IL DOPPIO GIOCO PER PROSCIUGARE FORZA ITALIA
SALVINI RASSICURA ARCORE MA BENEDICE LA SCISSIONE DI TOTI… LA RIUNIONE DI TOTI CON I PARLAMENTARI FORZISTI… L’ITALIA E’ LA PATRIA DEI TRADITORI E DEI BABBEI
C’è un motivo se Silvio Berlusconi ha spiegato ai suoi, parlando dell’eventualità del voto: “Ho parlato con Matteo. Lui sa che ha bisogno dei nostri voti al Sud, i rapporti tra noi sono ottimi”. E c’è un motivo se Giovanni Toti, il suo ex delfino che sta per mettersi in proprio, giovedì pomeriggio ha spiegato a un gruppo di parlamentari di Forza Italia, riuniti nella sede romana della regione Liguria: “Dobbiamo stare pronti per quando si vota, che non penso sarà a breve, e creare il nostro contenitore moderato, alleato con Salvini, perchè è chiaro che non si alleerà mai più con Berlusconi”.
La politica è anche gioco su più tavoli, simulazione e dissimulazione.
E Salvini deve averne imparato tutte le malizie in questa manovra tesa a rassicurare Berlusconi, dando al tempo stesso mandato a Toti di asfaltare Forza Italia.
Ha parlato sia col primo che col secondo, ma è col secondo che si è confrontato sul punto vero. E cioè che nelle sue intenzioni, per come lo abbiamo conosciuto, il centrodestra non c’è più, ma il come sarà è ancora un cantiere aperto.
Andare da solo è un rischio, con questa legge elettorale, ma nel novero delle ipotesi non c’è neanche un tandem tutto sovranista con Giorgia Meloni perchè avrebbe un effetto troppo legittimante su alleato che vive come un potenziale rivale, capace di erodere un pezzo di elettorato di destra-destra.
È un elemento non di poco conto, il “come” presentarsi al voto, in questa riflessione solitaria del capo della Lega, di fronte a un partito, il suo, che lo pressa per “rompere subito”.
Ed è proprio il terminale di tutte le trame, Giancarlo Giorgetti, che parlando con qualche vecchio amico, ha così vaticinato: “Al 50 per cento il governo cade entro un mese, al 100 per cento si vota entro marzo dell’anno prossimo”.
Non è un mistero che, fosse per lui, la crisi si dovrebbe aprire domani. Ma in quel 50 per cento per cui il governo va avanti c’è anche il vero punto di discrimine tra Salvini e i suoi, che non vivono in modo così urgente il problema Berlusconi.
Alla riunione con Toti, quella vecchia volpe di Francesco Aracri, ex An, una macchina di voti nel Lazio, ha capito bene il tratto dell’uomo che ha in mano in paese: “Quello (Salvini, ndr) culturalmente è un grillino di destra, che col centrodestra non c’azzecca niente. Pensa che l’alleanza con i Cinque Stelle in questo anno gli ha dato una patente di novità e presentabilità politica. Del resto, finchè cresce…”.
Che è poi la tesi che ripete Stefano Buffagni ai parlamentari pentastellati che vivono le urne anticipate come i tacchini vivono il Natale: “Matteo sa che se torna con Berlusconi perde voti, e non vi vuole tornare, mica i sondaggi li abbiamo solo noi. Per questo non dobbiamo dargli alibi”.
È proprio quel che sta accadendo. Ne hanno piena consapevolezza anche ad Arcore, dove è rientrato l’allarme da elezioni anticipate, scattato un paio di settimane fa: “Quelli gli stanno facendo passare tutto pur di chiudere la finestra elettorale di luglio, non gli danno occasione per un incidente”.
Nell’euforia delle chiacchierate degli ultimi giorni, con Salvini e con Giorgetti, il Cavaliere si sente tornato al centro del gioco, sottovalutando l’imminente scissione del suo partito.
Alla riunione nella sede della Regione Liguria c’erano parecchi parlamentari di Forza Italia, almeno una quindicina: il pugliese Luigi Vitali, il campano Franco Cardiello, qualcuno vicino a Gaetano Quagliariello, tre-quattro lombardi meno noti, pronti a seguire il governatore della Liguria nel suo strappo, ormai annunciato, nell’iniziativa del 6 luglio: “Ci sarà — ha detto Toti mostrando gli elenchi – un mare di gente. Consiglieri regionali, sindaci… La consapevolezza che lì dentro è finita è diffusa”.
È una decisione maturata, proprio perchè condivisa con Salvini, che prescinde da tutta la discussione dentro Forza Italia, su congresso, regole, coordinatore primarie, perchè, al netto di tutto, il punto è che dentro Forza Italia non è in discussione la leadership di Berlusconi e quella leadership impedisce un dialogo su basi nuove con Salvini: “Ma siamo seri — ha detto Toti – non è che facciamo le primarie per scegliere il maggiordomo di Arcore. Le primarie sono per un progetto politico, per un leader che ha piene deleghe, che deve essere percepito interprete di un progetto serio alle spalle”.
Il logo Italia in crescita vuole espressamente evocare quello di Macron Republique en marche, da mettere in campo prima che analoghe iniziative vengano prese sull’altro fronte da Calenda o chi per lui.
E il modo in cui Berlusconi ha impostato il congresso del suo partito, tutto fondato sula cooptazione, deve aver accelerato la frana se Giovanni Toti ha raccontato di aver avuto qualche scambio anche con la Carfagna: “Un po’di idee di Mara coincidono con le nostre. Si è smarcata, adesso vediamo dove porta il suo malessere. Se resta lì è la migliore dei peggiori, se viene con noi costruisce qualcosa di nuovo”.
Lo schema del 6 luglio sarà il lancio di una costituente, aperta, tutta fondata sulle primarie, da offrire alla Meloni e a chi ci sta di Forza Italia e valutare le risposte che arrivano. Se, come presumibile, nessuno scioglierà l’esistente per la nuova avventura comunque il movimento andrà avanti per dare, come dicono da quelle parti, copertura “a sinistra” a Salvini. O al “centro”, se preferite. Comunque l’ennesimo tavolo su cui giocare, simulando e dissimulando, in questo gioco che ruota tutto attorno a tutto a lui.
(da “Huffingtonpost”)
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