IL 2025 INIZIA CON TAGLI AI MEDICI E RINUNCE ALLE CURE
IL GOVERNO MELONI HA TRADITO LA PROMESSA SULL’ASSUNZIONE DI PERSONALE E SCOPPIA IL CASO DEI TAGLI AI LABORATORI ACCREDITATI
L’importante è la salute, è uno degli auguri tipici di Capodanno. Solo che nel 2025, quella degli italiani sarà sempre meno sotto controllo. Medici e infermieri, infatti, saranno ancora di più sotto pressione per la carenza di ricambi nei reparti, mentre milioni di persone rinunceranno alle visite o, peggio, alle cure perché devono attendere mesi e mesi per le interminabili liste d’attesa. Il capo dello Stato, Sergio Mattarella, nel messaggio di fine anno ha sottolineato il problema: «Vi sono lunghe liste d’attesa per esami che, se tempestivi, possono salvare la vita».
Il decreto varato dal governo nella scorsa estate, durante la campagna elettorale per le Europee, non ha sortito alcun effetto come già preannunciato dalle opposizioni: mancavano gli stanziamenti. Il provvedimento, peraltro, non è mai stato di fatto completato. Mancano cinque dei sei decreti attuativi previsti, tra cui «la definizione del fabbisogno di personale degli enti del Sistema sanitario nazionale» e «le indicazioni tecniche per gestire, da parte del Cup, un nuovo sistema di disdetta delle prenotazioni e ottimizzazione delle prenotazioni».
Il decreto esiste solo sulla carta, mentre il disegno di legge gemello – quello sulle prestazioni sanitarie – è tuttora in esame in commissione affari sociali al Senato, in prima lettura. L’ultima seduta sul tema risale al 18 dicembre. Ma quello delle liste d’attesa è solo uno dei tanti nodi mai sciolti.
Ancora emergenza
Il 2025 inizia con una certezza: per la sanità sarà un anno di emergenza che il governo continua a negare, rifugiandosi nel porto sicuro della propaganda. I numeri confermano che sulla salute la destra ha fatto il minimo indispensabile. Sono spariti dall’orizzonte delle iniziative, per esempio, le assunzioni di 30mila medici, infermieri e tecnici di laboratorio promessi dal ministro della Salute, Orazio Schillaci.
Del resto per rafforzare l’organico occorrono le risorse che non sono state previste nemmeno dalla manovra economica approvata a fine dicembre. Gli infermieri stanno affrontando da tempo la battaglia: «Bisogna investire su stipendi e possibilità di carriera per attrarre giovani che rifuggono questa professione e al tempo stesso per cercare di arginare la fuga degli infermieri in servizio», osserva Andrea Bottega, segretario del Nursind, uno dei sindacati di categoria.
Con Giorgia Meloni a palazzo Chigi l’investimento sulla sanità è inadeguato. La stella polare resta la disamina della Corte dei conti. La spesa sanitaria «cresce a poco meno di 142,9 miliardi nel 2025 e supera i 152 miliardi nel 2027. Una variazione che nel biennio 2026-27 stabilizza la spesa al 6,4 per cento del Prodotto, un livello pari a quello registrato prima della crisi (era il 6,41 per cento nel 2019)», ha sottolineato la magistratura contabile nell’ambito di un’audizione alla Camera.
Dunque nel 2025 la spesa in rapporto al Pil toccherà il punto più basso degli ultimi 15 anni. Insomma, la pandemia non ha insegnato nulla a una maggioranza che ha rimosso le sanzioni ai no-vax.
«Mentre il paese è in galleggiamento, per la sanità non ci sarà nemmeno quello. Si prevede un calo della qualità dei servizi», dice a Domani Marina Sereni, responsabile Sanità del Pd, che mette in evidenza le difficoltà di medici e infermieri: «Il tema del personale sta diventando esplosivo. Parliamo di professionisti che hanno studiato anni e allo stato attuale sono costretti a stare in trincea invece di lavorare al meglio. Questa è una condizione accettabile di fronte a casi estremi, come è stata la pandemia, ma non nella normalità».
Tariffe e cure
C’è poi l’altra faccia del problema ricordato ancora una volta da Mattarella: «Numerose persone rinunciano alle cure e alle medicine perché prive dei mezzi necessari». Il sistema nazionale sta perdendo la propria funzione. Una piaga ricordata peraltro dal Cnel, guidato da Renato Brunetta, tutt’altro che ostile a questo governo.
«Nel 2023 circa 4,5 milioni di persone hanno rinunciato a prestazioni sanitarie per problemi economici, problemi di offerta o difficoltà a raggiungere i luoghi di erogazione del servizio», ha certificato il Consiglio. Il trend è preoccupante: «Si tratta del 7,6 per cento della popolazione italiana, contro il 7 per cento del 2022».
Il 2025 inizia già con un’incognita: negli ultimi giorni di dicembre, il Tar ha stoppato l’operazione sul nuovo nomenclatore tariffario, voluto dal governo, per gli istituti accreditati. Il 28 gennaio ci sarà la decisione definitiva. L’attesa riguarda soprattutto i piccoli laboratori, che rischiano di essere schiacciati dai tagli. Il tutto a favore dei big player del settore, le multinazionali a cui pure la destra dice di non voler far concessioni.
«Il governo è dalla parte delle piccole imprese ed è contrario ai monopoli che uccidono la concorrenza», ha detto il vicepresidente della Camera, Fabio Rampelli, uno dei pesi massimi di Fratelli d’Italia. Di mezzo ci sono possibili ricadute sui servizi garantiti ai cittadini. Ma la disponibilità al dialogo stenta a prendere forma «Sono due anni che ci battiamo anche per la tutela delle strutture pubbliche, perché le strutture accreditate forniscono servizi pubblici», spiega a Domani Mariastella Giorlandino, presidente dell’Unione ambulatori, poliambulatori (Uap).
La questione è solo esplosa di recente, ma si trascina da tempo. «Il governo ha fatto una proposta inaccettabile sul nomenclatore delle tariffe», insiste la leader di Uap, evidenziando che «il taglio è stato fatto sugli esami più routinari, per esempio su quello del Psa libero». Da un lato si fanno le campagne sulla sensibilizzazione per le visite. Dall’altro, nell’anno di grazia 2025, sarà sempre più difficile fare gli esami necessari.
(da editorialedomani.it)
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