I SICARI DEL POPOLO VANNO DRITTI DOVE LI PORTA IL VENTO DI PUTIN
E CONTE VA A MOSCA A RAPPORTO DAL GRAN BURATTINAIO
Non c’è migliore immagine della giornata di quella che regala l’aula di Montecitorio intorno alle 16. Si discute di videosorveglianza negli asili, ma tutti i gruppi di opposizione chiedono di intervenire sull’ordine dei lavori. La presidenza lo concede.
E tutti chiedono a gran voce che il governo venga in aula a riferire sulla bocciatura della legge di bilancio arrivata appena un’ora prima da Bruxelles. Sono soprattutto Pier Carlo Padoan e Renato Brunetta a drammatizzare la situazione.
Nella più totale indifferenza e la più generale confusione dei deputati della maggioranza. Nè i 5 stelle fanno una piega quando dai banchi del Pd e di Fratelli d’Italia arrivano stentorei attacchi contro il padre fondatore, Beppe Grillo.
Tutto scivola via, parole scolpite nelle acque di un ruscello, mentre Valdis Dombrovskis e Pierre Moscovici dalla capitale belga dicono che “il governo italiano sta apertamente e coscientemente andando contro gli impegni presi verso se stesso e verso gli altri Stati membri”.
Luigi Di Maio e Matteo Salvini — dopo la pace ritrovata e la cena romanesca di lunedì sera — si sentono, e decidono velocemente di tirare su le barricate. “Non stanno attaccando un governo, ma un popolo”, tuona il ministro dell’Interno.
“È la prima manovra che non piace alla Ue — gli fa eco il collega vicepremier – Non mi meraviglio: è la prima manovra italiana che viene scritta a Roma e non a Bruxelles”. Sergio Battelli, presidente della commissione Affari europei della Camera, si spinge addirittura oltre: “Facciamo decadere per tutti gli stati membri il fiscal compact”.
È lo scontro più totale, anche se quando parli con gli esponenti gialloverdi il mood comunicativo che è stato diramato è quello di parlare di “confronto”.
È la modulazione di toni che utilizza Giuseppe Conte, intervistato da Bloomberg proprio quando sta arrivando la bocciatura: “Non usciremo dall’Europa, e non scommettiamo il futuro dei nostri figli alla roulette — le parole del presidente del Consiglio — “Ho sempre detto che sarei irresponsabile se non fossi preoccupato per l’andamento dello spread ma nel momento in cui riusciremo a perseguire questo dialogo con la Commissione europea confido che possa abbassarsi”.
Ecco, lo spread. Nel giorno del giudizio s’imbizzarrisce appena un po’, arriva poco sopra quota 310. “Ecco, lo vedi che non c’è l’apocalisse?”, ironizza una fonte di governo. “Per quale motivo dovremmo cambiare il testo, siete voi giornalisti che vi infervorate, ma non c’è nessun motivo per non tirare dritto”. Teoricamente l’esecutivo avrebbe tre settimane di tempo per modificare il Documento programmatico di bilancio, il testo con il quale l’Italia spiega ai partner la propria politica di bilancio.
Da Mosca, dove mercoledì incontrerà Vladimir Putin, Conte ha preso tempo: “Valuteremo nel merito, ci riserviamo già nei prossimi giorni, nelle prossime settimane di elaborare delle repliche sul punto, ci confronteremo con i dati, con le stime di crescita, nel merito delle singole riforme e ci presenteremo tra tre settimane al confronto con la commissione Ue per proseguire questo dialogo costruttivo, franco e sereno”.
Ma fonti qualificate del governo traducono le parole del premier: “Ci prendiamo tre settimane di tempo per convincere l’Europa della bontà della nostra manovra”. Di Maio e Salvini si muovono all’unisono: il Dpb non cambia, l’apocalisse non è alle porte, massimizziamo adesso tutto quel che possiamo ottenere. All’Economia il clima è il più tipico dei “vorrei ma non posso”.
Giovanni Tria sarebbe disponibile a rivedere alcuni punti, a cercare dei pur flebili punti di caduta in comune. Ma, spiegano al Mef, il ministro non ha la forza contrattuale per imporsi.
Così l’unica modifica sulla quale si intravede un’apertura è un ulteriore lavoro di cesello sulla spending review, che secondo il Tesoro difficilmente arriverà a toccare il miliardo d’euro. Ma anche Giorgetti, parlando a Porta a porta, ragiona di più. In generale conferma la linea ma poi dice, “se sbagliamo siamo disposti a correggere attivando dei meccanismi automatici di correzione della spesa”. E poi ancora sulle banche: “Se spread a 400 necessaria ricapitalizzazione e azione rapida. Noi non siamo figli di nessuno, sappiamo esattamente come stanno le cose: se si dovessero ripetere situazioni come in passato interverremo immediatamente e senza indugio altrimenti aspettare provoca danno”.
In serata arrivano le parole di Sergio Mattarella a provare a deviare il corso del fiume: “La logica dell’equilibrio di bilancio non è quella di un astratto rigore: ci deve sempre guidare uno sguardo più lungo sullo sviluppo, la sua equità e la sua sostenibilità , e occorre procedere garantendo sicurezza alla comunità , scongiurando che il disordine di enti pubblici, e della pubblica finanza, produca contraccolpi pesanti anzitutto per le fasce più deboli, per le famiglie che risparmiano pensando ai loro figli, per le imprese che creano lavoro”. Obiettivo fallito.
“Le sue parole non cambiano la sostanza”, commentano nell’esecutivo. E le acque continuano a scorrere dritte verso lo scontro totale.
(da “Huffingtonpost”)
Leave a Reply