IL PD DI ELLY NON PUÒ NON SAPERE CHE, VENENDO A MANCARE L’OMBRELLO PROTETTIVO DEGLI STATI UNITI, CON QUEL CRIMINALE DI PUTIN ALLE PORTE, IL RIARMO DEI PAESI MEMBRI E’ SOLO UN PRIMO PASSO PER DAR VITA DOMANI A UNA DIFESA COMUNE EUROPEA
PER METTERE D’ACCORDO I 27 PAESI DELLA UE LA BACCHETTA MAGICA NON FUNZIONA, CI VUOLE TEMPO E DENARO
Bisogna fare una precisazione sulla parola ”riarmo”, che è l’argomento principale che ha spinto Elly Schlein a schierarsi contro il progetto di Ursula Von der Leyen, Rearm Europe. La segretaria multigender si è opposta al piano di Bruxelles sostenendo di preferire ”la difesa europea rispetto al riarmo dei singoli Stati”.
Ma con 27 Paesi membri, questo è l’inevitabile primo passo. Portare la spesa militare al 3% del Pil significa rimettere in moto la struttura difensiva di ogni singolo Paese, colpevolmente trascurata negli ultimi anni dall’Europa, fin troppo comodi nel godere sotto l’ombrello americano.
Ma ora che Trump minaccia di portare gli Stati Uniti fuori dalla Nato, chiudere le basi americane in Europa e disinteressarsi al suo destino, Il “Vecchio Continente” non può ignorare la minaccia rappresentata dalla Russia di Putin, che ha aggredito e invaso un paese sovrano e democratico come l’Ucraina.
Se l’Italia confinasse con la Russia, probabilmente, non ci sarebbero tutti questi pacifisti in piazza a dire no al riarmo.
E infatti, chi i russi li conosce bene come la Polonia, i paesi Baltici, la Finlandia, che confinano con il Paese di Putin, tremano davanti alle pulsioni neo imperialiste del Cremlino (mentre un altro stato confinante, come
l’Ungheria di Orban, ha preferito trasformarsi in un vassallo di Mad Vlad).
Quel che l’Italia investirà nella difesa servirà anche ad assolvere agli impegni, colpevolmente trascurati, previsti dagli accordi Nato: il nostro Paese spende soltanto l’1,5% del Pil in difesa, mentre la Polonia quest’anno si avvicinerà al 5% (l’alleanza prevede, al momento, il 2%, con la previsione di raggiungere nei prossimi anni il 3%).
Partendo dal riarmo dei singoli stati si potrà costruire una futura difesa europea, attraverso meccanismi di coordinamento della spesa, omologazione degli armamenti, e una maggior addestramento congiunto dei soldati. D’altronde, l’Italia, che si tuffa nel Mediterraneo, non può ignorare l’importanza di una difesa moderna ed efficiente, vista la strategicità del suo ruolo di Paese-ponte verso l’Africa.
Africa da cui i russi, attraverso l’alleanza con il generale Haftar in Libia, e con la presenza della brigata Wagner in paesi come Congo e Burkina Faso, possono far arrivare a Lampedusa decine di migliaia di migranti, come e quando vogliono. Un’arma umana usata contro l’Italia e l’Europa.
Gli investimenti in difesa servono a irrobustire la deterrenza verso Mosca che non parla altra lingua che quella della forza (il finto pacifista Putin, infatti, ha speso centinaia di milioni per dotare il suo paese dei missili ipersonici che né Stati Uniti, né l’Unione Europea hanno mai pensato di produrre).
E poi, investire in difesa significa mettere una fiche sulla ricerca in alta tecnologia. Se oggi Elon Musk dispone di migliaia di satelliti attraverso la sua Starlink, e l’Europa invece s’attacca, è perché Bruxelles e i paesi membri hanno per anni trascurato un intero comparto industriale, come quello aerospaziale, preferendo occuparsi di lunghezza dei cetrioli e tappi di plastica. Non è la supremazia tecnologica ad aver creato il gap tra Usa e Ue, ma la pochezza di investimenti.
Sono concetti che un partito di “sistema” come il Pd dovrebbe avere ben chiari. Negli ultimi anni ha governato sia in Italia che in Europa, e non può non sapere che il riarmo dei paesi membri è solo il primo passo per una futura difesa europea.
(da agenzie)
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