colori, anche la comica marcia su Roma di Grillo e del suo fascismo buffo», lo ridicolizzò l’ex premier.
Ora, però, l’uomo di Arcore di colpi di Stato ne conta addirittura quattro, tutti contro di lui, naturalmente. E insieme i due minacciano di aprire un procedimento formale di impeachment verso il Capo dello Stato.
Il più ruvido del clan berlusconiano è l’ex direttore del Tg1 Augusto Minzolini, oggi senatore forzista. «Napolitano minaccia di lasciare? Si accomodi. Ha la fiducia di una minoranza, non sarà rimpianto dalla maggioranza degli italiani», scrive su twitter.
E ancora: «Napolitano dovrebbe concedersi un periodo di silenzio. Il suo interventismo continuo rende la richiesta di impeachment di Grillo sempre più convincente».
Minzolini si è già fatto convincere da Grillo, gli altri arriveranno.
Per esempio il capogruppo alla Camera, Renato Brunetta, nell’aula di Montecitorio attacca l’inquilino del Quirinale, evocando l’argomento dei carri armati sovietici del 1956 in Ungheria, non esattamente di stretta attualità , e sferza i giornalisti con il suo “Mattinale” che fa invidia a molti pasdaran a 5 Stelle.
Da quando Forza Italia è passata all’opposizione l’emulazione-competizione con i grillini è diventata una costante, dentro e fuori le aule parlamentari.
Quasi impossibile rintracciare una diversità di toni e di contenuti tra alcune parti del blog di Grillo e le sfuriate che trapelano da Palazzo Grazioli.
Con l’originale (Beppe) sempre più agile nel dettare la linea del marchio di seconda scelta (Silvio).
Berlusconi annuncia di capire le proteste dei forconi e di voler incontrare una delegazione dei rivoltosi (appuntamento poi annullato)?
E Grillo si è già fatto vedere in piazza, a Genova durante lo sciopero dei tranvieri e mediaticamente dalla parte dei forconi, ripercorrendo le strategie di un tempo, «stare nel movimento», come predicava la sinistra ufficiale negli anni Settanta rispetto alla sinistra extraparlamentare, oggi è il leader di M5S che si ritrova in questa scomoda posizione, dentro le istituzioni a fare la minoranza e fuori, nei cortei già incendiati dalla presenza dell’estrema destra.
Il Grilloni-Berluschillo si è già fatto sentire, e ancora più lo farà nei prossimi mesi, contro l’Europa egemonizzata da Angela Merkel e sull’ipotesi di uscire dall’euro, ormai agitata a una sola voce da Grillo e Berlusconi, aiutata da un vento anti-europeista in aumento anche tra economisti e intellettuali, da Alberto Bagnai, l’esperto di debito pubblico che interviene sul blog di Grillo e molto amato dalla Rete, a Claudio Borghi, economista dell’Università Cattolica, che pubblica i suoi strali no-euro sul “Giornale” della famiglia Berlusconi e che ha trascorso l’ultimo fine settimana dividendosi tra il congresso della Lega con il nuovo segretario Matteo Salvini e il convegno dei parlamentari di 5 Stelle.
Un fronte anti-europeista che comprende la Lega di Salvini, l’ex sindaco di Roma Gianni Alemanno, i Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni, la Destra di Francesco Storace: quasi tutti sono stati alleati o addirittura ministri con Berlusconi, in caso di voto anticipato finirebbero per schierarsi con Forza Italia, ma nella scelta dei temi e del linguaggio è il grillismo a essere dirompente, gli altri gli corrono dietro sulla strada dell’europeisticamente scorretto.
L’ultima battaglia comune, in cui Silvio e Beppe marciano divisi e colpiscono uniti, è la riforma della legge elettorale.
Dopo molti ripensamenti e una gran confusione Forza Italia e Cinque Stelle sembrano essersi fermati a richiedere il ritorno della vecchia legge elettorale, il Mattarellum, con i collegi uninominali che sulla carta non sfavoriscono nessuno ma che con i risultati delle ultime elezioni non sono in grado di assicurare un vincitore certo alle elezioni: deve essere proprio questo che piace a Berlusconi e a Grillo.
«Il doppio turno è il rifugio dei proporzionalisti e degli scissionisti, di quelli che l’hanno fatta nel centrodestra e di quelli che la faranno nel centrosinistra. Renzi farebbe bene a riflettere», avverte Minzolini.
Se anche il nuovo Pd di Matteo Renzi si spostasse sul Mattarellum la legge sarebbe votata dalla Camera e le elezioni anticipate si farebbero più vicine.
La strana coppia Silvio-Beppe prova a dare la spallata: nel complesso risultato di equilibri, pesi e contrappesi che è la politica italiana può capitare anche questo, che lo Psico-nano, come lo chiamava Grillo non ancora leader politico, e il comico che si fece leader tra la denuncia di un colpo di Stato e una rivoluzione annunciata si ritrovino dalla stessa parte.
Per poi tornare a farsi la guerra, perchè alle elezioni europee la contesa sarà voto su voto, e i due si contendono lo stesso elettorato.
Ma prima che torni la competizione il Grilloni ha ancora qualcosa da fare: l’impeachment di Napolitano, il collasso finale del sistema.
Progettato da chi il sistema voleva distruggerlo. E da chi il sistema per anni l’ha incarnato.
Marco Damilano
(da “L’Espresso”)
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