“IL MOVIMENTO RESTI PROGRESSISTA ALTRIMENTI DOVRÀ TROVARSI UN ALTRO LEADER”. CONTE REPLICA ANCHE ALLA SUA EX COCCA CHIARA APPENDINO CONTRARIA ALL’ALLEANZA COL PD (“I DEM CI STANNO FAGOCITANDO”)
CONTE: “NESSUNO VUOL FARSI FAGOCITARE DAL PD MA LA DENUNCIA DEL RISCHIO NON PUÒ COSTITUIRE DI PER SÉ UN PROGRAMMA POLITICO”… “LA SENSAZIONE DI ISOLAMENTO L’AVVERTE CHI PONTIFICA DAL DIVANO VAGHEGGIANDO UN ILLUSORIO RITORNO ALLE ORIGINI MENTRE HA RINUNCIATO DA TEMPO A VOTARE E PORTARE AVANTI IL PROGETTO DEL MOVIMENTO. L’ULTIMO GIAPPONESE RISCHIA DI ESSERE GRILLO”
«Da oggi a domenica i nostri iscritti potranno votare online e decidere quel che saremo. Abbiamo un obiettivo ambizioso, che culminerà con l’assemblea costituente di sabato e domenica: rigenerarci, scuoterci, dare nuove idee al Movimento, riaccendendo l’entusiasmo e facendo sentire tutti protagonisti del nuovo percorso. Nessuno lo ha fatto con coraggio e umiltà, come stiamo facendo noi».
Presidente Giuseppe Conte, prima lei deve fare chiarezza: cosa intende dire quando sostiene che “se sarà messo in discussione il percorso fatto finora” ne trarrà le conseguenze?
«Mi sembra evidente che se dalla costituente dovesse emergere una traiettoria politica opposta a quella portata avanti finora dalla mia leadership, mi farei da parte. Si chiama coerenza».
E qual è la traiettoria?
«Sia chiaro. Ci teniamo strette le radici, dalle quali discende la radicalità delle nostre battaglie. Ma nel 2021, raccogliendo centinaia di suggerimenti, ho elaborato e messo ai voti una carta dei principi e dei valori approvata a larghissima maggioranza dalla comunità degli iscritti. È un manifesto progressista che marca una distanza netta da questa destra che persegue la frammentazione dell’Italia, la mordacchia ai giudici, l’abbattimento degli equilibri costituzionali con una chiara deriva autocratica».
Lo rimetterà ai voti, insomma?
«Se questa scelta di campo progressista venisse messa in discussione, il Movimento dovrà trovarsi un altro leader».
L’indicazione porta a un’alleanza col Partito democratico.
«Su questo, la mia linea è stata molto chiara. Non ho mai parlato di alleanza organica o strutturata col Pd, non sarebbe compatibile con il dna del M5S. Ho sempre ragionato di un dialogo da coltivare con le forze del campo progressista per valutare intese, stando sempre attento a difendere la nostra identità e le nostre battaglie».
Chiara Appendino sostiene che rischiate di essere “fagocitati” da Schlein e dai suoi.
«Non possiamo avere paura di confrontarci anche con il Pd. Nessun iscritto al M5S aspira a lasciarsi fagocitare, ma la denuncia di questo rischio non può costituire di per sé un programma politico. Dobbiamo avere piuttosto l’orgoglio di rivendicare le nostre battaglie. Su alcune ci siamo battuti con tale tenacia da convincere altri partiti prima scettici: è successo anche con il Pd, che ha cambiato idea su salario minimo e jobs act. Poi, il nostro programma passa dal no alla guerra e alle armi in Ucraina, dalla denuncia della condotta criminale che il governo Netanyahu sta realizzando a Gaza, dalle battaglie dalla parte dei più poveri e indifesi contro il caro vita, dal bisogno di sicurezza anche per quelli che non vivono in quartieri non residenziali: su questo, il governo sta fallendo».
