IL PIANO DI SICUREZZA DI PIAZZA SAN CARLO A TORINO? “RISULTATO DI UN COPIA E INCOLLA RELATIVO AD ALTRI EVENTI”
GLI ESPERTI NOMINATI DALLA PROCURA: “SBAGLIATO ANCHE IL RECINTO DI TRANSENNE E NESSUN SERIO FILTRO DI CONTROLLO”
Aveva ipotizzato che il 3 giugno in piazza San Carlo ci fosse il vento forte, un incendio, un terremoto, un alluvione, un ordigno o un’esplosione.
Ma non c’era traccia, nel piano di emergenza ed evacuazione stilato dall’architetto Enrico Bertoletti, di pressioni collettive ai cancelli, o di fenomeni come il caldo estivo e la lunga attesa in piedi tipici di manifestazioni pubbliche.
Ma non solo, oltre a essere gravemente carente sul piano della gestione dell’emergenza, in alcune parti quel piano era chiaramente concepito – e copiato – per altri eventi.
Nel documento si suggerisce infatti di ” rimanere all’interno dell’edificio ” , oppure al contrario si parla di “evacuazione totale dell’edificio ” , e di ” sgombero del fabbricato”.
Si indicano persino alberi ad alto fusto, chiaramente assenti in piazza San Carlo. Quella tragica sera una donna è morta e i feriti sono stati 1.526.
“Tali elementi fanno pensare a un documento derivato da altri, trasposto senza adattementi adeguati e non studiato ad hoc”.
Lo scrive chiaramente il consulente della procura Fabio Sbattella, incaricato di studiare il fenomeno del panico collettivo, come potesse essere contenuto, e di rispondere alla domanda se l’allestimento della piazza e la gestione dell’evento abbiano potuto influire sulla reazione della folla.
“L’assenza di scenari previsionali di rischio adeguati ha precluso l’apprestamento di azioni di formazioni e prevenzioni”, scrive il consulente, come a dire che non si è potuto prevenire e contenere nulla, dato che il rischio di un fenomeno di panico collettivo non era stato in alcun modo preventivato.
“Risulta assente, in fase di pianificazione, una progettazione dei tempi di coordinamento sul campo e, a posteriori, tra i vari componenti della catena di comando che avrebbe dovuto avere responsabilità della piazza in caso di emergenze ” : la piazza insomma è stata lasciata in balia di se stessa. L’allestimento mostra anche delle carenze. I controlli ai varchi sono stati sommari.
Scorrendo le testimonianze sono in tanti ad affermare di essere entrati senza verifiche. C’è persino un ex procuratore generale Silvana Ruschena, in piazza quella sera con il marito, che ha voluto mettere a verbale: “Non mi è stata nemmeno fatta aprire la borsa” .
Già solo a causa dei venditori abusivi di alcolici la gente percepiva un senso di insicurezza. ” La presenza di una rete organizzata di abusivi che distribuiscono alcolici rende evidente ai partecipanti la vulnerabilità della piazza stessa e l’impossibilità a intercettare realmente ogni soggetto potenzialmente pericoloso” , scrive il perito. Quando alle 22.12 sul lato sinistro del palco si scatena un brusco movimento a raggiera, la gente comincia a urlare e fuggire.
“Una scintilla iniziale che ha prodotto l’effetto domino ” , in cui ognuno ha cercato di dare un senso agli eventi. Senza riuscirvi.
Mancava una voce guida che aiutasse gli spettatori a capire o organizzarsi, mancavano indicazioni visive e luminose utili per dirigere i flussi in uscita. La gente cercava di capire passandosi di bocca in bocca frammenti di informazioni.
“Resta certa la mancanza di un riferimento comune a cui rivogersi. Il grande schermo continuava a proiettare la partita come se nulla fosse successo – scrive Sbattella – dal palco antistante non venivano impartite istruzioni ” . Anzi.
“Spicca il silenzio dell’impianto audio e una presenza vocale comparirà solo dopo diverse ore ” . Alle 22.23 c’è la seconda ondata, anche in questo caso la gente cerca di capire attaccandosi anche al cellulare.
“La mancata interruzione della partita genera un contesto surreale: le immagini continuano a scorrere come se nulla fosse accaduto, accompagnate da commenti audio che mostrano la perfetta efficienza dell’impianto di diffusione sonora” . Questo silenzio di informazioni mentre la partita prosegue ha contribuito al panico, che è stato aumentato anche dalla ” percezione di una rapida saturazione delle vie di fuga ” . Le vie di esodo sono ” risultate insufficienti e non fruibili correttamente in quanto erano ostruite dalle transenne che non sono state rimosse.
È risultato proprio errato il concetto ispiratore della chiusura di piazza San Carlo lungo il suo perimetro in quanto non c’erano logiche motivazioni tecniche e di sicurezza capaci di giustificare questa scelta ” è la conclusione in cui arriva invece il perito Mauro Esposito.
(da “La Stampa”)
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