IL DRAGONE SI È ROTTO LE PALLE DI PUTIN? C’È UNO STRANO SEGNALE CHE ARRIVA DAI RAPPORTI COMMERCIALI TRA CINA E RUSSIA: IN QUESTI PRIMI MESI DEL 2025, LE ESPORTAZIONI CINESI VERSO IL PAESE DI “MAD VLAD” SONO CROLLATE (-10.9%) COSÌ COME LE IMPORTAZIONI (-3,9%)
NEGLI ANNI DELLA GUERRA IN UCRAINA IL LEGAME TRA I DUE STATI SI E’ RAFFORZATO, AIUTANDO PUTIN AD AMMORTIZZARE L’IMPATTO DELLE SANZIONI. MA ADESSO C’È UN’INVERSIONE DI MARCIA: SARÀ CHE XI JINPING HA CAPITO CHE DEVE MANTENERE BUONI RAPPORTI CON L’EUROPA
È emersa una sorpresa, quando pochi giorni fa l’agenzia doganale di Pechino ha comunicato i risultati del commercio con l’estero in questo primo scorcio di 2025. Per la prima volta da molto tempo, le esportazioni cinesi verso la Russia risultano crollate e anche gli acquisti dalla Russia sono scesi in modo decisamente drastico. L’export cinese verso il Paese di Vladimir Putin si è ridotto del 10,9% nei primi due mesi dell’anno rispetto allo stesso periodo del 2024; quanto alle vendite russe, il calo in gennaio e febbraio è del 3,9% rispetto a dodici mesi prima.
L’equilibrio che si era formato durante i tre anni della guerra totale in Ucraina non funzionava così. Semmai funzionava al contrario. La Cina aveva aumentato le forniture verso la Russia, aiutandola ad aggirare ed ammortizzare l’impatto delle sanzioni dell’Europa e degli Stati Uniti: il fatturato era salito da 67 miliardi di dollari nel 2021 a 115 miliardi nel 2023, in crescita continua. Nel frattempo, la Russia aveva potuto vendere alla Cina buona parte del petrolio e qualcosa del gas che le
democrazie non comprano più.
Adesso c’è una prima inversione di marcia, netta. È possibile che sia solo una scossa di aggiustamento in un’amicizia che – secondo la definizione di Xi Jinping offerta a Putin subito prima della guerra – «non conosce limiti». Però forse no. È difficile che i flussi commerciali cinesi non riflettano anche scelte politiche, specie quando cambiano così bruscamente. Pechino si sta stancando della Russia, teme di finire compromessa e catturata nelle politiche di aggressione armata di Putin?
È probabile che un primo ripensamento sia indotto dai dazi supplementari prima minacciati e poi imposti contro la Cina (al 20%) dalla nuova amministrazione di Donald Trump. Xi Jinping e l’intera classe dirigente di Pechino capiscono perfettamente che – di fronte alla crescente chiusura del mercato americano – hanno bisogno di mantenere buoni rapporti con l’Europa e, se possibile, di migliorarli. In questo l’«amicizia senza limiti» di Pechino con Putin è senz’altro una palla al piede, perché estremamente malvista a Bruxelles e nelle altre capitali europee.
Al Cremlino questo aspetto non dev’essere sfuggito, perché il governo di Mosca sta facendo tutto il possibile per legare la Cina a sé a lungo nella violenta avventura ucraina. Dalle poche testimonianze che filtrano dal Donbass occupato, risulta per esempio che i russi hanno scelto di assegnare proprio ad alcune grandi aziende cinesi – fra queste Amma ?onstruction Machinery e Zhongxin Heavy Industry Machinery – gli appalti per lo sfruttamento delle cave e la conseguente fornitura di materiali per la ricostruzione di Mariupol distrutta dai bombardamenti del 2022.
(da agenzie)
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