IL FALLIMENTO DEL MINISTERO DELL’INTERNO: SALVINI NON SA PROTEGGERE NEANCHE IL FRATELLO DEL PENTITO UCCISO A PESARO
VIVEVA SOTTO PROTEZIONE IN UNA CASA PAGATA DAL VIMINALE, MA I KILLER LO HANNO UCCISO SENZA PROBLEMA PERCHE’ DI FATTO NON ERA PROTETTO
Era a Pesaro perchè sottoposto a un programma di protezione in quanto fratello di un collaboratore di giustizia Marcello Bruzzese, ucciso il giorno di Natale da 2 killer a volto coperto che gli hanno esploso contro 30 colpi di pistola mentre parcheggiava nel garage sotto casa.
La protezione cui la famiglia era sottoposta di fatto prevedeva un sostegno economico, ovvero casa e stipendio pagati dal ministero degli Interni a Marcello e al fratello Girolamo Biagio Bruzzese, pentito di ‘ndrangheta che cercò di uccidere il boss Teodoro Crea.
Marcello andò via per un po’ da Pesaro per tornarci di recente ma senza una vera protezione: il suo cognome appare anche sulla buca delle lettere dello stabile in cui abitava.
I magistrati di Pesaro e della procura Distrettuale antimafia di Ancona procedono contro ignoti per omicidio volontario premeditato con l’aggravante mafiosa.
La vittima, originaria di di Rizziconi (Reggio Calabria), era il fratello di Biagio Girolamo Bruzzese che aveva iniziato a collaborare con la giustizia nel 2003, dopo sette anni di latitanza e una condanna per omicidio. La vittima, Marcello, abitava da tre anni con la famiglia in un’abitazione del centro storico di Pesaro, pagata dallo Stato.
Aveva vissuto anche in Francia proprio per sfuggire a una possibile vendetta delle cosche. Per lui era stato mantenuto il nome originario, senza cambio d’identità . Non aveva un lavoro e riceveva un sussidio dal ministero dell’Interno.
La collaborazione con la giustizia di Girolamo Bruzzese era iniziata subito dopo un agguato da lui compiuto: aveva sparato alla testa del boss Teodoro Crea, che sopravvisse alle ferite. Credendolo morto Bruzzese decise di costituirsi.
La dinamica dell’omicidio, stando alle ricostruzioni, è quella della tipica esecuzione mafiosa. Due killer incappucciati hanno atteso Bruzzese sotto casa, in una stretta via del centro storico.
La vittima ha parcheggiato la sua auto in garage, quindi è stato raggiunto da una raffica di proiettili calibro 9. Almeno una trentina, secondo gli inquirenti che conducono le indagini, di cui almeno quindici andati a segno. I sicari sarebbero fuggiti a piedi.
Il ministro dell’Interno Salvini non ha rilasciato dichiarazioni sull’accaduto.
Nella mattinata di oggi, 26 dicembre, ha postato sui social una sua foto in cui è ritratto mentre mangia pane e Nutella.
Lo scatto ha suscitato l’indignazione dell’opposizione. “Domani presenterò una interrogazione a Salvini sui fatti di Pesaro. Ciò che è successo è gravissimo”, ha scritto su Twitter la deputata dem Alessia Morani. “La protezione dei pentiti e dei loro parenti è fondamentale per combattere le mafie. Oggi invece ci svegliamo e leggiamo che c’è stato un morto a Pesaro. Il Ministro degli Interni che si fa selfie demenziali, per distrarre l’attenzione, ha paura e scappa dalle sue responsabilità “, ha scritto il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti.
Sulla vicenda è intervenuto il sindaco della città marchigiana, Matteo Ricci. In un post su Facebook ha spiegato che i cittadini di Pesaro, dopo un agguato in pieno stile mafioso avvenuto in pieno centro, sono sconvolti. Ha una serie di interrogativi che, assicura, al più presto rivolgerà alle autorità competenti: “Lo Stato per colpire ‘Ndrangheta si avvale dei collaboratori di giustizia, ed è giusto così. Ma non è giusto che una città venga sconvolta in questo modo. Quanti sono i collaboratori di giustizia a Pesaro? qual’e’ il livello di sicurezza richiesto? Cosa non ha funzionato ieri ? Sono solo alcune delle domande che rivolgerò domani ufficialmente a Prefettura e Ministero dell’Interno – si legge nel lungo post di Ricci – Già in passato Pesaro è stata sede di protezione per pentiti, ma ciò che è successo ieri è molto grave. Ora si creerà un’apprensione nuova e giustificata nella popolazione, stato d’animo che il Sindaco deve provare a interpretare. In questo caso non è Ndrangheta che è venuta a Pesaro (cosa sempre possibile purtroppo; come sappiamo la criminalità non ha confini ), ma è lo Stato che ha portato a Pesaro delle persone da proteggere dalla ‘ndrangheta, probabilmente perchè considera questo territorio più slegato da certi fenomeni criminali.
(da agenzie)
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