IL 5 GIUGNO LA SVOLTA DI CASALEGGIO. “PARLAMENTARI IN RIVOLTAâ€
L’APERTURA AL PD E’ MATURATA NELLA RIUNIONE CON I CAPIGRUPPO DEL 5 GIUGNO ED E’ STATA TESTATA IN UN INCONTRO CON ORLANDO
«Abbiamo detto per mesi “o noi, o loro”. E ora che abbiamo perso, passeremo i prossimi quattro anni a dire ancora “o noi, o loro”?».
La svolta più clamorosa del Movimento matura così, dietro il doloroso interrogativo che dal 26 maggio scorso turba i sogni di Gianroberto Casaleggio.
Più che un dilemma filosofico, un problema di sopravvivenza politica.
La scintilla non scocca subito, però. Di fronte alla batosta elettorale, la prima reazione è scomposta, sgangherata. Il Maalox, l’accusa di brogli, le lunghe vacanze di Beppe. Tutto, invece, inizia a cambiare il 5 giugno scorso, nei saloni della Casaleggio associati.
Il guru ha di fronte i capigruppo di Camera e Senato. Sono preoccupati: «Gianroberto, la situazione è esplosiva. I parlamentari sono in rivolta, cercano un capro espiatorio. Bisogna fare qualcosa ».
È lì che il grillismo incomincia a cambiare pelle. Casaleggio sente Grillo, al comico interessa soprattutto mettere fine alla bulimia da talk show: «Ci danneggia».
Il resto della strategia è affidato all’approccio aziendale del cofondatore. E i tempi, dettati dalla disperazione, sono fulminei: «Sono imprenditore, so fare solo così».
I sondaggi del quartier generale vanno solo in una direzione, occorre mostrarsi disponibili al confronto.
Il terreno è quello della legge elettorale, anche se l’obiettivo è allargare il ragionamento all’intero dossier delle riforme. Non che la Casaleggio associati consideri davvero possibile accordarsi con il Pd. Anzi, l’obiettivo è quello di complicare la navigazione del governo.
Niente parolacce, comunque, nè blitz sui tetti o corride in Aula: questa diventa la linea. C’è da costruire il volto rassicurante del grillismo. «Facciamo politica», sintetizza il capogruppo Buccarella.
A Roma, però, la tensione fatica a stare negli argini.
I deputati litigano fino a tarda notte, in una riunione decisiva anche i due leader finiscono sul banco degli imputati.
Cambia pure lo staff della comunicazione. I capigruppo, allarmati, tornano a Milano. Recapitano bozze di ragionamento dell’ala moderata. Il guru prende nota, infine ordina la svolta.
La scelta, in perfetto stile manageriale, è quella di testare la novità . Un po’ in sordina, allora, i capigruppo del Movimento varcano la scorsa settimana il portone del ministero della Giustizia per incontrare Andrea Orlando.
Qualche ora e, venerdì scorso, il post sulla legge elettorale è ultimato. Resta fermo due giorni.
Si attende l’attimo giusto, arriva quando i grillini ritengono imminente l’incontro tra Renzi e Berlusconi.
Restano da valutare gli effetti sulla stabilità della galassia grillina.
I falchi, all’angolo, lamentano di non aver preso parte al momento decisionale. Neanche una mail, stavolta, annuncia la richiesta di incontro al premier. I dissidenti, per altre ragioni, sono perplessi: «Quando altri chiedevano a gran voce quanto ora sta accadendo — ragiona Walter Rizzetto — venivano additati come dissidenti e traditori. Non ero a conoscenza di queste nuove dinamiche, prendo atto che non ne abbiamo discusso assieme».
Chi sostiene invece il percorso è Danilo Toninelli, mente della legge elettorale grillina: «È un sistema innovativo, capace di garantire la governabilità e utile a contrastare efficacemente il voto di scambio».
Quanto alla rapida virata, spiega: «Abbiamo perso, ne prendiamo atto e Renzi diventa l’interlocutore».
Concetti indigeribili fino a qualche settimana fa, come rileva ironico il deputato Cristian Iannuzzi: «Svegliarsi la mattina e scoprire che è cambiata la linea politica del M5S non ha prezzo».
E la base? Sul blog del Fondatore si respira un clima euforico. Pochi i commenti contrari, tanti invece i post di giubilo.
L’ultima parola spetta però a Luis Orellana, epurato dal Movimento: «Dopo l’espulsione, gli insulti, le minacce di morte, ecco la conferma di essere ed essere stato sempre nel giusto».
Tommaso Ciriaco
(da “La Repubblica”)
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