IL M5S SPACCATO, ORA LA SCISSIONE E’ POSSIBILE: SU DRAGHI COSTRETTI A PRENDERE TEMPO
SENZA IL VOTO DEL M5S (SE IL CENTRODESTRA, OLTRE AL PD, NON LO APPOGGIA) DRAGHI NON HA I VOTI IN PARLAMENTO
“Ci siamo legati mani e piedi al nome di Conte, uno che non è dei nostri e che al dunque non si è mai sbilanciato per noi, e siamo andati a sbattere”. Mario Draghi è stato appena convocato al Quirinale per mercoledì a mezzogiorno, il Movimento 5 stelle sbanda, si rattrappisce su veleni e litigi interni, è afono rispetto a una scelta che disorienta tutti.
Dal mattino il pessimismo era diffuso, ma non fino a questo punto, almeno dal punto di vista dei 5 stelle. Si pronosticava un supplemento di esplorazione, si facevano conti e ragionamenti su un nuovo giro di consultazioni che dovesse individuare un premier alternativo.
“Abbiamo difeso ad oltranza alcuni dei nostri che sono indifendibili – si sfoga a sera un parlamentare – la partita era difficile, ma così ci hanno mandato a sbattere su Draghi, è una catastrofe”.
Il premier è chiuso nel suo bunker a Palazzo Chigi, nello studio che dovrà abbandonare a breve, nella giornata più nera. Aveva coltivato con convinzione il progetto di rimanerci, prima con i responsabili, un’operazione goffa e condotta con approssimazione, con i pontieri finiti oggi sotto tiro, primo fra tutti Riccardo Fraccaro, considerato da tanti dei suoi inadatto a svolgere quel compito.
Poi con un ritorno verso Renzi, per un’intesa che giudicava in salita, ma non così in salita, al punto che anche il presidente uscente, come tanti in maggioranza, si è convinto con il passare delle ore che tutto fosse studiato sin dall’inizio, che quella di Italia viva è stata un’operazione che voleva arrivare esattamente lì.
A Draghi, o a chiunque fosse stato scelto per guidare il paese dopo il grande strappo.
“Per lui è lo scenario peggiore – commenta un pentastellato di rango – perchè il suo piano B era il voto”.
Il ragionamento prosegue così: “Non ha un partito, perchè non è del M5s, non sta in Parlamento, due anni sono lunghi, rischia di finire nel dimenticatoio”.
Il credito maturato da Conte dalle parti dei 5 stelle è tale che nessuno, almeno a caldo, ipotizza che si possa mettere a lavorare per minare l’operazione Draghi, perchè sarebbe un po’ come boicottare Sergio Mattarella, e nessuno vede quello che a breve tornerà a essere un professore della facoltà di Legge di Firenze nei panni del rottamatore.
Ma è evidente che la sua aura ha iniziato a contrarsi dal momento esatto in cui il Colle ha sancito che il tempo per giochi, mercanteggiamenti, contratti e trattative era finito. “Siamo morti, oggi siamo morti non per sostenere le ragioni che ci hanno portato qui, ma per sostenere Conte” si sfoga un esponente del governo.
Gli irriducibili bombardano il prossimo premier incaricato. Alessandro Di Battista, caustico: “L’apostolo delle èlite”. Elio Lannutti, complottista: ““Draghi sul Britannia: il discorso dell’inizio della fine dell’Italia. Nel 2011 Monti. Oggi Draghi. Non governerà col mio voto”. Luigi Colletti, pragmatico: “Governo tecnico? Non con il mio voto. Meglio, le elezioni”. Luigi Gallo, evocativo: “Nessuna fiducia ad un governo tecnico. Quando gli italiani hanno avuto questa esperienza sono rimaste le ferite vive per un decennio sulla pelle di generazioni tra esodati e giovani senza futuro”.
I vertici tacciono, e tacciono ancora, al punto che a tarda serata, oltre a quella dei pasdaran, i 5 stelle non aveva ancora una linea, nessuna, di alcun tipo. “È un capolavoro dei tre che hanno gestito tutto, Bonafede, Fraccaro e Crimi”, è il durissimo attacco di un membro dell’esecutivo, che testimonia il clima interno, in bilico tra l’implosione e la deflagrazione.
Va avanti: “Crimi è un capo politico che nessuno ha voluto, si è auto prorogato e comunque è scaduto il 31 dicembre. Non aveva titolo per condurre la trattativa”. I pasdaran sono per il no, i contiani si riscoprono già draghiani.
Giorgio Trizzino, tra i parlamentari più vicini al premier che sta spolverando la campanella: “Ascoltiamo Mattarella e seguiamo le sue decisioni”.
Il silenzio radio dei vertici prosegue, per domani è stata convocata un’assemblea che si prospetta un Vietnam. Questa è la volta che vi spaccate per davvero? “Molto probabile”, taglia corto e preciso un uomo della squadra di governo. “Non credo che appoggeremo Draghi”, pronostica un suo collega.
Ma con voi, la Lega e Fratelli d’Italia fuori non avrebbe i numeri, l’obiezione. “Appunto”.
(da “Huffingtonpost”)
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