I SACRIFICI SI CHIEDONO SOLO DOPO AVERLI FATTI PER PRIMI: UNA CLASSE POLITICA CHE NON SA DARE ESEMPI
IN PARLAMENTO BUVETTE CON PASTI A 3 EURO, ASCIUGAMANI DA 88 EURO, 70 MILIONI PER VOLI DI STATO, 3.000 DIPENDENTI, DIVISE DEI COMMESSI DA 1.800 EURO: DIPENDENTI IN PENSIONE A 8.000 EURO AL MESE A 52 ANNI…NEL 1946 CAMERA E SENATO FUNZIONAVANO CON 4 PALAZZI, ORA SONO PIU’ DI 30… CONSULENZE IN AUMENTO E SPESE REGIONALI SENZA CONTROLLI
Chiedere sacrifici agli italiani si può, ma reclamarli in nome della crisi internazionale, quando si continua a far finta di non vedere le mille contraddizioni di uno Stato che sputtana soldi a milionate ogni giorno, non può essere un alibi valido.
Il centrodestra sta governando questo Paese da ben sette degli ultimi nove anni: tempo più che sufficiente per imprimere un cambiamento che non c’è stato.
Se l’elettorato deluso diserta le scadenze elettorali e l’astensionismo ha raggiunto vette impensabili, occorre anche saper fare autocritica: è segno che il cittadino ha percepito la mancanza di una svolta.
Di tagli si parla solo per gli stipendi degli statali, mentre il potere d’acquisto è diminuito, la soglia di povertà assorbe sempre più milioni di italiani e la corruzione dilaga come in passato.
Di fronte a una crisi che il governo ha sempre voluto ridimensionare, una classe politica adeguata avrebbe dovuto dare l’esempio, non attraverso spottoni inveritieri, ma con comportamenti reali adeguati.
Dati alla mano, le auto blu sono aumentate, le consulenze pure, i deficit di molte regioni e comuni sono prossimi alla bancarotta, come d’altronde la sanità .
Eppure sul Titanic, ovvero nel Parlamento italiano in agonia, mentre molti cittadini comuni tagliano tutte le spese possibili, l’orchestra suona sempre la stessa musica.
Alla buvette un primo costa sempre un euro, un secondo due euro, si comprano 50 asciugamani a 88 euro l’uno, quando su internet gli stessi identici si trovano a 5 euro ciascuno.
Si continua a spendere cifre incredibili come 70 milioni l’anno di aerei di Stato, si incrementa il parco di auto blu, si presentano leggi per dare il vitalizio anche ai sindaci e agli assessori comunali.
Pensate che nel 1946 Camera e Senato, per il loro funzionamento, necessitavano di 4 palazzi, mentre ora non ne bastano 30.
Il tutto mentre il Parlamento oggi ha 3.000 dipendenti e una divisa da commesso costa allo Stato 1.800 euro, una cifra con la quale una madre di famiglia veste marito e figli tutto l’anno.
Siamo un Paese dove ancor oggi un commesso parlamentare va in pensione a 52 anni con 8.000 euro al mese di vitalizio per 15 mensilità e in cui un dipendente di Camera o Senato ha una retribuzione di 15 volte superiore a chi ha lavorato altrove.
Un Paese dove nessuno fa una legge che vieti il cumulo delle pensioni dei parlamentari con altri incarichi, dove gli enti locali e i ministeri ogni anno aumentano le consulenze, invece che ridurle.
In Regione Sicilia abbiamo 50.000 forestali, 1 dirigente ogni 6 dipendenti, un capufficio ogni due impegati, 2.200 manager con stipendi da favola.
A Palermo abbiamo 1.000 giardinieri e sono state ancora assunte 50 persone con il compito di controllare i tombini e altre 20 persone per controllare i 50 che dovrebbero controllare i tombini.
Immaginiamo già i federalisti: ecco il Sud sprecone.
Ma come mai i governi centrali non sono mai intervenuti commissariando?
Il problema è lo Stato latitante, le istituzioni complici, il ceto politico degradato, non le formulette federaliste uso gonzi.
Il problema sta nella politica come centrale affaristica e non come servizio per il proprio popolo, sta nella mancanza di esempio, di stile, di etica, di disinteresse.
Una destra seria ha il dovere di porsi queste domande, se vuole davvero interpretare il Paese reale: non si vive a lungo di spot e sondaggi, di manipolazione dell’informazione televisiva e di bugie.
Se non si sa vivere in sintonia con il proprio popolo e progettare un futuro, non solo non si va lontano, ma si fa soprattutto un danno a una concezione di destra vera, sociale e moderna che vive invece nelle speranze di tanti italiani.
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