IL METODO PUTIN: O VAI IN TRINCEA O MUORI. IL 19ENNE RUSSO ARTYOM ANTONOV È STATO UCCISO DAL SUO TENENTE PER ESSERSI RIFIUTATO DI ARRUOLARSI PER COMBATTERE IN UCRAINA
IL RAGAZZO È STATO PICCHIATO, TORTURATO E POI GIUSTIZIATO CON UN COLPO DI PISTOLA ALLA FRONTE – IL WEB È PIENO DI TESTIMONIANZE DI “AZZERAMENTI”, TERMINE UTILIZZATO IN RUSSIA PER L’UCCISIONE DI UN SOLDATO DA PARTE DI UN SUPERIORE. CHI NON VIENE UCCISO, VIENE SPEDITO IN ATTACCHI SUICIDI CHE L’ESERCITO RUSSO PRATICA QUOTIDIANAMENTE NEL DONBASS
«Azzeramento». Si chiama così, «obnulenie» nel gergo dell’esercito russo, l’uccisione di un soldato da parte di un superiore. Artyom Antonov è stato ridotto a zero il 21 ottobre, durante una esercitazione al poligono Ilyinsky della 60sima brigata di fucilieri motorizzati, nell’Estremo Oriente, ufficialmente per «violazione delle regole dell’utilizzo delle armi» da parte di un tenente.
Quando la sua famiglia nel villaggio di Verkhny Uslon, nel Tatarstan, ha aperto la bara nella quale il corpo del 19enne Artyom aveva viaggiato per più di ottomila chilometri, ha visto non soltanto il foro della pallottola in fronte, ma anche segni di mostruosi lividi sulle braccia e sulle spalle. I suoi compagni di caserma dicono che era stato picchiato, minacciato con le armi, lasciato senza cure mediche e costretto a turni di guardia per otto giorni di fila: tutte pressioni per essersi rifiutato di firmare il contratto per arruolarsi a combattere in Ucraina.
«Siamo tutti convinti che sia stato giustiziato per il suo rifiuto», ha detto una parente del ragazzo al sito Vazhnye Istorii. Artyom aveva ricevuto la chiamata per la leva soltanto quattro mesi prima, contava di tornare dopo un anno in caserma dalla sua fidanzata e di provare a trasferirsi a Mosca per dedicarsi alla sua grande passione, la fotografia.
I suoi compagni di leva raccontano invece una storia di resistenza tenace ai superiori che volevano spedirlo in guerra. Formalmente, i soldati di leva non rischiano l’invio al fronte, riservato ai «volontari» ben remunerati, ma nella realtà i russi disposti a farsi uccidere, anche in cambio di denaro, non bastano più, e le reclute di 18-19 anni vengono persuase o costrette a firmare il contratto.
Perfino i canali Telegram dei propagandisti del regime, per non parlare delle denunce di attivisti anti-guerra, sono pieni di testimonianze di «azzeramenti». Il colonnello Evgeny Ladnov, nome in codice «Pioniere», sparava personalmente alle gambe dei militari che non volevano marciare sulle linee ucraine, e rispediva in trincea i feriti, oppure ordinava di mitragliarli.
Ladnov è stato ucciso due settimane fa in Donbas e le autorità hanno dovuto chiudere i commenti sotto il suo necrologio, con decine di parenti dei soldati che lo insultavano come «assassino».
Decine sono le denunce inviate a Mosca, con tanto di video, delle mogli e madri dei militari del reparto 09332, dove i soldati vengono dichiarati «scomparsi» se non pagano il pizzo – per un congedo, per una medaglia, per non venire inviati in prima linea – ai comandanti. I riottosi che non vengono «azzerati» per mano dei comandanti sono spediti all’attacco in «assalti da macello», attacchi praticamente suicidi che il comando russo pratica quotidianamente nel Donbas, come denunciano anche i commentatori con la Z del sostegno alla guerra nel simbolo: la blogger Anastasia Kashevarova scrive che la durata media della vita di un arruolato al fronte è di 17 giorni.
Denunce che però finora non hanno cambiato nulla.
Il tenente 22enne che ha sparato «casualmente» ad Artyom Antonov è stato sospeso. Lo stesso Artyom è stato raccontato nei necrologi ufficiali come un giovane che ha «scelto di dare la sua vita per la patria». I suoi compagni conoscono la verità sulla sua morte, ma come dice sua zia, «stanno zitti, sono ancora nell’esercito, hanno paura di parlare, loro che sono ancora vivi».
(da La Stampa)
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