IL GOVERNO ORA DEVE SBLOCCARE I CONTRATTI STATALI, SERVONO ALMENO 4 MILIARDI
CON IL BLOCCO GIUDICATO ILLEGITTIMO DALLA CASSAZIONE, OGNI LAVORATORE HA PERSO IN MEDIA IL 10% DELLO STIPENDIO IN 5 ANNI, PARI A 4.800 EURO
Col blocco dei contratti esteso anche al 2015 in media un lavoratore del settore pubblico in cinque anni ha perso ben 4800 euro di stipendio.
Una perdita che viaggia attorno al 10% della busta.
Per questo si capisce bene perchè dipendenti dello Stato, di comuni e regioni, quelli delle Asl e dei tanti enti pubblici siano inferociti e tante sigle sindacali abbiamo presentato ricorso alla Consulta: dal 2010 il rinnovo dei contratti è bloccato, sono bloccati pure premi individuali, incentivi e scatti di anzianità .
Questi ultimi, a breve, nella scuola verranno sostituiti con aumenti legati al merito (e limitati al 66% del personale).
Poi, come se non bastasse, da quest’anno pure la liquidazione viene erogata a fatica: da quest’anno lo Stato si prende più tempo per versare il trattamento di fine servizio che, a seconda degli importi, può avvenire in due o tre rate.
E ovviamente di tfr in busta paga, come prospettato per i lavoratori privati non si parla.
Ma a pesare sono soprattutto i mancati aumenti legati all’inflazione: il grosso degli oltre 3 milioni e 300 mila dipendenti pubblici si colloca in una fascia compresa tra i 2000 ed i 4500 euro.
Se si prendono in considerazione i quattro anni compresi tra il 2010 ed il 2104, secondo stime della Cisl, nel settore della scuola si sono persi in media 2.838 euro lordi, 3082 nei ministeri, 3800 negli enti di ricerca e 4686 negli enti pubblici non economici come Inps, Inail, Istat o Aci.
Ovviamente più si sale la scala gerarchica e più il blocco pesa: per la dirigenza di prima fascia degli enti pubblici non economici, dove in media si registra il livello più alto di stipendi, a tutto il 2014 il “buco” arriva a circa 21.200 euro, i medici del servizio sanitario nazionale in quattro anni hanno invece perso circa 7.550 euro, i docenti universitari tra i 4500 ed i 9500 euro a seconda dell’inquadramento.
Solo i redditi più bassi hanno potuto compensare in parte i mancati aumenti per effetto del bonus da 80 euro che però, oltre ad essere erogato solo a partire da quest’anno, copre solo una parte del mancato recupero dell’inflazione.
Un dipendente con una busta paga che nel 2010 era pari a circa 17mila euro lordi quest’anno per effetto dei rinnovi sarebbe salito a quota 18.600 euro (e a 18.800 il prossimo anno).
Il bonus gliene mette in tasca 960 a fronte di una perdita di 1600, con un saldo negativo di oltre 700 euro.
Secondo stime del Sole 24 ore il blocco dei contratti sino a tutto il 2014 ha comportato per i dipendenti pubblici un sacrificio pari al 10,5% dell’attuale stipendio di riferimento, ed il costo salirà al 14,6% se la macchina dei contratti non dovesse ripartire sino al 2017.
Il blocco dei contratti produce anche un altro effetto: chiude definitivamente la forbice tra le retribuzioni pubbliche, tradizionalmente più ricche, e quelle private.
Secondo l’ultimo rapporto dell’Aran, l’agenzia che si occupa della contrattazione nel pubblico impiego, nel 2010 la retribuzione contrattuale media pro capite per impiegati e quadri pubblici era paria 27.472 euro lordi contro i 25.531 del privato.
Nel 2013 lo scarto si era già ridotto a meno di 500 euro: 27.252 nel pubblico contro 27.004 nel privato.
Anche secondo le ultime stime della Cgia di Mestre, invece, i cedolini dei dipendenti pubblici, in media, sarebbero più ricchi di circa 2mila euro all’anno.
Allo Stato, ovviamente, conviene tirare la cinghia, perchè il monte salari dei dipendenti pubblici pesa in maniera considerevole sui conti. Dopo la spesa per le pensioni è l’uscita più consistente.
Il risparmio ottenuto tra il 2010 ed il 2014 cumulando blocco degli aumenti e blocco del turn over ammonta infatti a circa 11,5 miliardi di euro e porta il costo complessivo del lavoro dipendente a quota 161,9 miliardi di euro (10,1% del Pil) rispetto ai 172 miliardi del 2010.
Invertire la tendenza? Per sbloccare i contratti servono molte risorse, che però ora dopo la sentenza della Corte costituzionale il governo dovrà in qualche modo iniziare a reperire perchè proseguire col blocco è illegittimo.
Ogni punto di inflazione riconosciuto ai dipendenti pubblici vale all’incirca 1,5 miliardi e quindi una eventuale nuova tornata di rinnovi richiederebbe per questo ed i prossimi due anni uno stanziamento di partenza iniziale pari ad almeno 3-4 miliardi di euro se si considera che per quest’anno è prevista un’inflazione programmata pari allo 0,3% ma che poi già dall’anno prossimo salirà all’1% per poi crescere ancora nel 2017.
Paolo Baroni
(da “La Stampa”)
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