IL FUTURO DI EXPO CHE NESSUNO HA MAI PENSATO
RIPENSARE MILANO, MA COME?
Expo andava progettata partendo dal risultato finale: abbiamo 2,5 miliardi di euro pubblici da investire, dove li mettiamo? Per realizzare che cosa? Che parte di città risaniamo o costruiamo dal niente? Con quali funzioni? In vista di quale progetto di città ?
Sette anni fa, nel 2008, quando l’Italia vinse la gara internazionale, si poteva decidere di ripensare Milano, con gli investimenti di Expo.
Per costruire un’esposizione di sei mesi, ma soprattutto per rendere possibile un progetto per 600 anni.In altre città (Londra per le Olimpiadi) si è fatto così. Non a Milano.
La classe dirigente di allora ha guardato agli interessi di breve periodo: i politici interessati a gestire soldi e potere, gli imprenditori impegnati ad arraffare appalti.
Così Letizia Moratti e Roberto Formigoni hanno imposto (per la prima volta nella storia di Expo) di svolgere l’evento su un’area privata, comprata a caro prezzo (terreni agricoli che valevano 25 milioni sono stati acquistati con soldi pubblici a 160 milioni).
Nessuna idea di cosa fare dopo Expo.
Ora, a due mesi dalla fine dell’esposizione, siamo ancora qui a chiederci che cosa sarà di quell’area gigantesca (1 milione di metri quadri).
Nessun operatore privato si è presentato alla gara per comprarla, al prezzo di 314 milioni, improponibile in tempi di crisi immobiliare e con già un milione e mezzo di metri quadri di terziario inutilizzati a Milano.
Con i gestori sull’orlo di una crisi di nervi, si è materializzato un santo che ha portato almeno un’idea e ha salvato Expo dal ridicolo: il rettore dell’Università Statale Gianluca Vago ha proposto di farne un polo scientifico-industriale.
Una buona idea — ce ne sono in molte parti del mondo, non in Italia— che potrebbe essere realizzata da un tris di soggetti.
Il primo è l’Università , che vorrebbe spostare sull’area Expo le facoltà scientifiche della Statale, tranne medicina clinica (che resta negli ospedali) e veterinaria (già spostata a Lodi): 200 mila metri quadri.
Il secondo è Assolombarda, il cui presidente Gianfelice Rocca ha proposto Nexpo, polo dell’innovazione che si potrebbe realizzare trasportando lì aziende hi-tech piccole e grandi (Microsoft, Cisco, Ibm,Alcatel,Accenture…) :meno di 100 mila metri quadri.
Il terzo è il Demanio, che si è detto interessato a concentrare sull’area Expo la cittadella della pubblica amministrazione, a partire dall’Agenzia delle Entrate: 100 mila metri quadri.
Restano da allocare altri 100 mila metri quadri, accanto ai 500 che diventeranno un grande parco.
Ma come passare dalle idee alla realizzazione, in soli due mesi (dopo aver perso sette anni)?
Il rettore Vago ha posto in maniera drammatica due problemi: governance e tempi.
Gianni Barbacetto
(da “il Fatto Quotidiano”)
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