IL GIUSTO E IL POPOLARE
CASO FRANCIA: MEGLIO ALZARE L’ETA PENSIONABILE RAPPORTANDOLA ALL’INNALZAMENTO DELLE PREVISIONI DI VITA O NON AVERE PIU’ I SOLDI PER PAGARLE?
Strana vita quella dei politici, bisognosi di consenso per comandare, e bravi a comandare soprattutto quando di consenso non hanno più bisogno. Emmanuel Macron ne è l’esempio perfetto: si è avvalso dei superpoteri costituzionali per varare la legge d’innalzamento da 62 a 64 anni dell’età pensionabile, e nonostante il settanta per cento del Parlamento sia contrario e mezza Francia manifesti in piazza (noto con sollievo che il senso del tragico, e probabilmente del ridicolo, non è evaporato soltanto in Italia: in aula destra e sinistra hanno cantato insieme la Marsigliese; andare in pensione due anni dopo pare sia la nuova Bastiglia).
Secondo i giornali francesi, Macron non s’è mosso con perizia, se li è messi tutti contro e ora la sfiducia – sarebbe la prima volta nella storia della Quinta repubblica – è improbabile ma non impossibile.
Ma chi gli chiede di ripensarci poiché l’opposizione di palazzo e di strada è ampia e furente, non tiene conto che Macron non ha bisogno di consenso, non potendo più essere rieletto, e i suoi avversari sì, e infatti se la giocano alla grillina accusando il presidente di essere al soldo di capitale e plutocrati.
Macron è persuaso che se i francesi non andranno in pensione due anni più tardi, la baracca presto o tardi verrà giù sotto il peso di un welfare esorbitante. E solo i bravi leader fanno il giusto anziché il popolare. Anche perché il popolo, si dovrebbe ormai sapere, è l’unico dotato di immunità. Se Macron si arrendesse e fra dieci anni i conti andassero gambe all’aria, nessuno imputerebbe la colpa alla folla coi forconi sotto l’Assemblée nationale, ma a un capo pavido e miope.
(da La Stampa)
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