IL PARTITO DELL’ASFALTO: NUOVE AUTOSTRADE PER 2.000 KM E 35 MILIARDI
RUSPE AL LAVORO PER COSTRUIRE LA CIVITAVECCHIA-LIVORNO: CHILOMETRI DI AUTOSTRADA CHE INTACCHERANNO PARCHI, MACCHIA VERDE, CITTà€ ETRUSCHE… QUANDO SAREBBE BASTATO RADDOPPIARE L’AURELIA…. MA DIETRO CI SONO (I SOLITI) COLOSSI DELLE INFRASTRUTTURE
Le lenzuola bianche tracciano il percorso, sono come le briciole di Pollicino, basterebbe seguire “loro” per capire dove, quando e in che modo la Maremma è prossima a cambiare — per sempre — la sua fisionomia.
Sopra le lenzuola le scritte figlie dell’abbandono, della rabbia dei cittadini, della solitudine dei cittadini, delle non risposte della politica, l’ottusità della politica: “No al corridoio Tirrenico”; “No alla Sat”; “Pd vergogna”.
E via così, chilometro dopo chilometro, tra una ruspa, una scavatrice e una betoniera, una deviazione e un rientro di carreggiata, polvere ovunque, per buona parte dei 242 chilometri necessari a unire Civitavecchia a Livorno
“È una battaglia in solitaria — racconta Emma, una delle proprietarie prossime all’esproprio — e la portiamo avanti da decenni. Adesso, però, sembra realmente tutto finito. Siamo stati sconfitti”.
Pessimismo, con qualche ragione. “Non possiamo parlare, almeno credo — spiega uno degli operai durante il turno della mattina — comunque negli ultimi mesi abbiamo stretto i tempi di lavoro”.
Traduzione: è il momento di segnare il tracciato, di rendere irreversibile un processo partito alla fine degli anni Sessanta, a partire dal 1968, quando l’Italia viveva l’ultima eco del boom dei Cinquanta e scopriva cosa voleva dire contestare.
Scopriva le bombe, gli attentati, i morti, gli insabbiamenti.
Ma puntava ancora alla velocità su gomma.
Un’idea nata negli anni Sessanta Quarantasei anni di genesi, di grandi progetti, in parte mutati, cambiati per necessità , per oliare il sistema, non per rispondere alle aspettative dei cittadini.
Di miliardi da distribuire sempre ai soliti “e come spesso accade non è l’interesse generale a dominare le scelte infrastrutturali, ma la sete di guadagno di singoli gruppi industriali o finanziari, come nel caso della Livorno-Civitavecchia” spiega Roberto Cuda, autore del libro Strade senza uscita.
Ma per raggiungere certi traguardi è fondamentale la politica.
Accade così che Capalbio, paesino al centro del progetto e storica roccaforte della sinistra radical-chic, nelle prossime amministrative vivrà un aspro momento di scontro tra due liste. Peccato che sono tutte e due del Pd.
Peccato che sono tutte e due a favore del corridoio tirrenico.
“Da queste parti non si scappa — interviene Maria, cittadina di Capalbio — decidono loro, vogliono loro, ci imbavagliano. Ma c’è anche di peggio, vada a vedere chi c’è tra i protagonisti…”.
La signora Maria si riferisce ad Antonio Bargone, uomo di Stato “prestato” ai privati e con cognizione di causa. Ex deputato comunista, quindi Pds, quindi progressista, trova la sua perfetta collocazione parlamentare grazie a Romano Prodi che nel suo primo governo, epoca Ulivo, lo nomina sottosegretario per i Lavori pubblici, incarico poi confermato da Massimo D’Alema.
Caduto l’esecutivo presieduto dal lìder Maximo, Bargone diventa l’uomo giusto per l’incarico di amministratore delegato di Sat, Società autostrade Tirrenica Spa. Non solo, sempre a lui, il 15 settembre del 2009, viene assegnata la carica di commissario della Livorno-Civitavecchia: controllato e controllore nella stessa persona, alla faccia del conflitto d’interessi.
“Pagheremo tre volte” , urla un anziano che vive vicino a Tarquinia. Perchè? “Primo: ci devastano il paesaggio, secondo ci prendono le terre e crolla il valore degli immobili.
Terzo, una strada gratuita diventerà a pagamento, anche per i residenti. E senza alcun motivo. Ma lo ha visto il vecchio progetto?”.
Vecchio, nuovo, ancora vecchio diventato improvvisamente nuovo.
Dipende dalle stagioni, dalle necessità , dalla pecunia a disposizione, dal tempo che passa.
Sta di fatto che in questi quarantasei anni il tracciato ha subito varie evoluzioni. La prima ipotesi, sponsorizzata per decenni, era quella di costruire un’autostrada parallela all’Aurelia: tutti pronti ad asfaltare 13 Siti di interesse comunitario e zone di protezione speciale, boschi e colline, i monti dell’Uccellina e la laguna di Orbetello, parchi e riserve naturali , alterare gioielli etruschi come Tarquinia e Vulci. Ovvi i dubbi generali.
Con la stessa Anas coinvolta nel presentare un progetto alternativo e di minore impatto paesaggistico ed economico: potenziare l’Aurelia e basta, con il costo di un solo miliardo. Niente da fare, e nonostante l’idea piacesse persino agli ambientalisti. Poi nel 2010 improvvisamente cambia tutto: il Cipe boccia il rimborso da 3,8 miliardi concesso ad Anas e Sat per la realizzazione del primo progetto, follia far pagare allo Stato l’intero importo.
Cosa accade, quindi? Che torna attuale la sovrapposizione dell’Aurelia, ma non come strada a quattro corsie (come diceva l’Anas), ma proprio un’autostrada, e un budget da due miliardi. Tutti finanziamenti a favore dei soliti di sempre, perchè Sat è in mano a tre grandi società : Holcoa (vari soggetti legati al mondo cooperativo), Vianco (Vianini Lavori Spa-Caltagirone) e Autostrade, quindi Benetton; ognuno dei tre possiede il 25 per cento, seguiti da Monte dei Paschi (15%) e Società autostrade Ligure Toscana (Gavio).
“Occhio alla ruspa”, urla un operaio nei pressi di Tarquinia, “non intralci il lavoro”.
Ci mancherebbe. Poco lontano Gassman e Trintignant sfrecciavano con la loro Aurelia verso Castiglioncello.
Era l’Italia del 1963, l’Italia del Sorpasso, quando l’asfalto era simbolo di progresso e le lenzuola servivano solo per vestire il letto di casa.
Alessandro Ferrucci e Ferruccio Sansa
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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