IL CONSIGLIERE REGIONALE LEGHISTA CHE INSULTA LE DONNE: “IN SICILIA GIUNTA SENZA DONNE? CONTA IL CERVELLO”
SCOPPIA LA RIVOLTA SUL WEB… MA SE CONTA IL CERVELLO CHE CI FA UNO COME TALE FIGUCCIA IN REGIONE?
Quando il 31 dicembre hanno sentito in tv lo sproloquio di un deputato siciliano che minimizzava l’assenza di assessori donne nella giunta regionale di Nello Musumeci, dieci amiche di vecchia data si sono attaccate al telefono per chiedersi a vicenda se avevano sentito bene.
Sconcertate perchè in effetti al neo leghista Vincenzo Figuccia la frase era scappata di bocca e di senno: «Ciò che conta non è ciò che gli assessori hanno in mezzo alle gambe, ma ciò che hanno in mezzo alle orecchie…».
Nella grigia nottata di Capodanno anche questo botto rischiava di passare inosservato, quasi potesse essere considerato linguaggio comune e normale.
Ma le «magnifiche dieci» hanno cominciato a chattare moltiplicando sui social uno sdegno adesso tradotto in migliaia di like, 1.600 adesioni e, oggi, in una pubblica assemblea.
In digitale, come vuole il tempo che viviamo. Ma con un appello che richiama il leit motiv del Maggio francese. Nel Sessantotto si diceva Ce n’est qu’un dèbut…. E adesso nel 2021 «le siciliane», come già si fanno chiamare, agitano l’hashtag: «Non è che l’inizio…». Trasformando la rivendicazione in un atto d’accusa: «Per la politica non esisto».
Dall’architetta alla pensionata
Il grido di battaglia, già esteso a 6 mila firme raccolte dalla Cgil, è partito da una insegnante d’arte come l’architetta Mila Spicola, da operatrici sociali impegnate in quartieri difficili come lo Zen, Mariangela Di Gangi e Alessandra Notarbartolo, da una progettista, Maria Pia Erice, da una musicista come Serena Ganci che compone per Emma Dante. Ma hanno risposto a valanga semplici casalinghe, una maestra in pensione di 81 anni, una quarantenne che si qualifica «label manager«, una specializzanda in medicina. Con gioia delle promotrici.
Compresa una ragazza di colore nata a Palermo, Aissetou Jaiteh, sarta disoccupata con genitori arrivati dal Gambia, emigrata a Berlino in cerca di lavoro, decisa a tornare nella «sua« Sicilia. Sempre in contatto con le sue amiche, compresa Lucia Lauro, una montagna di riccioli, un futuro offerto ai ragazzi del carcere minorile con la cooperativa dei dolcetti venduti online, «Cotti in fragranza», poi arruolati come camerieri nella trattoria di fronte alla Cattedrale, «Al fresco».
La doppia preferenza che non c’è
Ecco la Sicilia viva che contesta lo sproloquio e rivendica un ruolo, come scrivono negli appelli che volano sui social: «Qui non esiste ancora doppia preferenza di genere». Non a caso dei 70 deputati all’Ars appena 14 sono donne. Tema sul quale riflette lo stesso Musumeci chiedendo almeno alle forze politiche della sua maggioranza di centro destra di indicare volti femminili per la giunta. Partita aperta.
Questione antica anche se in passato da Raffaele Lombardo e Rosario Crocetta le donne assessore non mancavano. Anzi, il predecessore di Musumeci arrivò a 6 donne in giunta su 12 assessori. Poi le quote rosa sono state dimenticate, come sottolinea Mila Spicola concentrandosi su un problema più generale: «Il vero dramma è che otto donne su dieci qui non lavorano e che la pandemia ha ingrandito i problemi della donna fra scuole chiuse, assenza di asili nido, mancanza di assistenza agli anziani, un welfare mai realizzato, violenze domestiche…».
L’assemblea online «per cominciare”
Una somma di sfoghi emerge dai post raccolti da Mariangela Di Ganci e Alessandra Notarbartolo decise come Lucia Lauro a tradurre lo sdegno in proposta: «Che ce ne facciamo di tutta questa bellezza se non la trasformiamo in qualcosa di duraturo?». Quesito che riecheggerà domani online, mentre già serpeggia il dubbio di una ricerca di approdo politico per «Le Siciliane». Smentito dalle interessate perchè non sarebbe questo il siculo replay delle «Sardine»: «Vogliamo solo fare sentire la nostra voce, guadagnando visibilità per le scelte civiche e ottenendo quel che spetta alle donne».
Impegno da discutere partendo dalla frase di Figuccia, a sua volta convinto di essere stato male interpretato: «Una polemichetta radical chic che rivela un’ipocrisia generalizzata…». Ma vorrebbero andare ben oltre le promoter della ribellione: «La vera volgarità è il clima di normalità con cui è stata accolta quella frase. Quasi nessun politico è insorto e ha stigmatizzato. Uomini e donne. Il dramma è questa normalità . Lui, Figuccia, sparirà dalla scena come la prima comparsa di un film, il problema è quello che c’è dietro. Ed ora partiamo dall’assemblea. Siciliane è solo l’inizio».
(da “il Corriere della Sera”)
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