IL PIANO CULTURA DI GIULI IN STILE CONTE MASCETTI
SE SANGIULIANO AFFITTASSE UN AEREO CON UNO STRISCIONE A STRASCICO CON SCRITTO “E POI DICEVATE DI ME” SAREMMO COSTRETTI A ESPRIMERGLI SOLIDARIETA’
Ieri il neoministro Giuli ha parlato alla Camera in Commissione Cultura per illustrare le linee che intende adottare.
L’intervento, è stato così comprensibile che a un certo punto Piantedosi ne ha chiesto l’espulsione dall’Italia (di Giuli, non dell’intervento) perché temeva che stesse incitando al Jihad.
Così convincente che Giorgia Meloni ha scritto a Maria Rosaria Boccia chiedendole se potesse chiedere l’amicizia a Giuli su Facebook.
Così credibile che Gennaro Sangiuliano ha affittato un aereo con uno striscione a strascico con cui ha sorvolato la Capitale: “E poi dicevate di me”.
Così potente che lui ha citato Hegel e, poco dopo, visto che aveva sbagliato citazione, Hegel ha citato lui. Per danni.
Ma essi, tutti, errano. Il punto è che ormai viviamo in un Paese nel quale la transumanza verso il nulla (verbale, fattuale) è diventata alibi per gli stolidi. E sì, sto usando parole desuete apposta. Un posto in cui qualunque frase con due subordinate e un avverbio viene elevata a supercazzola incomprensibile (ne sa qualcosa Chiara Valerio).
Il luogo nel quale rivolgersi ai deputati minacciando un’introduzione teoretica, proprio come ha fatto ieri il loro eroe, andrebbe recepito per ciò che è: una provocazione. A usare Wikipedia.
Giuli ambiva, e l’ha compiuto, a un gesto dannunziano, plastico, marinettiano. A uno zang tumb tumb del quieto vivere per cui in certe assisi si va per annuire non recependo alcunché tranne la diaria. A provocare una tempesta nei fragili interlocutori, la stessa per cui col 2% dei voti e mille copie in edicola si governa un Paese.
“Con la quarta rivoluzione epocale della Storia delineante un’ontologia intonata alla rivoluzione permanente dell’infosfera globale, il rischio che si corre è duplice e speculare. L’entusiasmo passivo, che rimuove i pericoli della ipertecnologizzazione, e per converso l’apocalittismo difensivo che rimpiange un’immagine del mondo trascorsa, impugnando un’ideoogia della crisi che si percepisce come un processo alla tecnica e al futuro intese come minaccia”. Traduzione: “L’iPhone 17 è uguale a quello prima, aspetto il prossimo”.
“Non l’algoritmo ma l’umano, la sua coscienza, la sua intelligenza e cultura immagina, plasma e informa il mondo”. Che significa: “Declinare i verbi è sopravvalutato”.
E ancora: “Pitagora, Dante, Petrarca, Botticelli, Verdi, insieme con Leonardo e Galilei, Volta, Fermi, Meucci e Marconi, e al di là della declamazione dei grandi nomi della cultura umanistica e scientifica italiana, è necessario rifarsi a questa concezione circolare e integrale del pensiero e della vita”. Ossia: “Ne ho messi 11 così vinco al Fantacalcio”.
Il precedente ministro, non sembrava un’aquila. Questo ce l’ha sul petto. Ma ieri si è espresso in cotal guisa per amore della cultura classica. Del resto ha un nonno che marciò su Roma, come sappiamo. L’altro, invece, aveva scritto la lettera di Totò e Peppino alla malafemmena.
(da La Stampa)
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