IL CENTRODESTRA NON RIESCE A TROVARE UN ACCORDO NEMMENO SUL CANDIDATO IN FRIULI, FIGURIAMOCI SULLE PRESIDENZE DELLE CAMERE
LA SINTESI: BERLUSCONI E ‘ LA COPIA SBIADITA DEL LEADER CHE FU, SALVINI UN INCAPACE A GUIDARE UNA COALIZIONE CHE USA SOLO COME UN TAXI
Si può riassumere così, in modo un po’ gergale, ma efficace: il centrodestra non riesce a mettersi d’accordo neanche sul candidato di una piccola regione del Nord come il Friuli, dove si vota tra poche settimane, figuriamoci sulle presidenze delle Camere. Per non parlare del governo del paese.
E qualcuno questa considerazione l’ha fatta, in una tante nervose riunioni di queste ore.
Non è solo una questione di “metodo”, o meglio di assenza di metodo, a determinare la confusione dal Friuli in su: a chi spetta la Camera, a chi il Senato, chi incontra chi per tessere alleanze.
L’assenza di metodo è solo la punta dell’iceberg di un “pasticciaccio” ben più profondo. E non è un caso che, gira e rigira, si è arrivati al punto, proprio oggi.
Il punto lo ha esplicitato, con adamantina chiarezza, il professor Renato Brunetta, uno che, quando si arriva al dunque, non si sottrae dalla pugna per rifugiarsi in formule ambigue o nelle timidezze di circostanza.
Brunetta dice due cose.
Primo: “Salvini non è il leader del centrodestra, è semplicemente il leader del partito che all’interno del centrodestra ha avuto più voti e che sulla base delle regole che ci siamo dati ha il compito di fare, se riusciremo a farlo, il governo.
La leadership di una coalizione si conquista giorno per giorno con la condivisione e la pari dignità “.
Secondo: “Non sta nè in cielo nè in terra che Salvini sia candidato premier e ottenga la presidenza del Senato. O c’è collegialità e pari dignità o salta tutto”.
Parole che suonano come un warning ma anche, al tempo stesso, come un grido di dolore, da parte di un partito che, per la prima volta da cinque lustri, viene bistrattato e trattato con poca dignità da un leader, arrivato primo e autoproclamatosi leader di tutti.
E rivelano un enorme non detto in questa storia c’è: che cosa succede se Salvini rompe tutto, tirando dritto sulle presidenze in accordo coi Cinque Stelle, poi giocando a modo suo la partita del governo, ovvero del non governo, e magari arrivando a un punto in cui la scelta è tra la padella di un governo della Lega con i Cinque Stelle e la brace delle elezioni anticipate?
La risposta non c’è, perchè questa prospettiva terrorizza gli azzurri (e non solo) costretti ad affrontare questa fase in una condizione psicologica nuova: senza dare le carte e senza tanti margini di manovra, rispetto al gioco di sponda tra Di Maio e Salvini, perchè le due debolezze di Forza Italia e Pd non fanno una forza.
Andate a parlare con i colonnelli del leader della Lega per capire come sono cambiati i rapporti di forza. Fanno un ragionamento molto semplice. Questo: “In questa situazione una presidenza ci spetta e basta, vediamo se Camera o Senato. Dice Berlusconi: se ti prendi il Senato poi non puoi avere il premier pre-incaricato. E chi lo ha detto? Quando comandava lui e aveva i numeri, Berlusconi era a palazzo Chigi, Schifani Senato e Fini alla Camera, tutti del Pdl. Ora i numeri dicono che tocca a noi. Anche perchè il pre-incarico vai a vedere come va a finire. Una presidenza ci spetta, la prendiamo, poi si vede”.
È un po’ la famosa teoria che è meglio l’uovo oggi che la gallina domani. E che rivela quanto la prospettiva di formare un governo stia a cuore a Matteo Salvini.
Assai poco, perchè questo richiederebbe, da subito, una logica di coalizione e anche un lavoro per “allargare”, dal momento che i numeri non ci sono. Invece ognuno segue un suo schema, tutti parlano con tutti, non si capisce chi comanda, dove si decide, il ruolo dei singoli leader nell’alleanza.
E poi, parliamoci chiaro: Silvio Berlusconi è solo la copia sbiadita di quel che è stato e non è più, incapace di calarsi nella nuova situazione che si è creata, di prendere una iniziativa, di immaginare una mossa per il dopo voto dopo una campagna elettorale sbagliata, con un alleato-avversario più forte di lui che ha, definitivamente consegnato al passato la suggestione di un centrodestra berlusconi-centrico.
L’altra sera, durante il vertice, aveva mostrato apertura ai grillini quasi spingendosi a prospettare un governo di tutti, il giorno dopo ha dichiarato che li caccerebbe dalla porta.
Voi capite che è assai difficile ravvisare in questi cambi repentini la lucidità di una tattica o la coerenza di un pensiero. Piuttosto, e chi lo conosce bene se ne duole, certificano solo che, diciamo così, il tempo passa. Quella vecchia volpe di Ignazio La Russa ha capito dopo il vertice che, andando avanti così, si rischia davvero di favorire che, in mancanza di alternative, si creino le condizioni per l’abbraccio tra Salvini e Di Maio.
Si sa come vanno certe cose in politica: cammin facendo, ci si prende gusto e ciò che oggi è tattica per spaventare gli altri domani può diventare strategia in assenza di alternative.
E per sparigliare ha candidato per la presidenza della Camera Giorgia Meloni.
Un nome assolutamente spendibile, anche a giudizio di parecchi del Pd, lasciato cadere — almeno per ora – da Forza Italia, dove l’argomento del giorno era il candidato in Friuli.
Neanche lì c’è l’accordo, figuriamoci sul resto. Un pasticciaccio, anche abbastanza brutto.
(da “Huffingtonpost”)
Leave a Reply