IL PREMIER PUNTA AL 51%. LE SIMULAZIONI DEL VOTO ANTICIPATO
TUTTO SEMBRA MUOVERSI VERSO LE URNE A PRIMAVERA
Puntare al 51 per cento. O avvicinarsi molto, che avrebbe lo stesso effetto.
Uno studio che gira tra i corridoi del Senato ha testato le proiezioni di un voto con la legge elettorale attualmente in vigore, ovvero il Consultellum: proporzionale puro con le preferenze e sbarramenti piuttosto alti.
I risultati sono sorprendenti. Basterebbe ottenere un risultato intorno al 44-45 per cento (che gli sbarramenti favorirebbero) per avere la maggioranza sia a Montecitorio sia a Palazzo Madama. Il Pd, grazie al 40,8 delle Europee, è già abbastanza vicino.
Un allargamento ai pezzi della sinistra di Sel e ai centristi di Scelta civica lo lancerebbe verso il traguardo. «Quei numeri sono alla nostra portata», ripete Renzi ai fedelissimi.
Da questo punto di vista e ascoltate le parole del premier-segretario, molti degli esponenti della direzione Pd si sono convinti che tutto sembra muoversi verso le elezioni anticipate la prossima primavera.
Su questo il premier avrebbe sondato il terreno presso Forza Italia. Ma è un’aria che viene annusata in tutto il Parlamento.
Dal Pd ai berlusconiani. E non solo.
Da giorni Angelino Alfano e Gaetano Quagliariello stanno riflettendo su una exit strategy per non trovarsi schiacciati tra Largo del Nazareno e Arcore.
I sondaggi descrivono una situazione pericolosa per i transfughi dell’ex Pdl.
«Dobbiamo cambiare nome al partito», dicono. Solo un inizio, anche se il traguardo è chiaro. Un’alleanza con il Partito democratico nel caso dovesse essere confermato il premio di maggioranza alla coalizione.
Un ingresso sotto le ali renziane se invece prevalesse la linea di un bonus alla singola lista. Oppure, se alla fine il voto venisse consumato con il sistema uscito dalla Corte costituzionale, con il 2,5 per cento dei sondaggisti, l’adesione al Pd sarebbe inevitabile.
È un percorso, quello immaginato dai vertici dell’Ncd, che non si può certo fare all’insegna del “centrodestra”. Da qui il lavorìo sulla modifica della ragione sociale.
Premessa obbligata al dialogo con il premier.
Renzi definisce questo modello aperto a tutti, realizzatore di una vera vocazione maggioritaria nei numeri, il Partito della Nazione.
Una forza politica capace di parlare a diversi strati della società , di farsi votare trasversalmente: dai giovani e dagli anziani, dai datori di lavoro e dai lavoratori, dagli uomini e dalle donne. Assomiglia in modo impressionante a come è stata costruito l’appuntamento della Leopolda, negli ultimi 4 anni.
Una kermesse dove, da Nord a Sud, si possono sentire protagonisti persone molto diverse fra loro.
Negli Stati uniti si chiama catch all party ossia il “partito pigliatutto”.
Uno studio molto simile a quello che passa di mano in mano al Senato è contenuto in una cartellina che Denis Verdini si porta sempre dietro.
In una riunione l’ha anche mostrato al presidente del consiglio.
Ed è l’argomento forte che il plenipotenziario fiorentino usa per convincere Silvio Berlusconi ad aprire alle modifiche dell’Italicum suggerite da Renzi. «Senza di te che sei incandidabile e con le preferenze, Forza Italia rischia seriamente di sparire», sussurra Verdini nell’orecchio dell’ex Cavaliere. «E Matteo può avere la maggioranza comunque».
Dunque, da Arcore la proposta è accelerare sull’Italicum, anche con le modifiche.
Compresa l’idea di cancellare dal testo l’articolo 2.
Quell’articolo è la clausola di salvaguardia pretesa dalla minoranza del Pd e da Forza Italia (quattro mesi fa): prevede che la nuova legge elettorale sia valida solo per la Camera, in attesa della definitiva cancellazione del Senato.
Un norma anti-elezioni anticipate. Ma se Verdini e Renzi cominciano a lavorare sull’annullamento della clausola, la prova di una voglia elettorale che coinvolge sia Largo del Nazareno sia Arcore diventerebbe certa. Come le impronte digitali o il Dna.
Allora nel Pd la scissione non sarebbe più solo una chiacchiera.
Andrea Romano è solo l’apripista di Scelta civica. Lo hanno preceduto Gregorio Gitti e Lorenzo Dellai, transitando senza clamori nel gruppo Pd alla Camera.
Ma sono pronti a seguirlo i senatori Linda Lanzillotta, Pietro Ichino e Alessandro Maran.
Tre ex Pd che finalmente si riconoscerebbero nella linea di Largo del Nazareno dopo aver sbattuto la porta ai tempi di Bersani.
Quindi, un’intera storia verrebbe rinnegata. Una stagione passerebbe agli archivi e il partito cambierebbe davvero verso o meglio natura.
Stefano Fassina si sfogava ieri alla fine della direzione: «Il punto è: su quale asse di cultura politica e di programma il Pd si allarga e diventa altro? Dietro l’abbraccio a tutti porta avanti gli interessi dei più forti?».
Gianni Cuperlo ironizza, ma a modo suo, dicendo la sua verità : «Finchè non arrivano Razzi e Scilipoti, io resisto».
Però dall’ex sfidante è arrivato l’attacco più sottile ieri pomeriggio. Quando parla di “partito parallelo” Cuperlo parla di un partito diverso, non quello che hanno costruito i Ds, anche i Ds.
Ma Renzi vuole smontare il tabù identitario del Pd, stravolgerlo, consegnarlo alla storia e passare oltre. «Manca Verdini — sibila Pippo Civati citando Bennato -. Poi si parte. Prima stella a destra, questo è il cammino…». Anche se, almeno all’apparenza, sono gli altri a seguire il cammino di Renzi, a essere ipnotizzati dal leader del Pd, dalla sua forza e dai suoi consensi.
Goffredo De Marchis
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