IL PD AI CINQUESTELLE: “ORA CHE FATE?'”
CONTE E LA NUOVA INVESTITURA… “MEGLIO NON PRESENTARSI SE ABBIAMO POCHI VOTI”
Qualche battuta nei corridoi di Camera e Senato, qualche telefonata, messaggi su WhatsApp, “Per capire, ma non vorrete mica staccarvi da noi e dal centrosinistra?”. In queste ore i parlamentari del Pd sondano i colleghi del M5S, un po’ per gioco e un po’ no. Si interrogano, sull’aria che tira nel Movimento, dove gli editoriali di Marco Travaglio sul rapporto con il Pd hanno alimentato discussioni e interrogativi che il disastro da 4,56 per cento del Movimento in Liguria aveva già scatenato. “Conte, ma ora lei si smarca?” gli chiede il Fatto in Senato, appena finita la conferenza stampa per difendere Roberto Scarpinato e Federico Cafiero de Raho. Ma l’avvocato sorride e fa melina: “Non dichiaro”. Nelle ore successive alla sconfitta elettorale ha limitato al minimo i contatti, anche interni. Lo hanno sentito in pochissimi
Però è chiaro a tutti, nel M5S, che ormai Conte pensa innanzitutto all’assemblea costituente, che vivrà il momento culminante nella due giorni a Roma, il 23 e il 24 novembre, presso il Palazzo dei Congressi, all’Eur. Lo snodo su cui l’ex premier scommette tutto. Al punto che sta considerando seriamente di aggiungere altra carne al fuoco della discussione, chiedendo una nuova investitura agli iscritti, tramite il voto sul web. “La mia leadership è sempre in discussione” aveva dichiarato al fattoquotidiano.it poche ore dopo le urne liguri. Un concetto che ha spesso ripetuto, in queste settimane, anche nel Consiglio nazionale. E che potrebbe spingerlo a mettere sul piatto una nuova votazione, dopo quella del 2021: più o meno un anno prima di quella prevista da Statuto per l’eventuale rinnovo (il presidente può restare in carica per due mandati consecutivi). “Giuseppe non ha ancora deciso, ma farebbe bene a farlo, lo rafforzerebbe” sostengono un paio di contiani doc.
Nell’attesa, i dem si chiedono cosa voglia fare da qui ai prossimi mesi. “Tra i nostri gruppi parlamentari c’è un po’ di freddezza, da quando Schlein si è intestardita sul voler coinvolgere Matteo Renzi” sostiene un veterano del M5S. Ma il no al fu rottamatore non è trattabile, per l’avvocato. “Su quello non cederà mai” ripetono nel Movimento. E il rapporto con il Pd, anche in vista della pioggia di Regionali del prossimo anno? Difficile prevedere rotture stabili. “Ma forse dovremmo chiederci se in certi posti valga la pena di presentarsi, se siamo destinati a prendere il 2 o il 3 per cento” ragiona un big. Dubbi che evocano il vecchio metodo di Gianroberto Casaleggio, la mente che costruì materialmente i Cinque Stelle. Spesso il fu guru vietava a liste locali di presentarsi: di solito, quando c’erano rivalità troppo forti nei meet up, ossia i vecchi gruppi locali. Ma la nuova ragione potrebbe essere quella di limitare i danni, dove il Movimento appare troppo fragile e magari il candidato di turno del centrosinistra non è digeribile dalla base del M5S. C’è un tema di qualità delle liste, dietro queste considerazioni. Affiorato anche in un passaggio della conferenza stampa di ieri di Conte: “Stiamo attraversando una nuova stagione: in passato ci affidavamo solo alle auto-candidature, ma abbiamo ritenuto che per combattere battaglie politiche puntuali bisogna acquisire capacità ed esperienze, e la presenza di Scarpinato, De Raho e Giuseppe Antoci (europarlamentare, ndr) rappresenta questo disegno politico”.
(da ilfattoquotidiano.it)
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