IL PREFETTO MORCONE: “LA DIRETTIVA DI SALVINI SUL TAGLIO DEI COSTI PER I RICHIEDENTI ASILO CREERA’ PIU’ TENSIONI TRA MIGRANTI E ITALIANI”
INFATTI E’ QUELLO SU CUI VIVE SALVINI, INCREMENTARE I CONFLITTI: SE NON PRENDE I VOTI RAZZISTI, CHI LO VOTA?
“Il taglio dei costi peggiorerà la situazione per tutti: migranti e italiani, aumenterà isolamento, tensioni e conflitti”. Mario Morcone, direttore del Cir-Consiglio italiano per i rifugiati – e fino a pochi mesi fa a capo di gabinetto del ministero dell’Interno, pesa le parole.
Lui conosce bene la macchina delle politiche migratorie ed è preoccupato per il nuovo piano di razionalizzazione delle spese di accoglienza contenuto nella direttiva firmata dal neo ministro Salvini.
Come preoccupate sono le associazioni, dall’Arci a Medici senza frontiere, dalla Caritas al Centro Astalli, branca italiana del servizio internazionale dei gesuiti per i rifugiati.
La direttiva di Salvini diramata nei giorni scorsi con l’obiettivo dichiarato di tagliare la spesa e razionalizzare i servizi, individua due livelli ben distinti di prestazioni: a tutti i richiedenti asilo, si legge, verranno forniti d’ora in poi solo i servizi di prima assistenza (vitto, alloggio e assistenza sanitaria).
Mentre gli interventi che mirano a favorire l’inclusione, dall’insegnamento della lingua italiana alla tutela psicologica alla formazione professionale, verranno dati solo a chi avrà ottenuto lo status di rifugiato o comunque una forma di protezione: il che, dati i tempi di attesa per l’esame delle domande, accade in media dopo due anni dall’arrivo in Italia.
Ma chi lavora sul campo non è dello stesso avviso
Morcone: il rischio di una bomba sociale
“Questo – sottolinea Morcone – significa che il migrante rischia di restare per due anni nei centri isolato, senza fare nulla, con un effetto negativo, un senso di frustrazione, rabbia, emarginazione. Mentre dall’altro canto tutto questo farà crescere l’insicurezza negli italiani che li vedono starsene inattivi. Tutto questo alla fine ben lungi dal produrre un risparmio costerà molto di più alla collettività “.
I gesuiti: lavorare per l’integrazione dal primo giorno
A dare ragione a Morcone anche il Centro Astalli: “La nostra esperienza ci dice l’opposto: bisogna lavorare per l’integrazione sin dal primo giorno. Corsi d’italiano, accompagnamento socio-legale, formazione lavoro sono misure indispensabili per garantire un’inclusione sociale che porti i rifugiati a godere di una reale autonomia, e a uscire nel minor tempo possibile dal sistema pubblico di accoglienza”.
Arci: Salvini punta a creare nuovi ghetti
Ancora più dura la posizione dell’Arci che critica la scelta, contenuta nella direttiva, di prediligere – sempre allo scopo di tagliare i costi – un modello basato sui grandi centri piuttosto che sull’accoglienza diffusa: “Salvini sceglie di voltare le spalle agli impegni presi precedentemente dal ministero che rappresenta, mettendo in campo provvedimenti a favore dei centri collettivi. Ghetti che, per le somme ingenti delle gare d’appalto, fanno gola a tanti soggetti che nulla hanno a che vedere con l’accoglienza e la tutela dei richiedenti asilo, nè tantomeno con gli interessi delle comunità locali”
Asgi: per cambiare il sistema serve una legge
Ma le parole definitive arrivano da Gianfranco Schiavone dell’Asgi-Associazione studi giuridici sull’Immigrazione. “Quella di Salvini non è una direttiva, sono opinioni politiche. Anche perchè la legge, la norma 142 del 2015 che accoglie la direttiva europea del 2013 in materia di accoglienza, dice cose ben diverse. E quindi se vogliono portino la norma in Parlamento e la cambino, altrimenti sono solo parole”.
Il punto focale, sottolinea Schiavone, è che la legge prevede un unico sistema di accoglienza, al massimo parla di un secondo livello.
“Secondo la norma attuale, i richiedenti asilo dovrebbero essere trasferiti nel più breve tempo possibile nei centri che fanno capo allo Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati), che si articola in piccole strutture ben integrate sul territorio e prevede una serie di servizi per gli ospiti, dai corsi di lingua alla formazione professionale”.
Sistema cofinanziato dallo Stato e affidato alla gestione dei Comuni che però, al momento, ha solo il 20% dei posti rispetto alle reali necessità .
Così, spiega il giurista, “le persone restano nei Cas (centri di accoglienza straordinaria), che dovrebbero essere luoghi per l’emergenza e basta, per mesi e mesi. Secondo la legge – vista la situazione – è il sistema dei Cas che dovrebbe cambiare, aumentando lo standard dei servizi con corsi e formazione. L’opposto di quello che scrive Salvini, che evidentemente non bada alla legge attuale”.
(da “La Repubblica“)
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