IL PAPA A GENOVA E LA LEZIONE AI POTENTI: ESISTIAMO PER SERVIRE
PAPA FRANCESCO HA RICORDATO A TUTTI CHE SENZA AMORE E SOLIDARIETA’ QUESTO MONDO NON PUO’ PIU’ ANDARE AVANTI
Le cose, a volte, accadono per caso: ed è comunque difficile capire sino in fondo quanto negli eventi sia programmato, quanto casuale, quanto legato a contingenze inaspettate.
La visita di papa Francesco a Genova è caduta in un momento molto denso della vita sociale e civile d’Italia e, si può dire, del mondo. Una giornata particolare all’interno di una settimana senza dubbio non ordinaria ma il bilancio del quale non è stato lusinghiero.
Si è appena chiusa la “Tre-Giorni” mozzafiato forse ma non granchè conclusiva di Donald Trump, fra Riad, Gerusalemme e Roma, con argomenti come la lotta al terrorismo, le prospettive di pacificazione del Vicino Oriente, i pericoli nucleari, il ruolo di Gerusalemme rispetto allo stato d’Israele, l’eterna questione palestinese: e non è mancato chi, senza dubbio non senza un certo azzardo, ha ipotizzato che dietro l’atroce attentato di Manchester e dietro il massacro dei copti egiziani si possano leggere altrettante e tempestive repliche jihadiste alla dichiarazione di “guerra al Terrore” pronunziata a Riad dal presidente degli Stati Uniti dinanzi a un’assemblea di sceicchi dal volto non meno impenetrabile dei loro autentici sentimenti e delle loro vere intenzioni. Poi, mentre papa Bergoglio si accingeva a raggiungere Genova, ecco il summit G7 di Taormina con le sue ambiguità e le sue delusioni: genericità tinte di buone intenzioni sul terrorismo, disaccordo sui migranti e sul clima.
Alle contraddizioni emerse a Riad e a Gerusalemme, all’inconclusiva futilità della “giornata romana” del presidente Usa, all’ambiguità alquanto freddina della sua “visita di cortesia” al pontefice, si è veramente contrapposto non solo il trionfo — è il caso di dirlo — che la città di Genova ha tributato a Francesco, ma anche la lucida struttura della sua intensa giornata in città .
Va subito detto che il papa è giunto come un pellegrino, ma anche come un viandante che torni a casa, nella città da cui partirono quasi novant’anni fa i suoi nonni e il suo allor giovane padre.
Se ne andarono allora, pieni di dolore ma anche di speranza: e approdarono dall’altra parte dell’Atlantico proprio nella più ligure delle metropoli dell’America Latina, in quella Buenos Aires nella quale — come si vede nel popolare quartiere della Boca — vivissime sono le memorie della “Superba”.
Chissà che non abbia sorriso dentro di sè, questo papa che non manca di humour, definendo Genova, nel suo indirizzo di saluto ai suoi abitanti, “una città generosa”: non poteva non sapere di star in tal modo rovesciando un vecchio topos, l’immagine dei genovesi sobri fino alla taccagneria.
E’ venuto da pellegrino, il papa: e lo ha sottolineato più volte aggiungendo che siamo tutti pellegrini, che la vita è un pellegrinaggio, che nessuno ha la possibilità e in fondo nemmeno il diritto di fermarsi.
E’ la condizione umana: quella che fa di noi tutti dei migranti e ci affratella ai migranti di tutto il mondo. Lo ha detto di primo mattino, appena arrivato all’aeroporto Colombo, agli operai dell’Ilva, in quello che si è profilato fin dalle prime battute come uno splendido discorso di etica sociale e di teologia del lavoro: il lavoro come diritto ancora negato o contestato a troppi, il lavoro ch’è divenuto merce rara e preziosa per chi gestendolo ci guadagna sopra ma ch’è al tempo stesso disprezzato da chi lo distribuisce male e non lo retribuisce abbastanza.
A metà mattinata, in San Lorenzo, lo aspettava il clero in tutti i suoi ordini: i sacerdoti secolari, i membri degli Ordini monastici e mendicanti, gli uomini e le donne che hanno scelto di consacrarsi a Dio. Lì si è svolto un franco, straordinario dialogo tra Francesco e i religiosi presenti: si è parlato della crisi delle vocazioni, delle chiese che si spopolano dei fedeli, del senso della testimonianza di chi crede in un mondo che per un verso sembra affondare nel materialismo più greve e per un altro lasciarsi deviare da qualunque malefico richiamo: il vizio, la droga, la violenza, me anche i falsi idoli della superstizione e gli ambigui richiami delle “nuove religioni”.
A mezzogiorno, finalmente, l’omaggio alla Patrona, al santuario della Guardia: e lì un altro incontro di spontaneità e di freschezza inaspettate. Una raffica di domande rispettose certo, ma stringenti, da parte dei giovani presenti: sul senso della vita, sul bisogno di solidarietà in un mondo che sembra viceversa sull’orlo di guerre civili e sociali come di possibili cataclismi ecologici. E le risposte del papa: dense e profonde nella loro disarmante semplicità : come nell’invito a non giudicare mai, a resistere alla tentazione di separare sempre con rigore (ma senza carità ) il supposto bene dall’apparente male; con l’invito a non scambiare mai le proprie sia pur legittime ragioni soggettive con una verità obiettiva ch’è sempre ardua a conseguirsi, che va conquistata con verità e umiltà .
E’ stato un peccato, ma anche un bene, che la refezione comune del pontefice con i poveri, i migranti, i carcerati — gli “Ultimi”, i veri pellegrini perchè come Gesù non posseggono nulla -, si sia svolta lontano dalla magari devota curiosità dei media. I veri festeggiati, i veri privilegiati, per il papa erano loro.
Come lo erano i bambini sofferenti del Gaslini (e, come ha giustissimamente sottolineato il cardinal Bagnasco, i loro eroici sostenitori che li assistono in situazioni talora davvero dolorose), ai quali il Santo Padre ha riservato, nel pomeriggio, un’attenzione e un affetto del tutto particolari.
La messa solenne in Piazzale Kennedy — non dimentichiamo che si trattava della messa dell’Ascensione, grande festa della Chiesa — ha concluso una giornata tutta dedicata (il pontefice lo ha ricordato durante il sermone) alla condizione umana come condizione di erranza, di povertà , di bisogno. Ciascuno di noi ha bisogno degli altri: e ciascuna nostra azione non può non essere se non un servire.
Nel suo intenso e commosso indirizzo di saluto in chiusura della giornata, il cardinal Bagnasco ha davvero chiuso il cerchio aperto con l’arrivo del papa dedicando alcune belle, sentite parole proprio a Genova, il porto dal quale i Bergoglio partirono quasi nove decenni or sono e al quale è tornato adesso un anziano prete vestito di bianco che per certi versi è oggi forse l’uomo più potente — o comunque più autorevole della terra — e che tuttavia porta il peso di questo suo potere, di questa sua autorità , con lo stesso umile atteggiamento con cui porta la croce pettorale e l’anello di metallo bianco perchè ha rinunziato all’oro.
Il pontefice ha ricordati che il nucleo della fede è l’amore. Senza comprensione e solidarietà questo mondo non può più andare avanti.
Franco Cardini
(da “il Secolo XIX”)
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