IL MODELLO GENOVA SBANDIERATO DAI SOVRANISTI: ECCO IL CIMITERO DELLA CASTAGNA TRA DEGRADO E DISSESTO
LA VISITA TRA OSSARI CROLLATI, CEDIMENTI STRUTTURALI E CINGHIALI: LE DENUNCE DEI CITTADINI INEVASE DA ANNI
Tombe distrutte dagli alberi abbattuti dal vento, ossari crollati, infiltrazioni, cedimenti strutturali praticamente ovunque, tracce di cinghiali che scavano tra i sepolcri monumentali.
Questo è quello che ancora una volta abbiamo visto attraversando il cimitero della Castagna, uno dei principali campisanti della città, all’interno del quale, no, non è sicuramente possibile riposare in pace.
Una visita, la nostra, – la terza in pochi anni – che parte dalla segnalazione di un nuovo crollo: un controsoffitto ha ceduto sotto il peso di una infiltrazione, obbligando la chiusura della galleria superiore di nord ovest.
“Non c’è nessuno avviso a riguardo – ci segnala una fiorista a cui ci rivolgiamo per chiedere una indicazione – questa mattina una signora, dopo aver comprato i fiori, è tornata pochi minuti dopo per restituirmeli, visto che non poteva accedere alla tomba del marito”.
Sulla situazione attuale del cimitero, la fiorista è categorica: “Non è cambiato nulla, anzi, forse la situazione è anche peggiorata – ci spiega – ci sono intere aree del cimitero che non sono più accessibili da tempo e ad oggi, transenne a parte, non si è visto fare nulla”.
Con questo “benvenuto” inizia il nostro breve viaggio all’intero di questi cimitero, dotato anche di una parte monumentale, che ospita i resti di personalità importanti per la nostra città, come Pietro Chiesa, Niccolò Barabino e Natalino Otto, insieme a numerose famiglie decisive per la storia di Genova, la cui memoria fu affidata – oggi diremmo ingenuamente – ai marmi del cimitero della Castagna, di fatto una “piccola Staglieno” del ponente genovese.
Oltre ai grandi, poi, decine di migliaia di cittadini “comuni”, il cui riposo eterno oggi è tutt’altro che assicurato.
Il tour dell’orrido
Salendo verso i settori più periferici il degrado ci accoglie già dai primi gradini, sconnessi e pericolanti. Ci dirigiamo subito verso i colombari di levante, interessati da un principio di frana da almeno una ventina d’anni. Tre anni fa avevamo trovato una vera e propria galleria dell’orrore, con casse rotte e resti umani alla luce del sole. Due anni prima avevamo incontrato lo stesso spettacolo. Oggi la situazione è pressoché rimasta invariata: ad essere state rinnovate sono solo le transenne, mentre qualche mano pietosa ha coperto o traslato i feretri più esposti.
Sono i loculi centenari o perpetui, acquistati nel dopoguerra quando ancora era possibile scegliere questa tumulazione. Del colombaro crollato non tutti i defunti hanno parenti o discendenti noti o in vita, e molti restano lì, in balìa degli eventi. Nel campo di fronte, dove vengono sepolti i resti non ancora consumati, sono disseminate le foto dei defunti, antiche e sbiadite, a testimoniarne la flebile presenza.
Il tour del degrado nel cimitero della Castagna
Poco distante la mandibola di un cinghiale ci anticipa quello che vedremo a breve. Salendo nella parte più antica e monumentale, il Boschetto Irregolare, la situazione peggiora, se possibile: molte sono le tombe dissestate, pericolanti, rotte. Alberi caduti ovunque bloccano i vialetti, sovrastano i sarcofagi su cui sono precipitati. Il selciato è totalmente ricoperto di terra, foglie, rami, funghi.
Ovunque segni del passaggio di cinghiali, con i classici solchi e “arature” che si diramano in mezzo alle sepolture, e talvolta ci finiscono dentro e da quei buchi emergono tracce di vestiti e tessuti. I marmi caduti riportano alla luce le bare, alcune in buone condizioni, altre marce, mentre da qualche cassa si intravede la miseria dei resti umani abbandonati agli elementi.
Torniamo indietro, scendiamo evitando la strada mattonata totalmente coperta da scivolosissimo muschio, e prima di uscire passiamo ancora una volta davanti ai colombari crollati. Incrociamo lo sguardo austero ma dolce di Lucia Carnelli, nata Dal Monte, venuta al mondo nel 1874 e morta chissà come nel 1945. Il loculo sotto il suo è vuoto, e nel buio si intravede la soletta interna alla struttura crollata. La bara della povera Lucia tutta sconquassata che fa capolino tra le macerie. Dallo “zetto” spuntano le tracce di vestiti. Poi il cranio, riverso in quella che sembra essere fango. Non indaghiamo oltre. “Non v’è più luce dove essi furono, tutto è sceso con loro nella gelida ombra“, recita laconicamente un epitaffio poco distante, le cui parole ci accompagnano in conclusione della nostra visita.
(da Genova24)
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