I NUMERI DELLA MANOVRA NON TORNANO, MANCANO 15 MILIARDI DI COPERTURE SUI 20 DI SPESA ANNUNCIATI
UNA CORNICE FRAGILE CHE SCOMMETTE SU UNA CRESCITA IRREALIZZABILE CON LITE FINALE SULLA SPARTIZIONE DELLA TORTINA
La cornice c’è, ma è fragilissima perchè i quattro angoli ancora non si sono chiusi.
E anche la tela al suo interno è incompleta, anzi appena abbozzata.
A una settimana dalla scadenza prevista e dai festeggiamenti anticipati sul balcone di palazzo Chigi, il Governo gialloverde rivela i dettagli della Nota di aggiornamento al Def, il recinto dentro cui si muoverà la manovra: i numeri poggiano su basi precarie perchè legati a previsioni di crescita più che ottimistiche.
Così superlative che le stime sul Pil non vengono rivelate durante la conferenza stampa a palazzo Chigi.
E ancora più ballerine sono le misure care a Matteo Salvini e Luigi Di Maio, cioè il superamento della Legge Fornero e il reddito di cittadinanza: non c’è l’intesa numerica sulla spartizione della torta e, ancora peggio, gli ingredienti per metterla nel forno, cioè le coperture, sono pochissimi.
Appoggiando la lente d’ingrandimento sulle fragilità della Nota di aggiornamento al Def, il primo elemento che viene fuori è l’impegno, annunciato dal premier Giuseppe Conte e confermato dal ministro dell’Economia, Giovanni Tria, di ridurre il debito di oltre quattro punti percentuali nei prossimi tre anni, passando dal 130,9% di quest’anno al 130% nel 2020, per poi arrivare al 126,5% nel 2021.
Un chiaro segnale a Bruxelles, insieme allo scardinamento dell’impianto per il deficit al 2,4% per tre anni (ora ridotto a 2,4% per il 2019, 2,1% nel 2020 e 1,8% nel 2021), ma il punto interrogativo è legato all’elemento su cui poggia questo impegno, cioè la crescita.
Conte, Di Maio, Salvini e Tria non hanno dettagliato le stime del Pil, ma hanno spiegato che l’abbattimento del debito passa per una crescita sostenuta.
Negli scorsi giorni Tria ha parlato di un Pil a +1,6% nel 2016 e fonti di governo hanno fatto trapelare ieri che la stima per il 2019 potrebbe essere a +1,9 per cento.
Stime che si discostano tantissimo rispetto alle previsioni dei principali osservatori nazionali e internazionali, ultimo dei quali il Centro studi di Confindustria, che proprio oggi ha rivisto la previsione del Pil per il 2019 a +0,9 per cento.
Tria ha sottolineato che negli ultimi tre anni la riduzione totale del debito è stata dello 0,6 per cento. In pratica negli ultimi tre anni i governi Renzi e Gentiloni sono riusciti a tagliare il debito di meno di un quarto rispetto a quanto ora ambisce a fare il Governo gialloverde, che motiva il possibile cambio di passo appunto con una super crescita in arrivo.
Dentro la cornice della Nota di aggiornamento, la tela della manovra non aderisce ancora.
Non è un caso che al termine della conferenza stampa, Lega e 5 Stelle si siano affrettate a rilasciare spin ai giornalisti per quantificare la parte delle risorse che spetterà per le misure gradite ai due partiti.
E le due liste non combaciano. È ancora contesa.
Il Carroccio dice di avere portato a casa 10 miliardi per finanziare il superamento della Fornero con quota 100 (7 miliardi), la flat tax per le partite Iva (2 miliardi) e un maxi piano di assunzioni per le forze dell’ordine (1 miliardo).
Di Maio, invece, in diretta Facebook, annuncia che ai 5 Stelle andranno 10 miliardi per il reddito di cittadinanza e fonti M5S completano il quadro sostenendo che per le pensioni ci sarebbero solo 5 miliardi per il primo anno.
Un balletto di cifre tanto imbarazzante che in tarda serata arriva una comunicazione congiunta M5S-Lega per tirare le somme: 20 miliardi totali con 10 miliardi al reddito di cittadinanza, 7 miliardi per la Legge Fornero, 2 miliardi sulla Flat Tax, 1 miliardo per le assunzioni straordinarie nelle forze dell’ordine.
La bilancia non segna ancora l’equilibrio e – aspetto ancora più preoccupante per le ambizioni dei due vicepremier e dei rispettivi partiti – è che le coperture stentano a venire fuori.
Se la torta delle misure si aggira intorno a un totale di 20 miliardi, le risorse disponibili per finanziarle a ora sono i 3,5 miliardi che derivano dal deficit al 2,4% e quelle che arriveranno dai tagli che si stanno provando ad approntare al Tesoro, che però potrebbero valere al massimo circa 2-3 miliardi.
Mancano all’appello quasi 15 miliardi.
Le risorse aggiuntive che si possono ricavare dal deficit portato al 2,4%, 12,5 miliardi, sono già impegnate per impedire l’aumento dell’Iva dal prossimo anno.
Coperti, ad ora, sono il taglio dell’Ires e i rimborsi per i risparmiatori delle banche fallite (quest’ultimi attraverso un taglio delle agevolazioni agli istituti di credito).
Ci sono ancora da coprire, inoltre, le spese indifferibili e da recuperare circa 4 miliardi persi con l’aumento dello spread.
La coperta è ancora troppo corta. Di Maio e Salvini festeggiano, ma il rischio è quello che siano festeggiamenti ancora una volta anticipati, come quelli del balcone di palazzo Chigi, quando Di Maio e i suoi annunciarono il deficit al 2,4% per tre anni. Schema che oggi non esiste più.
(da “Huffingtonpost”)
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