Con la leadership, in assemblea saranno messi in discussione anche il simbolo e il nome?
«Gli iscritti sono chiamati a decidere e hanno la possibilità di cambiare tante cose. Sì, ci sono quesiti dedicati al nome, al simbolo, alla figura e ai poteri del presidente».
E al garante.
«Anche i quesiti sul garante sono stati decisi dalla base. Io non ho mai inteso alimentare questo scontro. Sono sinceramente dispiaciuto che in questi mesi abbia attaccato il Movimento utilizzando toni e argomenti simili a quelli del sistema mediatico e politico dei nostri avversari. Non posso accettare che qualcuno, fosse pure il fondatore, ponendosi su una posizione sopraelevata, provi a zittire la comunità degli iscritti schiacciandola, subordinandola».
Spera o teme che Grillo venga al palacongressi di Roma?
«Non lo temo. Se dovesse venire, potrà partecipare liberamente all’assemblea».
Si sente l’ultimo giapponese, come ironizzava ieri il garante con un post dei suoi?
«Non mi sento isolato. Perché io ci metto sì la faccia, ma combatto le nostre giuste battaglie accanto a tanti appassionati attivisti. Forse la sensazione di isolamento l’avverte chi pontifica dal divano vagheggiando un illusorio ritorno alle origini mentre ha rinunciato da tempo a votare e portare avanti il progetto del Movimento. L’ultimo giapponese rischia di essere lui, ponendosi in contrasto con la comunità».
I suoi avversari interni possono far leva, ammetterà, sui numeri. Dal 15 per cento delle politiche 2022 siete passati al 9,9 delle Europee di quest’anno, fino alle soglie sotto il 5 delle tre regioni al voto questo mese. Come pensa di fermare l’emorragia?
«Un dato politico non va minimizzato: in Emilia-Romagna e Umbria le coalizioni di cui abbiamo fatto parte hanno vinto, fermando l’avanzata di Meloni. È innegabile che il M5S stia facendo molta fatica sui territori e dobbiamo capire perché questo accade da troppi anni. Per altro senza differenza se andiamo da soli o in coalizione, come comprovato dalle ultime elezioni».
Ecco, che spiegazione si è data?
«In un contesto di forte astensionismo, sicuramente è il voto di opinione sui territori, non collegato a strutture di potere e logiche clientelari, ad essere maggiormente penalizzato».
Non c’è via di scampo, insomma?
«Al contrario. Abbiamo costituito dei gruppi territoriali che hanno bisogno di tempo e dedizione per dispiegare la loro azione. Dobbiamo tornare ad ascoltare i bisogni delle comunità locali. E poi c’è la formazione delle liste, sulla quale dobbiamo essere più attenti: dobbiamo sperimentare nuove modalità di reclutamento, senza cadere nelle logiche clientelari che aborriamo».
A Roma invece battaglia comune con le opposizioni sulla manovra?
«È una manovra condizionata dal taglio di tredici miliardi l’anno firmato da Meloni in Europa, che si abbatte soprattutto su sanità e scuola, fondo per le disabilità, investimenti per il Sud e per l’industria dell’auto. Noi proponiamo uno scudo contro il caro vita e di recuperare risorse dal riarmo e dagli extraprofitti di banche e industrie delle armi».
Voterete Fitto e la commissione von der Leyen?
«È buio fitto in Europa, verrebbe da dire. Noi ci siamo già espressi rifiutando mercanteggiamenti e votando in modo coerente ai nostri principi».
Tanto si è detto sul suo rapporto con Trump. Cosa si attende dalla seconda presidenza del repubblicano?
«Troppo presto per fare previsioni. Ma sono preoccupato per la plutocrazia che sta prendendo forma nella democrazia americana. Aggravata dallo strapotere dei padroni del web che suscitano facili entusiasmi anche a casa nostra, ma esercitano una influenza nascosta sulle nostre esistenze».
(da La Repubblica)
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